giovedì , 21 Novembre 2024

Opere, disegni e gioielli di Meret Oppenheim al Design Museum Den Bosch. Ne parliamo con la curatrice.

In mostra fino al 5 settembre 2021 al Design Museum di Den Bosch, in Olanda, la grande retrospettiva Meret Oppenheim: für dich – wide dich, a cura di Adriënne Groen, con un’ampia selezione di documenti, opere, disegni, gioielli.

Man-Ray-Erotique-Voilee-1933-co-pictoright-Amsterdam-2021

 

La mostra racconta al pubblico il mondo di Meret Oppenheim (1913-1985) e il suo approccio ironico e profondo alla pratica artistica. Nata 1913 a Charlottenburg, Oppenheim a 18 anni trasferisce a Parigi per seguire il suo interesse per l’arte; qui conosce Alberto Giacometti e Jean Arp: tra le prime opere di Meret ad avere un certo successo presso il pubblico e la critica si ricorda L’orecchio di Giacometti: un piccolo orecchio in bronzo ispirato proprio a quello dell’amico che l’artista trasforma in una minuscola mano da cui partono dei rami-serpenti. Giacometti e Arp la invitarono a esporre, sempre nel 1933, al Salon des Surindependentes. Da quel momento, dotata di una creatività ironica e pungente e di una presenza fisica non comune, si unisce al gruppo di surrealisti riunitisi intorno alla carismatica figura di André Breton diventando musa di artisti e poeti. Raggiunge la fama internazionale come artista solo pochi anni dopo, con la celebre tazza e il piattino ricoperti di pelliccia, Object (Déjeuner en fourrure), 1936, opera immediatamente acquisita dal Alfred H. Barr jr. per la collezione permanente del MoMA di New York da lui diretto e lgrazie alle fotografie che le scattarono Man Ray e Dora Maar.

Meret Oppenheim, Object (Déjeuner en fourrure), 1936

 

Alla fine degli anni ’30, pur molto famosa, si ritira dal mondo dell’arte, disillusa e affetta da una forma depressiva che la allontana dalla pratica artistica per qualche tempo. Oppenheim torna sotto i riflettori, con maggiore fiducia, solo nel 1954. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1985, continua a produrre opere che esplorano i confini tra visibile e invisibile, realtà e immaginazione, ottenendo grandi riconoscimenti a livello internazionale: nel 1975 ottiene il Premio d’arte della città di Basilea e nel 1982 il Grande premio della città di Berlino. La mostra presenta sia i suoi primi lavori surrealisti che i suoi successivi schizzi, oggetti, mobili, gioielli, poesie e costumi.  Il Design Museum Den Bosch ha la più grande collezione di opere di Meret Oppenheim nei Paesi Bassi, integrata da una serie di prestiti per la mostra.

 

Meret Oppenheim_Installation view Museum Design Den Bosch

 

Il percorso espositivo

La prima parte della mostra offre un’immagine di Meret Oppenheim attraverso una serie di ritratti fotografici e frammenti video in cui riflette sulla sua pratica artistica: celebre la serie di fotografie che Man Ray e Dora Maar scattarono alla giovane Meret, ma anche immagini inedite di lei in età più avanzata, che ne rivelano l’innegabile carisma che ne fece una musa.

L’idea di Oppenheim che non esista “arte maschile” o “arte femminile” e che l’arte sia androgina risuona in gran parte del suo lavoro: le donne, afferma l’artista, sono chiamate a condurre una vita in cui resistono all’oppressione e all’ oggettivazione di sé. Allo stesso tempo era contraria all’idea di “arte femminile” e alle mostre esclusivamente di opere femminili: considerava tali iniziative come antifemministe e si rifiutava di prendervi parte. Un altro aspetto sorprendente riguarda la sua capacità di spingersi ai confini tra le diverse discipline artistiche, rifiutando di essere incasellata in un unico stile: una scelta che la avvicina alla multidisciplinarietà di designer e artisti contemporanei e ne fa una vera pioniera, anche da un punto di vista filosofico.

