Per la sua prima personale a Torino da Alberto Peola Paolo Bini, nato a Battipaglia nel 1984, un diploma all’Accademia di Belle Arti di Napoli e un corposo curriculum, presenta una serie di lavori che ben illustrano la sua ricerca, una pittura anticonvenzionale e originale nella modalità esecutiva e nella resa, pratica che gli è valso due anni fa il Premio Cairo 2016 con l’opera “Luoghi del sé”.
Questa la motivazione del premio: “All’interno di una ricerca di un nuovo modo pittorico spicca la modalità del suo processo creativo”. Le opere di Bini infatti sono realizzate con nastri di carta dipinti singolarmente e applicati su supporti differenti, tela e tavola: la successione serrata della sequenza di linee, variamente colorate in acrilico, crea alla percezione visiva nuove ed equilibrate composizioni, superfici astratte dalle accese cromie e sfumature con un andamento lineare verticale o orizzontale, monocrome o multicolore, di diversi formati, dal bidimensionale sino all’installazione ambientale. Una pittura che si accosta all’espressionismo astratto, seppur sia difficile darne una precisa collocazione: diversi i punti di contatto con la pittura di Richter ma altrettanto importante la relazione assolutamente autonoma di Bini con la pittura di paesaggio, tema nodale della sua ricerca. Un paesaggio decostruito e vissuto come dimensione emozionale dove è essenziale l’elemento “luce”, ma anche la sensazione e il ricordo come l’impressione lasciata sulla retina dei paesaggi che sfrecciano dal finestrino di un treno, luoghi “del sé”, evocati, più “sentiti” che “visti”. Suggestioni che attingono alle sue esperienze di vita, dai viaggi in Grecia al Sudafrica, dove Bini arriva nel 2013 grazie al progetto ARP – Artist Residency Project, ideato dal Centro Documentazione della Ricerca Artistica Contemporanea Luigi Di Sarro di Roma, diretto da Alessandra Atti Di Sarro, e dove oggi ha un suo studio.
La mostra è curata da Luca Beatrice, che nel 2016 aveva già collaborato con l’artista per una sua personale dal titolo “Left Behind” alla Reggia di Caserta. Nelle splendide sale al primo piano della Reggia Bini aveva accostato ai dipinti anche due opere a carattere ambientale, “Paradise box”, e un wall painting, posto in un serrato dialogo con gli affreschi della volta. A Torino il progetto ha come titolo “La pittura, giorno dopo giorno”, a sottolineare la disciplina quotidiana insita nella pratica pittorica. Come afferma Beatrice nel testo che accompagna la mostra: “[…] Parlando con Paolo Bini di questa mostra, a lungo abbiamo riflettuto sul titolo. Bocciate tutte le proposte in inglese, ho preferito concentrarmi su quanto spazio la pittura occupi nella sua vita: è il suo lavoro, la sua passione, la sua curiosità, la sfida continua, prima di tutto a se stesso. Ne parla, chiede, cerca confronto, con estrema gentilezza e altrettanta prontezza ti informa sui risultati in corso, esterna dubbi, dialoga, ascolta, riflette e alla fine il risultato corrisponde sempre a qualcosa di sorprendente.
La pittura, giorno dopo giorno, è la condizione esistenziale di Paolo Bini, frutto di una ricerca che lo insegue e di un’umanità contagiosa e travolgente. La sua vita, parafrasando un grande film, Vita di P. Volendo applicare alla lettera le categorie imposte dalla storia dell’arte, i dipinti di Bini andrebbero inseriti all’interno dell’astrazione, ma certo non ha più senso limitarne l’analisi attraverso schemi novecenteschi. Anche la pittura di Paolo si è misurata, affrontandolo, con il cambiamento in atto che prevede un’ampia possibilità di contaminazioni e meticciati linguistici: oggi si fa pittura, paradossalmente, senza dipingere, tenendo conto della tecnologia, dell’immagine liquida, dei materiali anomali e comunque non aulici, del necessario filtraggio dell’arte concettuale. La pittura post Duemila è scienza globale, completamente delocalizzata, morbida e fluida, compatibile al web. Eppure, nel suo caso, incanta, seduce, perché, da qualsiasi parte la si prenda, non tradisce mai la sintassi del colore, unica regola da cui è impossibile prescindere”.
Sino al 24 aprile 2018.
Per info:
Via della Rocca 29, Torino