ll valore sacro della Natura e la spiritualità orientale nelle opere d’arte e nelle parole delle artiste giapponesi Shoko Okumura ed Eri Muranaka. Le due artiste, scelte per una mostra bi-personale dalla Takashimaya Shinjuku Art Gallery di TOKYO / 新宿高島屋10階美術画廊, si raccontano in un’intervista.
La mostra di questa primavera ha accolto collezionisti e giovani generazioni di giapponesi, facendo leva sulle tradizioni radicate nella loro cultura. Questo articolo porta noi occidentali attraverso un percorso spirituale in luoghi sacri, accompagnati dalla protezione di animali come ad esempio il lupo, da sempre considerato sacro in Giappone , e il gatto, creatura nobile e portatrice di fortuna.
L’immagine di una Natura pura unisce le parole del titolo e richiama l’atmosfera delle opere delle due artiste. Shoko Okumura ed Eri Muranaka ci invitano a contemplare la bellezza della Natura. Ci aiutano a riconoscere le condizioni particolari, un vento fresco (Seifu) e una luna limpida e luminosa (Meighetsu), in cui la divinità si manifesta. Ci accompagnano per mano, attraverso le loro opere, per “sentire” la spiritualità che appartiene a luoghi sacri di un Giappone lontano. Ci esortano ad avere a cuore il futuro della Natura per il nostro stesso benessere.
I soggetti scelti per la mostra, tanto quanto le tecniche tradizionali utilizzate dalle due artiste, evocano il concetto di purezza, di rito, di meditazione e di contemplazione della Natura e di conseguenza del divino. Attraverso due tecniche completamente diverse, entrambe le artiste esprimono la bellezza dell’arte giapponese.
Com’è nato il tema della mostra?
La risposta delle due artiste è all’unisono:
“Abbiamo seguito il credo che ispira le nostre opere: la divinità si manifesta in alcuni luoghi e negli animali. La Galleria cercava proprio due artiste che rappresentassero la spiritualità per creare una mostra che si completasse con entrambi gli elementi natura e animali sacri”.
Una precisazione è necessaria, prima di ascoltare le singole voci delle interviste realizzate per voi. In Giappone prima vengono selezionati gli artisti e poi, solo dopo, si pensa alla mostra. Al contrario di quanto avviene in Italia o in altri paesi, dove i curatori scelgono il tema e poi selezionano gli artisti. In Giappone viene data molta più importanza agli artisti.
Intervista a Eri Muranaka (村中恵理)
Da dove nasce la tua visione sulla spiritualità degli animali?
In Giappone, fin dall’antichità, si credeva che molte cose vicino a noi fossero la dimora di una divinità. Si credeva che anche gli animali più piccoli che vivono vicino a noi (uccelli, insetti, pesci) rappresentassero una divinità ed erano oggetto di culto.
Oggi, però, noi giapponesi stiamo perdendo questa consapevolezza.
Io stessa ho iniziato a credere e quindi a percepire che le divinità ci guardano sempre attraverso questi animali. Per questo rappresento con la mia arte le divinità giapponesi usando il motivo degli animali sacri. Se tutti tornassimo a credere in questo, il nostro atteggiamento verso ogni essere vivente che ci circonda cambierebbe in meglio e cambieremmo anche noi.
Le opere in mostra
“Adabana / fiori effimeri”
I petali di ciliegio che cadono attorno ai lupi rappresentano il concetto di effimero, perché la fioritura del fiore di ciliegio dura poco. In più i lupi in Giappone erano le divinità della foresta e purtroppo stanno sparendo. La scena rappresenta, quindi, il fatto che le divinità se ne sono andate da un luogo. Ecco perché effimero.
Due sono in realtà le opere che fanno riferimento al concetto di effimero e che sono correlate tra di loro. Una si intitola “effimero yoi- serata”, l’altra ” effimero naghi – prima dell’alba” . E’ in questi due momenti della giornata che si sfuma il confine tra vita reale e al di là.
Inoltre, i due lupi stanno in realtà chiamando altri lupi, volevo rappresentare in questo modo la speranza che, anche se ormai ne sono rimasti pochi, ci sia per loro la possibilità di rimanere nel nostro paese.
