Ha inaugurato a Palazzo Fava a Bologna “La riscoperta di un capolavoro”, mostra dedicata al Polittico Griffoni, uno dei massimi capolavori del Rinascimento italiano, ricomposto nei suoi scomparti grazie ad un paziente lavoro di ricostruzione storica e scientifica.
La mostra, voluta fortemente dal Professor Fabio Roversi-Monaco, Presidente di Genus Bononiae – Musei nella città e sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, ha aperto nel primo giorno utile dopo la chiusura forzata dovuta all’emergenza sanitaria, dando via alla stagione espositiva. Una buona notizia per i molti che aspettavano questo evento, punta di diamante della programamzione primaverile: il periodo di apertura al pubblico, precedentemente previsto sino al 28 giugno 2020, beneficia di una notevole estensione temporale (sino a tutto dicembre 2020) grazie alla disponibilità di tutti i prestatori.
Prestatori di caratura internazionale per un lavoro – la ricomposizione del Polittico Griffoni (opera di Francesco del Cossa e di Ercole de’ Roberti) a cura di Mauro Natale in collaborazione con Cecilia Cavalca, che ha richiesto circa due anni di lavoro e di pazienti trattative: 9 musei internazionali, la metà dei quali ubicati fuori dai confini nazionali – National Gallery di Londra, Pinacoteca di Brera di Milano, Louvre di Parigi, National Gallery of Art di Washington, Collezione Cagnola di Gazzada (Va), Musei Vaticani, Pinacoteca Nazionale di Ferrara, Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, Collezione Vittorio Cini di Venezia. Una collaborazione che ha dato vita a quello che è un evento eccezionale per la storia dell’arte e che ha il merito, oltre a permettere il ricongiungimento di opere dopo circa 300 anni in un unico luogo (fatto che permette uno studio in presenza non lontano dal sito originario, la Basilica di San Petronio) di ridefinire la centralità della città di Bologna nel panorama artistico del Quattrocento italiano.
“Con questa mostra, frutto di uno sforzo organizzativo davvero notevole e resa possibile anche dal forte coinvolgimento con cui alcuni dei più importanti musei del mondo hanno aderito all’iniziativa, persuasi dall’autorevolezza dell’operazione, abbiamo inteso proporre un evento di alto valore culturale che, nato da una ricerca seria e rigorosa, possa collegare i riferimenti della città e della sua storia a una scena nazionale e internazionale più ampia” spiega Fabio Roversi-Monaco.“Esprimo grande compiacimento per questa mostra di altissimo valore culturale – aggiunge il Presidente della Fondazione Carisbo, Carlo Monti – Un progetto che non solo riporta a Bologna dopo trecento anni un grande capolavoro, ma restituisce a Bologna la giusta centralità nel panorama dell’arte rinascimentale italiana”.
La mostra si compone di due sezioni: il Piano Nobile ospita “Il Polittico Griffoni rinasce a Bologna”: le 16 tavole originali ad oggi superstiti sono visibili assieme alla ricostruzione del Polittico, una vera e propria riconfigurazione a grandezza naturale della pala d’altare così come dovette apparire ai bolognesi di fine Quattrocento. Si tratta di una perfetta riproduzione dell’originale realizzato da Factum Foundation di Adam Lowe: dai primi anni Duemila Factum si occupa di documentare, monitorare e ricreare il patrimonio culturale mondiale attraverso lo sviluppo di tecniche di registrazione ad alta risoluzione e ricostruzione in 3D.Proprio per questo si è scelto di dare particolare rilevanza a questo aspetto: il secondo piano ospita infatti“La Materialità dell’Aura: Nuove Tecnologie per la Tutela” a cura di Adam Lowe, Guendalina Damone e del team della Fondazione, una sezione nella quale verrà mostrato, attraverso video, immagini e dimostrazioni con gli strumenti di scannerizzazione 3D progettati dalla stessa fondazione, l’operato di Factum e l’importanza che assumono le tecnologie digitali nella tutela, registrazione e condivisione del patrimonio culturale, proprio a partire dal lavoro svolto sulle tavole originali del Polittico.