 

Meret Oppenheim_Installation view Museum Design Den Bosch

 

La parte finale della mostra si concentra sui disegni di gioielli di Oppenheim: verso la fine degli anni ’70 l’artista incontra il gallerista di Amburgo Thomas Levy e insieme fecero realizzare per la prima volta alcuni dei modelli di gioielli da lei designati diversi decenni prima. Altri suoi disegni furono eseguiti dopo la sua morte, in accordo con le sue istruzioni originali. Il Design Museum Den Bosch ha non meno di trentatré gioielli e design di Oppenheim, che compaiono regolarmente nelle principali mostre internazionali: sono stati acquisiti da Yvònne Joris, direttore dal 1987 al 2009 di quello che allora era Het Kruithuis e poi diventato Design Museum Den Bosch. Joris è stata una pioniera nel campo della gioielleria artistica, che ha sempre goduto di un ruolo centrale nella sua poetica museale e nel suo programma di acquisti per la collezione permanente . Per sottolineare la rivalutazione del lavoro di Oppenheim e l’importanza di queste edizioni di gioielli d’artista il Design Museum Den Bosch ha realizzato un cortometraggio che racconta la collaborazione di Oppenheim con Thomas Levy e l’origine della collezione orafa.

Meret Oppenheim_Installation view Museum Design Den Bosch

 

Abbiamo rivolto alcune domande alla curatrice Adriënne Groen.

Qual è il concept al centro del percorso di mostra?

Meret Oppenheim (1913-1985) era una surrealista che non voleva essere definita surrealista. Una femminista a cui non piaceva “l’arte delle donne”. Famosa in tutto il mondo ma tormentata dalla sua fama. La mostra è un’esplorazione personale di Oppenheim e si accosta alla sua opera attraverso idee chiave che sono importanti per l’artista e che sono riconoscibili in tutta la sua produzione: la sua lotta creativa iniziale e la sua ritrovata fiducia, il suo impegno all’uguaglianza delle donne nelle arti e al suo rifiuto di essere incasellata da uno stile o una forma che le ha permesso di produrre un’opera in cui ha spinto i confini tra discipline artistiche, pratica del design e media.Questa inoltre è la prima volta che una mostra su Oppenheim presta particolare attenzione ai suoi gioielli e alla loro collocazione critica all’interno della sua intera opera.

Meret-Oppenheim-Tisch-mit-Vogelfusen-1939.-Collection-Galerie-Levy-Hamburg.-co-Pictoright-Amsterdam-2021

 

Qual è, secondo la tua visione, il principale contributo di Meret Oppenheim al Surrealismo e, più in generale, all’Arte del XX secolo?

Direi che la sua determinazione a ignorare le aspettative e i movimenti artistici consolidati e il modo in cui ha volutamente sfumato i confini tra le diverse discipline artistiche, anche se ci è voluto un po’ prima che il mondo (dell’arte) apprezzasse appieno la sua dedizione e la sua forte personalità. Fin da quando era una ragazzina in Svizzera cercava l’indipendenza artistica e personale e si rifiutava di scendere a compromessi. Ciò è illustrato anche dal suo rifiuto di conformarsi al ruolo tradizionale di moglie e madre (ha scelto di non avere figli) e dal suo punto di vista secondo cui l’arte non è maschile o femminile ma androgina. Secondo Meret, una vera espressione artistica nasce dalla fusione di qualità maschili e femminili che sono già presenti in ogni essere umano, ma nel tempo questa compresenza ha perso il suo equilibrio. “È stata sconvolta dall’essere divisa in due sessi in opposizione tra loro, e uno di loro ha sempre indiscusso vantaggio sull’altro”, ha affermato nel suo ormai celebre discorso dopo aver vinto il premio d’Arte di Basilea nel 1975. Meret sprona le donne: “La libertà non ti è stato data, devi afferrarla!” Per me queste parole risuonano ancora oggi con forza.

 

Claude-Le-Anh-portret-van-Meret-Oppenheim-in-papieren-jurk-1980.-CO-Pictoright-Amsterdam-2021

 

 

 C’è un’opera di Meret che preferisci e perché?

Durante le fasi iniziali della mia ricerca per questa mostra continuavo a riflettere su su un disegno in particolare. Si tratta di un bozzetto di Oppenheim realizzato nel 1935 che appartiene alla nostra collezione – una pagina A4 con annotazioni, appunti e piccoli schizzi nei dettagli di disegni di anelli e bracciali rivestiti con vari materiali (pelle, pelliccia, tessuto). Più tardi ha aggiunto una piccola nota, “questo braccialetto mi ha dato l’idea per la tazza, il piattino e il cucchiaio rivestiti di pelliccia” – che esemplifica pienamente l’importanza dei suoi disegni di gioielli nell’economia della sua intera opera, dal momento che un braccialetto che è stato l’ispirazione per il suo oggetto (e non viceversa), ora considerata una delle ‘icone del surrealismo’.

Meret Oppenheim, scketch, 1935, Collection Design-Museum-Den-Bosch

 

 

 

Cosa puoi raccontarci dei gioielli in particolare?

