Fino al 23 Giugno nel cuore di Milano è la Fondazione Luciana Matalon a presentare la prima personale di Sisyu, artista e calligrafa ammirata in tutto il mondo e presente ai più grandi eventi internazionali per rappresentare il suo paese, il Giappone. Le opere in mostra, circa 40 fra cui grandi dipinti su tela e sculture calligrafiche sospese, sono state tutte realizzate per l’occasione.
Portavoce della cultura tradizionale giapponese Sisyu ha saputo in realtà renderla contemporanea. Il suo stile resta riconoscibile e personale anche quando affronta generi, temi, formati o supporti tradizionali. Molti sono i riferimenti ai grandi maestri come Hokusai e al genere Shunga, le stampe erotiche giapponesi, ma l’erotismo di Sisyu è velato, sognante.
Nei suoi lavori l’arte della calligrafia (Shodo) si unisce alla tecnica delle stampe xilografiche giapponesi nello stile e nel modo di leggere l’opera, strato dopo strato. I dipinti ad acrilico e foglia d’oro dai colori vivaci e le linee spiraliformi e ondulate rappresentano animali e soggetti legati ai miti del Giappone antico.
Nella sua performance dal vivo, negli spazi della Fondazione Luciana Matalon, Sisyu ha mostrato la sicurezza e la raffinatezza del suo stile. Una grande tela realizzata con preziosa e resistente carta giapponese, china e pigmenti, è dominata da un disco solare e un’aquila, onnipresente nella mitologia giapponese e nei manuali per artisti, come i Manga di Hokusai.
Antichissima arte ancora praticata in Cina, Giappone e Corea, la calligrafia è la forma di espressione artistica più intima, spontanea, e allo stesso tempo collettiva.
L’atto compiuto dall’artista va oltre il semplice gesto. Racchiude in sé la sua personalità e il suo stato d’animo prima ancora delle sue intenzioni artistiche. Calligrafia e disegno a china in estremo oriente sono due arti strettamente legate tra loro, anzi inscindibili. In entrambe l’artista si perde totalmente nel processo pittorico. “Le opere dei disegnatori a china sono sigilli del cuore” (autore vissuto nella Cina dell’epoca Sung,960-1279). E’ uno sforzo mentale che si irradia partendo dalla testa fino ad arrivare al braccio e poi alla mano in un unico movimento, trasferendo la spiritualità stessa dell’artista sulla carta. Il tratto assume un significato proprio, che si aggiunge a quello dei singoli ideogrammi, ed è unico e irripetibile anche per lo stesso artista.
La calligrafia è anche un’arte collettiva perché a diverse epoche e diverse scuole di Shodo corrisponde uno stile riconoscibile. E’ la pennellata a raccontare molto della bravura dell’artista e della sua scuola. E ancora è collettiva perché chi legge partecipa con la propria storia personale al senso dei segni rappresentati.
L’arte calligrafica tipicamente giapponese deriva dall’hiragana, la scrittura sillabica in kana risalente al periodo Heian (794-1185) e definita Onna-de (per mano di donna), che si contrapponeva alla scrittura in Kanji (Otoko-de per mano di uomo) non consentita alle donne. La vera tradizione giapponese ha quindi origine dalle prime opere letterarie femminili nate nelle corti, come il celebre romanzo Genji Monogatari scritto da Murasaki Shikibu intorno all’anno mille. Artiste come Gyokuran (1727-1784) della scuola di Nanga, la pittura dei letterati che lei traduce nello stile giapponese, e Rengetsu (1791-1875 poetessa, calligrafa e pittrice), hanno portato l’espressione della loro arte su carta, ventagli, pannelli, oggetti in ceramica.
Sisyu fa sua l’eredità delle grandi artiste del passato e dà all’arte della calligrafia una nuova dimensione trasformandola in scultura. Al gesto del pennello aggiunge la plasticità della materia e l’impalpabilità delle ombre, che si proiettano sul muro o sul dipinto. Aveva iniziato a studiare la calligrafia tradizionale a 6 anni con la nonna, perfezionando i suoi studi all’isola di Nara. Da allora, grazie alla sua ricerca artistica, Sisyu ha portato l’arte della calligrafia nel XXI secolo.
Tra le diverse forme di poesia giapponesi l’Haiku è quella che più di ogni altra mi richiama alla mente i lavori di Sisyu. Strettissimo nell’arte dell’estremo oriente è il legame tra poesia e pittura, la simbiosi tra poeti e artisti figurativi, e in particolare tra l’Haiku e le stampe dell’ukiyo-e in epoca Edo (1600-1868). Lo stesso legame che ritroviamo nell’arte di Sisyu.
Caratteristica di una poesia Haiku è quella di parlare per immagini. Sono componimenti brevi, che usano parole semplici. Tutti possono comprenderle, non raccontano, non propongono una visione del mondo. Una poesia Haiku mostra come un’immagine e come un’immagine si affida alla capacità delle parole di evocare, di richiamare o provocare sensazioni.
Come nelle poesie giapponesi Haiku, così nelle opere di Sisyu, lo spettatore è parte attiva nel processo creativo. Chi legge, ascolta o guarda dà la propria interpretazione in assoluta libertà. Siamo noi a completare le immagini create dalle sottili sculture in ferro che Sisyu pone davanti ai suoi dipinti, riprendendone alcuni particolari, a seconda della posizione in cui ci troviamo. Ma le ombre proiettate sul muro dalle sculture, l’angolazione del nostro punto di vista, la posizione delle luci e la nostra stessa ombra possono creare nuove forme e suggestioni.
Nell’istallazione video interattiva, Floating in the Falling Universe of Words 2017 (guarda il video), in cui i segni calligrafici fluttuano nel buio, avvolgono lo spettatore e reagiscono al suo tocco, Sisyu crea un’atmosfera che attraverso suggestivi giochi di luci e ombre ci porta dal Giappone della tradizione a quello contemporaneo.
La capacità di lasciarsi andare all’immaginazione, la nostra personale storia con la cultura giapponese (studio, curiosità, passione), la conoscenza di questa grande artista è diversa in ciascuno di noi.
Quali vibrazioni, quali sensazioni ha saputo o saprà suscitare in voi questa mostra?
Fino al 23 giugno 2018
SISYU. Satori, la percezione dello spirito
a cura di Nello Taietti
Fondazione Luciana Matalon
Foro Buonaparte 67 – Milano
Orari martedì – sabato dalle 10 alle 19.