Hai mai partecipato a mostre all’estero o a Fiere internazionali?
Ho partecipato ad Artfair Taipei (Taiwan) e per il momento non ho in programma mostre all’estero.
Quando e perché hai deciso di usare la ceramica per esprimere la tua creatività?
Il mio incontro con la tecnica cloisonné è avvenuto molto presto, al quarto anno di accademia. Mi ha incantata soprattutto la bellezza del colore e la precisione richiesta dal lavoro che ci sta dietro.
Puoi dirmi qualcosa in più sulla tecnica che usi?
La tecnica cloisonné giapponese utilizza una grande varietà di colori, caratteristica che dall’Ottocento la contraddistingue rispetto alla tradizione occidentale. Il procedimento, invece, è lo stesso. Gli smalti in pasta vengono fusi e versati nelle celle della base in metallo, modellata sul disegno che io le ho dato. I lavori vengono poi messi a cottura a temperature diverse in base al colore.
Nel dettaglio la tecnica Cloisonnè con fili in metallo (spesso orezioso) , o Yuusen-Shippo in Giapponese, può così spiegarsi in modo semplice:
(1) Il primo passo consiste nel dare forma al metallo, precedentemente fuso.
(2) Lo smalto viene messo sul retro della base e sul fronte, e poi viene fissato
(3) La figura viene copiata sulla parte frontale e il filo d’argento viene applicato come se si stesse tracciando il disegno con una penna.
(4) Si realizza uno stampo del filo d’argento
(5) Viene fissato includendo lo smalto colorato dal filo d’argento in una cella chiusa
(6) Il passo precedente viene ripetuto diverse volte.
(7) La superficie viene levigata con una pietra per affilare e così completata.
Eri Muranaka è un’artista di successo nel mondo dell’arte contemporanea giapponese grazie alla sua bravura nella decorazione a smalto con la tecnica del Cloisonnè giapponese del periodo Meiji (1845 – 1927), che raggiunse livelli altissimi nelle opere di Yasuyuki Namikawa. Si è specializzata in questa tecnica presso la Toyko University of the Arts nel 2011. Lavora e tiene varie mostre a Toyko.
Intervista a Shoko Okumura (奥村祥子)
I luoghi sacri, insieme alle stagioni, rappresentati secondo i canoni della pittura tradizionale giapponese sono il soggetto di tante delle tue opere, puoi spiegarmi il motivo?
Si, lavoro soprattutto sul tema della Natura sacra che oggi ritrovo nei miei viaggi in Giappone. Dopo essermi trasferita in Italia, infatti, mi sono resa conto di quanto la Natura fosse veramente rispettata in Giappone, e questo grazie alla religione scintoista. La cultura giapponese, fin dall’antichità, ha avuto sempre grande rispetto della Natura.
In Giappone, anche in una metropoli come Tokyo, è facile individuare dove si trovano i templi. In uno spazio sacro non si può intervenire né costruire palazzi e ci sono sempre alberi giganti secolari. Gli alberi che crescono intorno ad un templio, infatti, non possono essere tagliati.
L’atmosfera sacra e speciale di questi luoghi, sempre molto silenziosi e pieni di natura, è tangibile. Si sente il profumo degli alberi e spesso capita che si formi una nebbia densa, così da rendere ancora più suggestivo il tutto. A questo si aggiunga che noi giapponesi crediamo, fin dall’antichità, che le divinità siano presenti dentro tutti gli elementi naturali. Esistono, perciò, montagne, cascate, rocce e alberi sacri ecc…
Questo è quello che cerco di rappresentare attraverso i miei lavori.
Le opere in mostra
Quelli che rappresento sono tutti luoghi sacri. Ho scelto appositamente di mettere in centro i diversi elementi e di dipingere in bianco e nero. Volevo ricreare la stessa atmosfera spirituale dei dipinti sacri giapponesi tradizionali e, soprattutto, l’attenzione doveva essere tutta al luogo sacro. Non ho voluto usare il colore, se non per rafforzare il concetto.
In Giappone quando esiste un oggetto sacro, come un albero, attorno non vengono piantati altri alberi, viene isolato.
