Si preannuncia come una mostra meritatamente da grandi numeri La fragilità della bellezza. Tiziano, Van Dyck, Twombly e altri 200 capolavori restaurati, visitabile alla Reggia di Venaria Reale sino al 16 settembre.
La mostra, nata nell’ambito del progetto Restituzioni, il programma di conservazione e valorizzazione dei beni artistici promosso da Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Consorzio delle Residenze reali sabaude, presenta uno straordinario corpus di opere, per un totale di 212 opere tra dipinti, arredi sacri, tessuti, mosaici, arazzi, oggetti di arte decorativa provenienti da 17 regioni italiane (più una straordinaria veduta di Dresda di Bernardo Bellotto proveniente dalla Germania), restaurati nel biennio 2016-2017 e selezionati tra le oltre 300 domande di intervento pervenute.
In trent’anni il programma Restituzioni, promosso dal gruppo Intesa San Paolo, ha recuperato 1300 opere, restituendole alla collettività. In questa edizione gli interventi hanno previsto l’impegno di oltre settanta storici dell’arte e oltre 200 restauratori, incluso il Centro restauro di Venaria. L’arco temporale delle opere è molto ampio, dai mosaici di Aquileia alle testimonianze dell’Antico Egitto, ai dipinti di Bellini, Tiziano, Paolo Veneziano, Van Dyck sino a Twombly, Morandi e Burri.
Per una mostra di questo tenore non poteva esserci sede più adatta della Reggia di Venaria, che versava in uno stato di grave abbandono ed è stata recuperata con un imponete restauro dall’’inizio degli anni ’90: oggi è divenuto luogo di eccellenza, gestito dal Consorzio presieduto da Paola Zini e diretto da Mario Turetta, ed è divenuto sede di mostre prestigiose, che richiamano ogni anno migliaia di visitatori.
“Non c’è angolo di Italia che non sia luogo d’arte […] C’è bellezza ovunque, in Italia: una bellezza maestosa e al contempo maestosamente fragile, minacciata dal passare dei secoli, delle calamità, dall’incuria. La perdita dell’integrità e dei nostro tesori comporterebbe un vulnus della nostra identità nazionale. Da questa convinzione è nata nel 1989 il progetto Restituzioni, che da oltre trent’anni vede il Gruppo Intesa impegnato nel salvaguardare e restituire al Paese i beni artistici e architettonici del patrimonio nazionale”. Con queste parola Giovanni Bazoli, Presidente emerito di Intesa San Paolo, ha introdotto la mostra.
Il celebre studioso Carlo Bertelli, curatore scientifico, ha ricordato un documentario della RAI in cui intervistavano Giulio Einaudi alla Reggia di Venaria: la ripresa, abbassandosi, mostrava uno squarcio nel pavimento, un baratro: oggi, continua lo studioso, nella Venaria restaurata, risorta dalla proprie ceneri, non poteva trovare sede più idonea una mostra che si richiama al tema della fragilità. “Questa mostra è una raccolta di pezzi straordinari, tutti con una storia particolare: ad esempio è anche la prima volta che il meraviglioso retablo del Maestro di Castelsardo (fine XV secolo) proveniente da Tuili (Cagliari) viene mostrato in Piemonte, come la preziosa Testa di Basilea in bronzo, proveniente dal Museo archeologico di Reggio Calabria, chiamata così perché, recuperata nel 1969 nelle acque dello stretto di Messina, fu rubata e ritrovata dalle forze dell’ordine a Basilea e quindi restituita all’Italia. O, ancora, il mantello Tupinambà, realizzato con penne e fibre di cotone giunto tra XVI e XVII secolo in Italia dal Brasile e conservato alla Biblioteca ambrosiana, e la carrozzina a tre ruote del 1887 di Ferdinando di Genova, che ha una gemella al Quirinale. Una mostra complessa, in cui la varietà è l’elemento cardine, che mostra lo straordinaria bellezza conservata nel nostro paese, dai mosaici a Tiziano, sino a Morandi e a Twombly: una visione ampia, inquisitiva, curiosa di quello che è il patrimonio italiano. L’allestimento è stato intelligentemente realizzato creando dei piccoli circuiti che diano al visitatore la sensazione della diversità anche della produzione, della conservazione e persino dell’affetto che le singole comunità riservano alle proprie opere: una mostra dove ci sono capolavori, ma anche opere minori, tutte importanti per le comunità a cui appartengono.
Il Professor Giorgio Bonsanti, altro curatore scientifico della mostra, richiama le parole del Professor Bertelli, parlando della grande varietà degli oggetti che sono testimonianza di una la cultura di un popolo, che parlano di una bellezza fragile ma contemporaneamente molto forte. “[…] Queste opere restaurate torneranno al loro luogo di provenienza, alle loro comunità di appartenenza; qui la tutela, iniziata con il restauro si completa di una fase ulteriore, cioè la valorizzazione, la fruizione, ma anche la comunicazione. Parafrasando Kant si potrebbe dire che la valorizzazione senza la tutela è vuota, ma anche la tutela senza valorizzazione è cieca. Tra questi due termini non ci deve essere contrapposizione ma integrazione: solo così la cultura continuerà ad svolgere oggi nel futuro il suo compito di vera interprete e simbolo del valore di una civiltà”.