La mostra grande Peter Lindbergh. Untold Stories, visibile sino al 13 agosto 2021, inaugura il nuovo corso di Paratissima, la fiera torinese presieduta da Laura Milani con la direzione artistica di Olga Gambari.
Il percorso espositivo allestito nell’ARTiglieria, spazi in parte recuperati dall’ex Accademia Militare di via Verdi, presenta oltre 140 opere del celebre fotografo tedesco e si snoda come un racconto, inedito e non scontato come suggerito dal titolo, organizzato in tre grandi capitoli. Il primo è intitolato Manifest, una monumentale installazione di apertura composta da 20 billboard in grande formato disposti su pianta circolare che fornisce un’introduzione di grande impatto alla comprensione della visione fotografica di Lindbergh.
Nella sezione centrale, le ex scuderie, il fotografo ha organizzato in modo preciso e sistematico le immagini che considerava fondamentali nella sua opera, selezionate personalmente dal suo quarantennale archivio in un lavoro durato di più di due anni, sino alla sua morte improvvisa nel 2019: fotografie emblematiche e altre mai viste prima relative al mondo della moda di cui Lindbergh è indiscusso maestro, ma anche diversi paesaggi, la cosiddetta street photography, nature morte non convenzionali, servizi celeberrimi come quello per Vogue richiesto da Franca Sozzani e dedicato al cibo (inclusa l’unica foto a colori dell’intera sezione che fa fare un balzo di verità ai vari alimenti nei piatti), in cui appaiono top model come Eva Herzigova, Linda Evangelista e Mariacarla Boscono, e attrici come Helen Mirren, Julienne Moore e Jeanne Moreau. Molte le immagini dedicate a scene collettive e in movimento, quasi frame cinematografici, animali e dettagli evocativi associati liberamente a grandi ritratti (da cui sorgono spunti narrativi poeticamente suggeriti).
Il bianco e nero saturato, polveroso spesso sfocato o portato alla purezza estrema di visione creano un effetto avvolgente e ipnotico, che restituisce una dimensione profondamente umana ai soggetti, in particolar modo alle modelle notoriamente ammirate in atteggiamenti e pose codificate e qui quasi svelate per la prima volta con un occhio indiscreto e privato.
Lindbergh, nato nel 1944 e cresciuto a Duisburg, nel costruire la mostra ha dichiarato: “La prima volta che ho visto le mie fotografie sui muri del mock-up della mostra, sono rimasto sorpreso, ma in modo molto positivo, È stato travolgente trovarsi di fronte a chi sono io”. La mostra si chiude con un lavoro inedito, la video installazione Testament (2014): girato attraverso uno specchio unidirezionale, mostra lo scambio silenzioso tra la telecamera di Lindbergh ed Elmer Carroll, detenuto nel braccio della morte della Florida. Carroll ha trascorso 35 minuti a guardare attentamente il suo riflesso allo specchio: meditativo, un’espressione facciale intensa che porta lo spettatore a riflessioni sulla potenza dello sguardo su se stessi e su gli altri; nella modalità fotografica le persone ritratte guardano un obbiettivo, mai lo spettatore, e certamente sono portati ad un lavoro introspettivo e su stessi; un atteggiamento che il fotografo, nella mediazione che compie tra soggetto rappresentato e utente finale, opera più o meno consapevolmente: questa riflessione si traduce in immagini fotografiche di grande formato e a colori, aprendo ulteriormente a nuovi considerazioni sull’immagine, le sue contraddizioni e le sue interpretazioni (ma anche il suo potere, spesso mistificato), inducendo persino a rileggere tutto il percorso creativo del grande fotografico ammirato nelle sezioni precedenti.
La mostra è prodotta dalla Peter Lindbergh Foundation, di cui è presidente il figlio Benjamin, presente a Torino per l’inaugurazione, ed è frutto di una grande collaborazione con il Kunstpalast di Düsseldorf, città dove è già stata esposta; dopo Torino proseguirà per altre tappe internazionali. Presente a Torino anche l’amico fotografo e regista Anton Corbijn, che ha annunciato in anteprima la sua esposizione “Mood” in novembre presso gli stessi spazi, in concomitanza con la settimana dell’arte contemporanea torinese, mentre Paratissima 2020, rimandata a causa dell’emergenza sanitaria aprirà al pubblico il prossimo 18 giugno.