La superba pala d’altare dedicata a San Vincenzo Ferrer fu concepita per la cappella di famiglia di Floriano Griffoni all’interno della Basilica di S. Petronio a Bologna. La sua realizzazione, collocata tra il 1470 e il 1472, fu affidata al ferrarese Francesco del Cossa, allora all’apice della sua straordinaria carriera artistica, iniziata intorno al 1456 e stroncata dalla peste nel 1478. I contatti tra l’artista e il capoluogo emiliano, attivi per quasi un ventennio, si tradussero nella realizzazione di alcuni capolavori come l’Annunciazione di Dresda, la Madonna del Baraccano e la Pala dei Mercanti. Il Polittico Griffoni segnò l’inizio della sua collaborazione con il più giovane Ercole de’ Roberti, uno dei più formidabili sodalizi artistici del secondo Quattrocento italiano, autore della magnifica predella in cui si evidenziano echi al bolognose compianto sul Cristo Morto di Nicolò dell’Arca conservato nella vicina Santa Maria della Vita. Assieme a Del Cossa e De’ Roberti lavorò alla cornice il maestro d’ascia Agostino de Marchi da Crema. Attorno al 1725 il nuovo proprietario della cappella, Pompeo Aldrovandi, Monsignore e poi Cardinale, fece smantellare la pala e destinò le singole porzioni figurate a “quadri di stanza” della residenza di campagna della famiglia a Mirabello, nei pressi di Ferrara. Nel corso dell’Ottocento i dipinti entrarono nel giro del mercato antiquario e del collezionismo giungendo infine ai 9 musei, la metà dei quali fuori dai confini nazionali, che oggi custodiscono le opere. La memoria del Polittico rimase però salda nel corso dei secoli ed ebbe un’ottima fortuna critica: fu Roberto Longhi nel 1934 a definirne, nella sua Officina Ferrarese, l’impianto monumentale, analogo per struttura ai grandi polittici Quattrocenteschi. Il ritrovamento, negli anni Ottanta, di uno schizzo del Polittico allegato ad una corrispondenza di Stefano Orlandi con Monsignor Pompeo Aldrovandi, fornì la prova documentaria dell’esattezza quasi totale dell’ipotesi di Longhi.
Afferma il Professor Natale: “L’aver riunito fisicamente tutti gli elementi conosciuti della grande macchina d’altare di Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti è un piccolo grande miracolo: le opere sono conservate nei più importanti musei del mondo, singolarmente hanno percorso diversi itinerari collezionistici che hanno diffuso lo stile rinascimentale nato tra Ferrara, Bologna e in parte anche in Toscana intorno alla seconda metà del XV secolo. È quindi particolarmente importante restituire al Polittico Griffoni lo status di capolavoro della pittura italiana, un’opera che nasce dall’intersecazione di culture diverse ed ha avuto un impatto importante ma non un seguito immediato perché caratterizzato da un linguaggio atipico, che ne fa un’opera isolata. La collaborazione tra storici dell’arte e gli ingegneri guidati da Adam Lowe ha consentito di rendersi conto di alcune novità critiche, perché simulando la struttura del polittico si è colto che due pannelli laterali storicamente attribuiti al polittico sono di dimensioni leggermente differenti: rimane dunque da capire la provenienza di queste due opere, pur qualitativamente molto affini e coerenti per stile e tecnica. Un‘operazione dunque, quella della mostra “La riscoperta di un capolavoro”, destinata a stimolare la ricerca, efficace prova di come si possa collaborare fattivamente con le nuove tecnologie.
“La riunione a Bologna degli scomparti del Polittico ha costituito a lungo una delle priorità della storia dell’arte della città di Bologna non solo perché il Polittico è stato realizzato da due tra le più originali e forti personalità artistiche del Quattrocento italiano ma anche perchè il vuoto figurativo lasciato da questo capolavoro smembrato e disperso ha condizionato a lungo la comprensione del ruolo che Bologna ha avuto sul piano artistico in uno dei momenti più fecondi e delicati della storia del paese. Bisogna dare credito alla fiduciosa determinazione di Fabio Roversi-Monaco se quella che sembrava un’utopia espositiva ha preso corpo: ritrovare a Bologna un’opera smembrata e ricomposta nell’arco di più di cinque secoli costituisce – è questo il nostro auspicio maggiore – un’esperienza visiva indimenticabile”.