E’ un’antica credenza giapponese l’idea che le divinita’ scendano negli elementi naturali. Soprattutto durante le cerimonie che si svolgono all’aperto, la divinità ha bisogno di un punto preciso in cui scendere, questo punto si chiama appunto Himoroghi e spesso si trova negli alberi secolari.
Così accade nel luogo sacro che ho rappresentato, l’atmosfera è davvero speciale, c’è silenzio, e l’aria sembra essere attraversata da una leggera tensione, ma una tensione piacevole. Attraverso questo dipinto vorrei restituire la stessa atmosfera che si respira in quel luogo, in più se possibile, vorrei che chi guarda questo dipinto senta la presenza della divinità.
Il soggetto della prima opera, questo meraviglioso riflesso degli alberi sull’acqua, è uno stagno abbastanza famoso in Giappone e si chiama Mishaga ike in provincia di Nagano. I due alberi che sembrano aprirsi non sono un effetto voluto o un espediente compositivo, sono realmente così. Ho deciso di dipingerli perché mi sembravano un po’ speciali, è questa singolarità quasi surreale, in un paesaggio per il resto uniforme, che mi ha dato l’ispirazione per realizzare queste opere.
Il piccolo tempio che, invece, si intravede nella seconda appartiene ad un altro luogo sacro, dove ho sperimentato la stessa tecnica, che si chiama Benzaiten sulla strada di Nakasendo e si trova nella parte interna del Giappone (mentre la famosa strada Tokaido percorre tutta la costa) . I viaggiatori e i pellegrini usavano attraversare questa strada fermandosi al tempietto.
Colpita dal colore del paesaggio ho voluto inserire un tocco di verde, ma ho usato un pigmento particolare la malachite. E’ una finezza che il pubblico giapponese poteva cogliere immediatamente, perché la malachite è un pigmento tipico della pittura giapponese tradizionale. Ero sicura che sarebbe stato apprezzato.
Cascata sacra sulla via di Nakasendo. Vicino al tempietto sotto la cascata c’è un Torii, non visibile nell’inquadratura che ho scelto per il mio dipinto, posizionato come per entrare nella cascata, ma non è possibile. La cascata è considerata sacra e il Torii, qui come in altri luoghi in Giappone, indica l’accesso ad un’area sacra.
Rappresenta la fine di un tramonto in una serata primaverile, dove appare già la luna. In Giappone il colore del tramonto in Inverno è molto forte, mentre in Primavera è più tenue. Ho voluto catturare proprio quel momento in cui il sole scompare e la luna sta salendo. La luna è trasparente, non è luminosa nel cielo perché ancora non è arrivato il buio. Questi colori tenui appaiono solo per un momento brevissimo, richiamando così il concetto giapponese di Mononoware o Impermanenza.
Puoi dirmi qualcosa in più sulla tecnica che usi?
La pittura giapponese ha una tecnica piuttosto particolare, tutti i materiali usati sono ricavati dalla natura. La carta è realizzata da piante tipiche giapponesi (specialmente Kozo, Mitsumata, Ganpi), i pigmenti sono ricavati da minerali, rocce, terra, conchiglie ecc.. c’è poi l’inchiostro di china, a cui spesso si aggiunge l’utilizzo di foglie d’oro o d’argento.
Nelle opere presentate quest’anno a Tokyo ho sperimentato una nuova tecnica.
Sulla base di ogni opera ho steso un primo strato di carta giapponese, su cui ho applicato un foglio d’argento. Per prima cosa ho steso della colla di coniglio diluita per due o tre volte, che mi ha permesso di lavorare sull’argento direttamente, senza creare uno sfondo. Successivamente ho dipinto il paesaggio con il pigmento nero mescolato alla resina, lasciando trasparire l’argento per rappresentare erba, tronchi e rami.
Il passaggio più particolare è stato quello di applicare sopra tutto il lavoro una carta giapponese sottile, molto molto trasparente, sulla quale si può dipingere a china e anche con pigmenti colorati in polvere, mescolati con colla di coniglio. Ho utilizzato anche pigmenti italiani, che hanno una granulosità molto fine.
