Fino al 29 gennaio 2023 una curatissima mostra alla Fondazione Accorsi – Ometto di Torino presenta oltre 30 opere della pittura tra Quattrocento e Cinquecento nord – occidentale, provenienti da collezioni private piemontesi.
Un’occasione rara per ammirare raffinate opere di Maestri piemontesi, alcune mai esposte al pubblico, tramandate in collezioni private di grandi famiglie (su cui vige, comprensibilmente, il massimo riserbo): una non facile impresa, quella di convincere a prestare opere che difficilmente lasciano la loro consueta collocazione, e un’opportunità di riflessione, come ricorda il direttore Luca Mana, sulla fruizione privata che comporta, oltre ad un’indubbio privilegio, anche responsabilità e cura attraverso le generazioni.
La mostra, a cura di Vittorio Natale, Serena d’Italia e Luca Mana, è suddivisa in sei sezioni, e si apre con i Precursori, Giovanni Canavesio, Tommaso Biazaci e Andrea de Aste. Del primo è esposta una tempera su tavola raffigurante un Santo vescovo (Sant’Agostino?) della fine del XV secolo. Giovanni Canavesio (Pinerolo prima del 1450-1500), noto soprattutto per aver affrescato la cosiddetta “Cappella Sistina delle Alpi”, nel Santuario di Notre Dame des Fontaines in Val Roya, dalla metà del ‘400 si trasferisce in Liguria dove assorbe le novità dei maestri fiamminghi presenti sul territorio tra Genova e Savona. Del secondo, invece, troviamo San Nicola di Bari, databile intorno al 1470.
Tommaso (documentato tra il 1465 e il 1488) e Matteo Bizaci o Biazaci, originari di Busca, come Canavesio, si trasferiscono in Liguria incontrando i favori dei banchieri liguri e diventando il trait d’union tra le novità fiamminghe e la pittura piemontese. Mentre di Andrea de Aste (attivo tra Genova e Napoli nella prima metà del XV secolo) incontriamo parte di un politico di un dossale d’altare con le figure di San Giovanni Battista e San Domenico con San Nicola di Bari e San Lazzaro.
Il Salone Cinese è dedicato ai Committenti, ben rappresentati nell’affresco di Tommaso (e Francesco?) Cagnola con Madonna in trono tra San Nicola da Tolentino e santo vescovo, della seconda metà del XV secolo, o nelle due opere di Oddone Pascale realizzate tra il 1530 e il 1550.
In questa sala si trovano anche i Grandi polittici tra scomposizione e ricostruzione: ne sono un esempio le due ante, una raffigurante i Santo tebeo e San Lorenzo, di proprietà della Fondazione Accorsi-Ometto, l’altra con San Nicola di Bari, di proprietà privata, facenti parte di un polittico eseguito da Giovanni Martino Spanzotti e da Defendente Ferrari tra il 1496 e il 1500. O ancora le due ante dipinte da Pietro Grammorseo che rappresentano i Santi Stefano e Gregorio e i Santi Tommaso e Rocco. Giovanni Martino Spanzotti (Varese? 1450 circa – Chivasso? tra il 1525 e il 1528), diventando interprete del rinnovamento portato dal Rinascimento in Piemonte, influenza profondamente gli artisti locali del periodo, tra cui lo stesso Defendente, suo allievo, grazie alla puntuale rappresentazione della vita quotidiana, alla cura per la riproduzione prospettica delle architetture e un’attenzione tutta nuova per la figura umana.
Nella sezione Arredare decorando si trovano due splendidi fronti di cassoni nuziali: il primo raffigura tre armigeri, proviene dalla collezione Vittorio Tornielli, l’architetto ingegnere che costruì il castello di Cereseto, per poi passare nelle collezioni Gualino. Il secondo frontale, con una delicata Annunciazione, fu comperato da Pietro Accorsi ed esposto da Vittorio Viale alla mostra sul Gotico e Rinascimento nel 1938.
La quinta sezione Immaginare la santità è dedicata al culto e alla devozione attraverso opere di Antoine De Lonhy, Gandolfino da Roreto, Gerolamo Giovenone, Oddone Pascale, Ottaviano Cane e Raffaele Giovenone.
Antoine de Lonhy (documentato in Borgogna dal 1446) è un artista poliedrico: pittore, miniatore, maestro di vetrate, scultore e autore di disegni per ricami, lavora nel Sud della Francia e in Spagna, entrando in contatto con la cultura fiamminga, mediterranea e savoiarda. Trasferitosi nell’area torinese dagli anni Sessanta del Quattrocento, porta con sé una concezione europea del Rinascimento e un nuovo linguaggio artistico.
Gandolfino da Roreto (documentato tra il 1493 e il 1518), partendo da una formazione genovese e milanese, lavora per le principali famiglie aristocratiche di Asti, sua città di origine, e attiva un’importante bottega. La cultura figurativa dell’Italia nord-orientale, pervasa di modelli fiamminghi, influenza la sua opera, soprattutto, nella minuziosa trascrizione del paesaggio e nella resa particolareggiata dei corpi e degli oggetti presenti nei suoi dipinti.ù
Gerolamo Giovenone (Barengo 1490 circa – Vercelli 1555), principale esponente della famiglia che per tre generazioni fu il caposcuola della pittura vercellese, intorno agli anni Venti del Cinquecento si allontana dai grafismi di Defendente Ferrari e di Spanzotti e abbandona le preziose calligrafie nordiche, per dipingere panneggi gonfi, colori vividi, trasparenze e figure più monumentali con maggiore aderenza allo stile gaudenziano.
La mostra si conclude con la sezione dedicata a Defendente Ferrari e la pittura rinascimentale in Piemonte tra tradizione e innovazione, con opere anche di Giovanni Martino Spanzotti, Gerolamo Giovenone e Bernardino Lanino.
Defendente Ferrari (Chivasso fra il 1480 e il 1485 – Torino 1540 circa), formatosi nella bottega di Giovanni Martino Spanzotti, ha notevole successo come autore di polittici e di pale d’altare, incontrando con il suo stile, ricco di preziosismi decorativi e di colori smaltati, derivanti dalla tradizione nordica, il favore di una larga committenza ecclesiastica nel Piemonte occidentale sino al termine della sua attività (ca 1535). Si noti, oltre ad un notevole Santo Stefano con dalmatica ricoperta di finissimi gioielli, già in collezione Agnelli, il bellissmo “Bacio di Giuda”, raffinato notturno in cui il vero protagonista non è Gesù, visto solo di spalle, ma Giuda, ritratto con lo sguardo in tralice, sospeso tra affetto e cattive intenzioni.
Il titolo della mostra – citazione da Rinascimento privato, titolo di un celebre romanzo di Maria Bellonci, Premio Strega 1986 – bene sintetizza l’obiettivo dell’esposizione: attraverso le opere di questi straordinari pittori, intende, così, indagare i vari aspetti della storia artistica rinascimentale piemontese, approfondendo dinamiche e linguaggi.
PER INFO
Rinascimento Privato, Da Spanzotti a Defendente Ferrari nelle collezioni piemontesi
Fondazione Accorsi – Ometto, Torino