Aggiunge la Professoressa Cecilia Cavalca: “Il Polittico (che ricordiamo essere dedicato a San Vincenzo Ferrer) è un’opera artistica complessa che va letta in rapporto al luogo specifico per cui è stata ideata, in relazione all’architettura e all’ideazione completa dell’opera, destinata al culto e frutto di una committenza privata. La mostra invitata lo spettatore a considerare tutti questi elementi, evidenziandone la contestualizzazione storica per comprenderne al meglio l’impatto culturale che ebbe al suo tempo: nella prima sala sono analizzati altri quattro esempi di polittici bolognesi tardogotici, nella seconda sala si approfondisce il luogo per cui l’opera era destinata, la basilica di San Petronio; in seguito è analizzata la parte storica-critica e gli studi condotti nei secoli per ricostruire l’opera, analizzando i passaggi di proprietà sino alla loro musealizzazione. Solo così si giunge all’ultima sala che svela i pannelli e ne ricostruisce la composizione nella sua complessità. Un percorso guidato sino allo svelamento finale dell’opera che procede per gradi e ne permette una maggiore comprensione.
L’esposizione al secondo piano, La Materialità dell’Aura: Nuove Tecnologie per la Tutela, a cura di Adam Lowe e Guendalina Damone e progettata dall’architetto Carlos Bayod Lucini offre al pubblico la possibilità di conoscere ed interagire con diverse tecnologie digitali per la conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico, promuovendo una riflessione sulla “materialità” dell’oggetto artistico e della sua “aura”. Le tecnologie utilizzate e sviluppate da Factum Foundation, come la scansione e la stampa 3D ad alta risoluzione, il restauro e la ricostruzione digitale, la realizzazione di perfetti fac-simile sollevano domande su temi quali l’originalità e l’autenticità dell’opera d’arte, aprendo al contempo a nuove possibilità per mostre e progetti espositivi. Ciascuna delle sei sale consentirà al visitatore di interagire con le opere d’arte in maniera del tutto inedita, mostrando i progetti realizzati a partire dal 2009 da Factum: si potranno osservare da vicino, ad esempio, la matericità e il rilievo dei dipinti, o vedere alcuni “capolavori perduti” e ricostruiti a partire da un lungo lavoro di investigazione, come le Ninfee di Monet, danneggiato nel 1958 da un grave incendio o i Sei girasoli in un vaso di Van Gogh, distrutto nel bombardamento americano di Ashiya nel 1945. Molti nel percorso anche i progetti realizzati da Factum nella città di Bologna, come la documentazione 3D dei tre portali della facciata di San Petronio e quella della Mappa della Provincia di Bologna conservata nella Sala Bologna in Vaticano, la cui riproduzione è oggi conservata a Palazzo Pepoli, il Museo della storia di Bologna. “L’aura di un’opera d’arte, quella cosa immateriale che è stata usata per definire la sua originalità, è in realtà la sua presenza materiale. Attraverso la registrazione ad alta risoluzione, la mediazione digitale e le nuove tecnologie di visualizzazione e ri-materializzazione, possiamo avere una più profonda comprensione degli aspetti materiali che rendono qualsiasi oggetto quello che è. Questa prova rivela non solo come è stato realizzato un oggetto, ma anche come è stato curato, valutato, trasformato e spostato da una città all’altra o da un tipo di istituzione a un’altra” spiega Adam Lowe.
Due i cataloghi di mostra, entrambi editi da Silvana Editoriale: “Il Polittico Griffoni. La riscoperta di un capolavoro” a cura di Mauro Natale e Cecilia Cavalca e “The Aura in the Age of Digital Materiality. Rethinking preservation in the shadow of an uncertain future”, raccolta di saggi incentrata su una varietà di temi che vanno dall’applicazione delle nuove tecnologie alla conservazione più tradizionale del patrimonio culturale.
L’esposizione gode del sostegno e dei Patrocini, tra gli altri, della Basilica di San Petronio, del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, del Polo Museale e della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna: main sponsor sono Rekeep e Intesa Sanpaolo.
Per info
La riscoperta di un Capolavoro
Palazzo Fava Bologna