Si crea così come un secondo piano, dove lo sfondo rimane opaco e lascia intravedere il lavoro fatto sulla cara d’argento.
Questa carta speciale molto trasparente è fatta con il Kozo, che è la materia prima più importante per realizzare la carta giapponese. E’ color avorio ed è estratta dalla fibra interna dei rami della pianta. Nel creare qualsiasi carta giapponese le fibre delle piante vengono messe nell’acqua molto pulita e fredda di un fiume. Procedimento che serve a sbiancare ancora di più la fibra.
Shoko Okumura, specializzata nella pittura tradizionale giapponese, si è laureata alla Tokyo University of the Arts nel 2008 e, grazie ad una prestigiosa borsa di studio ricevuta dal governo giapponese, completa i suoi studi d’arte a Firenze. Vive e lavora a Milano.
Intervista a Toru Oizuru ( 生出 徹), curatore Takashimaya Shinjuku Art Gallery
Quali sono state le scelte curatoriali della Galleria da quando è stata fondata?
In Giappone ogni Department Store di lusso ha una sua galleria. La nostra appartiene al gruppo Takashimaya e, avendo più di 110 anni di storia e tradizione, cerchiamo noi direttamente gli artisti e organizziamo per loro le mostre. Cerchiamo in questo modo di proporre ai nostri clienti delle opere d’arte che seguano il logo gusto e arricchiscano la loro vita. Anche altri Department Store organizzano mostre, ma lo fanno però appoggiandosi a gallerie esterne.
Il Department Store Takashimaya Shinjuku è aperto da 22 anni, è quindi un negozio piuttosto giovane tra quelli del gruppo Takashimaya.
La caratteristica principale di questa galleria è che trattiamo soprattutto opere d’arte contemporanea, mentre le altre gallerie del Gruppo Takashimaya trattano piuttosto arte moderna e/o tradizionale. Il nostro scopo è far avvicinare i clienti all’arte, soprattutto i clienti giovani che solitamente non hanno un contatto diretto con l’arte.
Quali sono i criteri che utilizzate nella selezione degli artisti per le vostre mostre?
Da quando abbiamo aperto fino ad oggi, guardando le varie opere che ci vengono proposte, ci siamo sempre indirizzati verso quelle più originali e uniche con una qualità molto alta.
In questa occasione abbiamo selezionato le artiste Shoko Okumura ed Eri Muranaka perchè hanno un concetto di spiritualità simile nel creare le loro opere. Okumura dipinge luoghi ed elementi sacri (albero, cascata ecc…) con la tecnica tradizionale di pittura giapponese, mentre Muranaka rappresenta gli animali sacri con la tecnica cloisonnè. Volevamo che i visitatori potessero sentire l’atmosfera sacra tipica della tradizionale giapponese emanata dalle opere di entrambi le artiste.
Quali sono le più importanti istituzioni, gallerie, scuole d’arte, curatori stranieri etc… con cui avete collaborato nell’organizzare mostre?
Stiamo collaborando con alcune Accademie di belle arti della provincia. Il mercato dell’arte è a Tokyo, lo scopo di questa collaborazione è dare l’occasione di esporre a giovani artisti emergenti, sfruttando la posizione ideale di questa location, e allo stesso tempo è una buona occasione per i clienti, che hanno così la possibilità di scoprire nuovi talenti.
La galleria ha sede in diverse città giapponesi, il mercato dell’arte contemporanea ha caratteristiche diverse in ciascuna di esse? E’ possibile fare un confronto?
Rispetto ad altri locali del Gruppo Takashimaya, la caratteristica principale della Galleria Shinjuku è quella di essere legata ad una generazione di clienti più giovane. Un pubblico con gusti più ampi e quindi che permette di avere possibilità illimitate.
Eri Muranaka
muranaka-eri.jimdo.com
m.facebook.com/eri.muranaka.58
Shoko Okumura
www.shokookumura.com
Takashimaya Shinjuku Art Gallery / 新宿高島屋10階美術画廊
Shinjuku Takashimaya times square, 10º piano
www.takashimaya.co.jp/shinjuku/topics/art.html