Una bella notizia per la storia dell’arte piemontese: gli approfondimenti d’archivio e la rilettura delle fonti hanno permesso di ricostruire la storia di due preziose tavole, oggi attribuite al maestro del Quattrocento Antoine de Lonhy.
Interessante e curiosa la vicenda di queste opere: l’unica traccia documentaria fotografica le colloca all’interno dell’abside dell’Abbazia di Vezzolano tra il 1938 e il 1940; con il passare del tempo non facevano più parte dell’arredo pittorico dell’abbazia e se ne erano perse le tracce; in realtà le due tavole sono state custodite per decenni presso il laboratorio di restauro Nicola ad Aramengo, non lontano dal luogo di provenienza. Durante una visita presso il laboratorio furono “riscoperte” da Giovanni Romano, professore emerito di storia dell’arte dell’Università di Lettere di Torino da poco scomparso, che ne aveva intuito, pur sotto uno strato di velina che ne preservava la conservazione (ma di fatto ne impediva la visione) l’alta qualità pittorica; da qui le due tavole sono state oggetto di nuove ricerche che hanno portato lo studioso a ritenere, in base a stringenti elementi stilistici e dati documentari, che siano state realizzate dalla bottega del grande maestro del quattrocento Antoine de Lonhy, o che addirittura siano riferibili alla sua mano. La figura di Antoine, artista itinerante del Quattrocento, poliedrico e sfuggente, è documentato in area piemontese verso la metà del XV secolo e in questi ultimi anni è stata oggetto di studi condotti da diversi studiosi, che hanno contribuito a ridisegnarne il profilo storico artistico e a costruirne un nuovo catalogo di opere a lui attribuibili, precedentemente assegnate ad altri autori.
Antoine de Lonhy, nato forse a Tolosa, inizia la sua attività nel 1446 in Borgogna meridionale, lavora tra il 1454 ed il 1462 tra la Linguadoca e Barcellona (dove realizza la vetrata del rosone centrale della Cattedrale di Santa Maria del Mar), e si stabilisce infine nel Ducato di Savoia nel 1462, dove opera fino al 1480-1490 circa. Artista versatile, è a capo di una bottega in cui si padroneggiano con abilità tecniche assai differenti: miniatura, scultura, affresco, composizione vetraria, pittura su tavola, e addirittura disegni preparatori per ricami.
Vertice qualitativo nella parabola creativa di Antoine de Lonhy è la Tavola della Trinità conservata presso il Museo Civico d’Arte Antica di Torino e proveniente dal Duomo della città: conosciuta come tavola del Maestro della Trinità di Torino, come la definì il grande studioso Charles Sterling, è stata assegnata ad Antoine dal professor Romano, e questa attribuzione è oggi accettata dalla maggior parte della critica.
Al corpus delle opere (principalmente su tavola, ma si annoverano anche numerose miniature e persino sculture), si aggiungono oggi le opere di Vezzolano, importantissimo centro del romanico piemontese. Le due tavole lignee, di notevoli dimensioni (1, 80 di altezza per 2,10 di larghezza), sono dipinte su entrambi i lati: la prima rappresenta la Natività e la Crocifissione, la seconda l’Assunzione di Maria in cielo e la Resurrezione di Cristo. Recenti studi hanno supposto che le due tavole fossero le ante di una teca lignea atta a custodire il gruppo scultoreo in terracotta posto sull’altare maggiore. Si spiegherebbe così la duplice lettura, da un lato le Storie della Vergine, dall’altro Morte e Resurrezione di Cristo da leggersi affiancate a due a due (macchina d’altare chiusa durante la settimana e aperta durante le celebrazioni).
La scoperta è stata presentata nel corso di una conferenza in streaming organizzata dal Mibact a cui erano presenti Enrica Pagella, direttrice regionale Musei Piemonte, Valentina Barberis, direttrice dell’Abbazia di Vezzolano, Roberta Bianchi, responsabile del Laboratorio di restauro della Direzione regionale Musei Piemonte e Maurizio Pistone, presidente dell’Associazione la Cabalesta. Per il completamento del restauro che consentirà di restituire le tavole alla fruizione collettiva è stata infatti promossa una raccolta fondi; per contribuire si può effettuare un bonifico su c/c bancario intestato ad Associazione la Cabalesta di Castelnuovo don Bosco., causale “opere da salvare”, Banca Intesa San Paolo, IBAN IT11N0306909606100000111950.
Info per la raccolta fondi: Associazione La Cabalesta, e-mail info@lacabalesta.it, tel. 011 9872463