I gioielli e i relativi design inclusi nella mostra appartengono alla nostra collezione. Il Design Museum Den Bosch possiede la più grande collezione di opere di Oppenheim nei Paesi Bassi. Si compone di 33 pezzi di gioielleria e bozzetti (di design), che vengono spesso prestati ed esposti in importanti mostre internazionali. Questi oggetti e disegni sono stati acquisiti sotto la guida della nostra ex direttrice del museo Yvònne Joris. È stata una pioniera nei Paesi Bassi per i gioielli d’artista ed è stata la prima a includerli nella politica di esposizione e collezione di un museo.

Meret-Oppenheim, Tete dupoete, disegno 1966-1967, realizzazione 1977 , GEM Giancarlo Montebello, Collection Design-Museum-Den-Bosch

 

I disegni e gli schizzi di design sono stati realizzati a metà degli anni ’30, quando Oppenheim era alla ricerca di ulteriori fonti di reddito a Parigi. Questo non era raro: molti artisti dell’epoca cercarono di vendere i loro modelli a una delle tante case di moda della città, come Elsa Schiaparelli. Oppenheim è riuscita a vendere uno dei suoi progetti alla stravagante stilista surrealista. Tuttavia, i suoi altri modelli di gioielli non hanno mai avuto successo commerciale.

Meret-Oppenheim-senza titolo, design-1936-1937-realizzazione-2003, Collection Design-Museum-Den-Bosch

 

Per Oppenheim il metodo surrealista che presenteva  assurdità sconcertanti si adattava molto bene al mondo della moda ed era affascinata dalla possibilità che abbigliamento e gioielli potessero disturbare le convenzioni della moda e di chi li indossa. Ha disegnato una collana di ossa, una cintura a due braccia, un anello d’oro con una zolletta di zucchero al posto di un diamante (uno dei miei preferiti). C’è anche un anello con piccola “gabbia” d’oro che racchiude rubini nascosti e una collana con pendente contenente all’interno una mandibola di un cervo volante. Oltre ai gioielli, ha disegnato copricapi eccentrici che vanno da un cappello elegante per le donne sormontato da un’aureola a un muso di cane oltraggioso con una lingua di peluche che copre parte del viso di chi lo indossa. Ha anche disegnato “guanti da scheletro” (1936) – guanti in pelle nera con ossicini bianchi: è un perfetto esempio di un lavoro in cui Oppenheim spinge i confini tra interno ed esterno.

Meret-Oppenheim-senza titolo-design-1942-1945-realizzazione 1985, Collection Design-Museum-Den-Bosch

 

Quello che prima era nascosto ora viene svelato da un semplice gesto d’artista, come i gioielli che decorano un corpo. Questo disegno potrebbe anche essere considerato un precursore della famosa radiografia che si era fatta da sola. I suoi tratti sono scomparsi e gli unici punti di riconoscimento rimangono i suoi gioielli. Ha anche disegnato una collezione couture fatta di carta, che lei stessa descrive: “I vestiti di carta hanno il vantaggio di essere poco costosi. Li butti via dopo poco tempo. Quando hai “veri vestiti”, vuoi essere in grado di indossarli molte volte, ma un vestito davvero stravagante o stravagante è qualcosa che indosserai solo una volta. Ecco perché i modelli estremi dovrebbero essere fatti di carta…”.

 

Meret-Oppenheim-senza titolo design-1936-esecuzione-2003, Collection-Design-Museum-Den-Bosch

 

Negli anni ’70, Meret Oppenheim incontra il gallerista di Amburgo Thomas Levy e decidono di eseguire per la prima volta i suoi modelli di gioielli, tra cui la notevole spilla d’oro raffigurante una tavola imbandita per quattro e un anello con ingranaggi rotanti. Oppenheim originariamente progettò quest’ultima come una spilla composta da tre ingranaggi collegati ma decise di realizzarla come un anello. Una selezione degli altri suoi disegni è stata prodotta solo molto tempo dopo la morte dell’artista (nel 1985), seguendo accuratamente le indicazioni originali di Oppenheim. Questa collezione è stata realizzata in occasione di una mostra nel 2003, in occasione del suo novantesimo compleanno. Per evidenziare questo continuo interesse per il lavoro di Oppenheim e l’importanza del design di gioielli e delle edizioni successive abbiamo prodotto un  video per la mostra: per la prima volta, descrive dettagliatamente la storia della collaborazione di Oppenheim con Thomas Levy e la creazione di questi gioielli.

 

Per info

Museo del Design Den Bosch

fino al 5 settembre 2021

 

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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