La Fondazione Merz presenta sino al 9 febbraio 2020 una grande personale dedicata ad Emilio Prini.
La mostra, a cura di Beatrice Merz e Timotea Prini, responsabile dell’Archivio Prini, la prima dopo la sua scomparsa, è stata concepita come un omaggio da parte della Fondazione Merz ad un artista discusso, sfuggente, per certi versi misterioso, dotato di un raffinato senso per l’ironia e la provocazione, il gioco verbale, il paradosso.La mostra è anche preziosa occasione per ripercorrere un legame di amicizia e di profonda stima tra Emilio Prini Mario e Marisa Merz sin dagli esordi della loro ricerca, ponendo in relazione tra loro anche alcune delle loro opere.
Per la prima volta dunque viene esposto un nucleo di oltre quaranta opere di Prini, che coprono un arco temporale che va dal 1966 al 2016, anno della scomparsa, per attivare una riflessione critica e storica intorno all’esperienza di uno dei più interessanti rappresentanti dell’Arte Povera. Il percorso espositivo e l’allestimento sono stati concepiti dalle curatrici nel rispetto della filosofia dell’artista anche grazie alla profonda conoscenza e vicinanza con l’uomo Prini, amico e padre. Beatrice Merz, co-curatrice della mostra, e presidente della Fondazione Merz, così commenta la scelta di dedicare una mostra a Prini: “Millo: una presenza nella nostra vita, un dialogo creativo, un amico nel lavoro, nei viaggi, uno scambio costante in un clima colmo di sensibilità che ha certamente inciso la sua storia come la nostra. Il suo infrangere le regole ha insegnato la possibilità di cogliere il valore della contraddizione e del dubbio, un passaggio dell’arte nella vita. Il vissuto personale, oggi, complice il tempo, si è trasformato in qualcosa da studiare e divulgare. Per questo sono orgogliosa di poter presentare nello spazio dedicato a Mario e Marisa il suo lavoro, un lavoro di estrema attualità pronto al confronto con le nuove generazioni e in linea con il percorso che sta intraprendendo la Fondazione Merz, di riflessione sul proprio ruolo, non solo come luogo di memoria e conservazione, ma anche e soprattutto come specchio di un’arte sperimentale”.
Oggetto di questo omaggio speciale alla figura enigmatica di Emilio Prini è la ricerca estrema che ne ha caratterizzato la produzione, sviluppata con molteplici media tra cui la fotografia, la scrittura e il testo sonoro e articolata in diversi macro temi: la negazione e l’annullamento dell’opera, il rapporto spaziale vuoto-pieno, la standardizzazione dell’oggetto e della misura, la contrapposizione tra visibile e invisibile. La selezione in mostra include opere iconiche come Autoritratto (1968) e Perimetro misura a studio stanza (1968), lavori scultorei sul concetto di standardizzazione dell’oggetto e ricerche sulla fotografia come Vetrina (1974/75) o le oltre 40.000 foto di Film Tv, 5 min. (1969), oltre al più recente progetto La Pimpa Il Vuoto (2008), costruito con immagini tratte dal celebre fumetto di Altan. Il percorso espositivo è arricchito da un’ampia documentazione d’archivio inedita che include ritagli fotografici, appunti e schizzi. Le opere provengono dalla collezione della famiglia Prini, da collezionisti privati che negli anni hanno seguito con attenzione il lavoro dell’artista e da prestiti di istituzioni pubbliche, tra cui il Kunstmuseum Liechtenstein di Vaduz e il MASI di Lugano.
Afferma Timotea Prini nel corso della conferenza stampa: “ E’ stata una grande esperienza anche per me, ringrazio Beatrice Merz che con me ha curato la mostra e che mi ha dato la possibilità di immaginare e costruire progressivamente una narrazione in piena libertà, sia da un punto di vista sia concettuale che esecutivo, partendo da una riflessione sulla relazione affettiva tra Emilio e Mario e Marisa agli esordi del loro lavoro. Da qui abbiamo proseguito la ricerca selezionando le opere nei musei ma soprattutto recuperandole da collezioni private. Alcune opere sono ricomparse dopo molti anni, fatto che ci ha fatto molto piacere perché i collezionisti stessi hanno colto l’importanza del progetto e hanno fattivamente collaborato. La mostra, che non è stata impostata in senso cronologico ma come una grande visione in cui tutto è connesso, è costruita come una sperimentazione, una ricerca “nuova”, come è nella visione della Fondazione, e al contempo è pensata aderendo in pieno all’idea estetica di Emilio: abbiamo mantenuto la sua visione potendo sfruttare una piena libertà installativa, lui non sopportava elementi “in più” rispetto all’opera, addirittura la sola documentazione dell’opera diventava l’opera stessa. Sono dunque personalmente molto contenta per questa prima grande retrospettiva, che ho voluto fosse realizzata presso la Fondazione Merz nonostante ci fossero state richieste da altri musei: qui ho potuto mettermi alla prova nella costruzione della mostra con la consapevolezza di rispettare la visione poetica di mio padre. Questa mostra è stata per me anche motivo di scoperta poiché ci sono delle opere che non avevo mai visto, come Perimetro d’Aria, opera che è stata anche complessa da ricostruire.
“Personalmente non ho un’opera preferita fra quelle esposte poiché tutte hanno eguale valore, sento tuttavia molto vicino il discorso relativo agli oggetti che si consumano come la macchina fotografica e il computer, un pensiero ancora oggi molto attuale. Penso che sia arrivato il momento giusto per realizzare una mostra che rilegga alcuni suoi lavori comprendendone la visionarietà e la coerenza che ha contraddistinto la sua vita di uomo e artista. Sono certa che chi lo ha conosciuto riconoscerà qui la sua poetica e come è stata “preservata”.”
Emilio Prini (Stresa, 1943 – Roma 2016) è stato un protagonista dell’Arte Povera, fortemente connesso al contesto politico e sociale della seconda metà del XX secolo. A partire dal 1967, anno del debutto con la mostra curata da Germano Celant Arte povera–Im Spazio alla Galleria La Bertesca di Genova, Prini prende parte alle mostre più significative dell’epoca: Op Losse Schroeven, Stedelijk Museum, Amsterdam (1969); When Attitudes Become Form”, Kunsthalle Bern (1969); Conceptual Art, Arte Povera, Land Art, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino (1970); Information, MoMA, New York (1970), Contemporanea, Villa Borghese, Roma (1973). Dai primi anni Ottanta, coerentemente con il suo pensiero e senza mai interrompere la ricerca, limita la sua partecipazione a mostre e appuntamenti artistici. Tra questi si segnalano: Identité Italienne. L’art en Italie depuis 1985, Centre Georges Pompidou, Parigi (1981), Ouverture, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli (To) (1984), Documenta X, Kassel (1997) e Zero to Infinity. Arte Povera 1962- 1972, Tate Modern Londra (2001). Una posizione trasgressiva, quella di Prini, o, piuttosto, ortodossa e coerente nei confronti della pratica artistica e dei codici del sistema dell’arte sino al paradosso.
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Emilio Prini