Dichiara Laura Milani: “Con la mostra “Peter Lindbergh. Untold Stories”, Paratissima inaugura una galleria dedicata a ritratti di grandi artisti contemporanei. Figure il cui lavoro diventerà un paesaggio attivo per sviluppare tematiche e confronti con il pubblico e con il mondo dell’arte. Nella nuova impostazione, grandi mostre dialogheranno con i progetti che vedono protagonista l’arte emergente, gli artisti al di là di età anagrafiche e percorsi artistici. […] Per la mostra “Peter Lindbergh: Untold Stories”, Paratissima ha inoltre scelto di sostenere un partner storico con cui sono state realizzate già altre lodevoli iniziative la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, alla quale andrà un euro per ogni biglietto venduto.
Spiega la direttrice artistica di Paratissima, Olga Gambari: “Peter Lindbergh. Untold Stories” è insieme un omaggio, un ritratto e un autoritratto. La selezione delle immagini è stata curata da Lindbergh stesso (1944-2019), con una lunga immersione nei suoi archivi attraverso quarant’anni di vita e di lavoro. Una mostra intima, quasi un testamento inconsapevole, che si sviluppa come un diario, dove Lindbergh si racconta attraverso le sue immagini. Molte le fotografie famose, molte quelle inedite, pagine celebri e altre segrete, untold stories, che ora, tutte insieme, formano un percorso avvolgente e suggestivo. Sono le immagini a creare la narrazione, a raccontare Lindbergh come le parole non riuscirebbero, instaurando un rapporto diretto con lo spettatore, con un’intimità e una sensorialità che nega la natura fredda e patinata dell’obbiettivo di moda. D’altronde Lindbergh è un fotografo, non solo un’icona di quella fotografia di moda che rivoluzionò all’inizio degli anni Novanta, quando ritrasse un gruppo di giovani modelle sconosciute cogliendole per strada, senza trucco e vestite in jeans e maglietta. Erano Linda Evangelista, Naomi Campbell, Christy Turlington, Tatjana Patitz e Cindy Crawford. Bellissime ragazze vere, ciascuna con una propria personalità.
Qualcosa di completamente diverso dai soliti stereotipi. Uno scatto che, uscito come copertina del numero di gennaio 1990 di British Vogue, segnò l’inizio del fenomeno delle supermodelle. le aveva mai mostrate come donne, persone, la cui bellezza si anima andando oltre al puro piano estetico. Così è stato per chiunque si sia posto davanti al suo obbiettivo, volti e corpi di attrici, modelle e attori che si rivelano in ritratti intimi e psicologici, profondamente umani e organici. Scatti al naturale, empatici, senza ritocchi in postproduzione. Dovrebbe essere questa la responsabilità dei fotografi di oggi: liberare le donne, liberare finalmente tutti, dal terrore della giovinezza e della perfezione, scriveva nel 2015 nel suo libro Images of Women II. Un’attenzione estetica ed etica sulla potenza della verità spontanea della bellezza femminile, che evoca quello della grande fotografa Eve Arnold, colei che raccontava le dive (e non solo) cercando di conoscerle come persone attraverso l’obbiettivo. E così le rendeva stupende e immortali. Vengono anche in mente i ritratti pittorici di Lucien Freud, che tirava fuori dai suoi modelli delle confessioni private, riuscendo a trasfondere nella carnalità dei corpi la loro natura e lo spirito più profondo. Come per Freud, a volte si prova quasi imbarazzo di fronte a personaggi famosi di cui si intuisce l’anima, e se ne percepisce sempre una certa malinconia. Lindbergh, infatti, diceva di non cercare il sorriso nei volti, perché toglie le sfumature e tutto quello che emerge dai lineamenti. E proprio dai volti è partito quando ha scoperto la fotografia, dopo aver fatto il pittore, il vetrinista e altri lavori in giro per il mondo.”
Per info
Peter Lindbergh. Untold Stories
Fino al 13 agosto 2021