Durante la settimana di Arte Fiera Bologna, nella prestigiosa sede del Palazzo dell’Archiginnasio, si è tenuta la mostra Sirene, collettiva di pittura ‘women only’, a cura di Rebecca Russo, Presidente della Fondazione Videoinsight®.
La mostra celebra il mondo femminile, valorizzando il talento e la creatività di artiste donne contemporanee che hanno trovato nella pittura un media di espressione maturo e articolato, attraverso il quale esprimere tutta la forza della loro poetica. Rebecca Russo, filantropa, mecenate, collezionista, sostiene da anni l’Arte delle donne in tutte le sue forme, e tuttavia rileva come, ancora oggi, le artiste donne facciano più fatica ad affermarsi e pertanto vadano supportate e rivalutate. L’esibizione si è focalizzata sul genio femminile, esplorando e omaggiando gli universi creativi delle donne. E’ frutto di un percorso naturale di collezionismo e studio che integra istinto e ricerca, e che la curatrice ha operato all’interno della ricchissima Collezione Videoinsight®, ponendo le opere in stretto dialogo con gli affreschi che rappresentano sulle pareti del Cubiculum Artistarum del Palazzo dell’Archiginnasio di Bologna le Arti Liberali e gli Elementi della Vita: Terra, Acqua, Aria e Fuoco. Dieci Artiste internazionali rappresentano metaforiche Sirene contemporanee: Silvia Argiolas, Cornelia Badelita, Romina Bassu, Zhang Hui, Silvia Idili, Ewa Juszkiewicz, Iva Lulashi, Tala Madani, Jesse Mockrin, Aryan Ozmaei.
Rebecca Russo spiega la genesi concettuale della mostra e la scelta del tema: esistono due versioni mitologiche di Sirene, quella antica, che le vede come donne – cigni piumati e quella medievale, che le vede come donne – pesci senza ali. Le prime incantano con la musica e il canto poetico, le seconde ammaliano con il corpo. Le Sirene sono creature leggendarie e misteriose, esseri mitologici, archetipi primordiali, enigmi irrisolti. Metafore dell’incanto e del desiderio, continuano da secoli a galleggiare nell’immaginario universale. Simboli arcaici, magici ed enigmatici, emblemi della bellezza, dell’attrattività e della pericolosità, racchiudono la complessità e la ricchezza di secoli di cultura. Come l’Arte: gesto divino, eterno, universale, che trasporta, provoca, rapisce. Sottolinea Rebecca Russo: “Il tema delle Sirene mi appartiene. Sono cresciuta nella Terra delle Sirenuse. La leggenda colloca l’Isola delle Sirene narrata da Omero in corrispondenza delle Isole Sirenuse, situate di fronte alla costiera amalfitana. Sin dall’infanzia ho vissuto in una casa ubicata sopra l’Hotel Le Sirenuse di Positano, ho imparato a nuotare nella Spiaggia dell’Incanto, ho subito la suggestione di queste isole denominate Gallo Lungo, La Rotonda e La Castelluccia. Ho frequentato le Sirenuse, isole magiche e affascinanti, ricoperte di erba e di narcisi, luoghi incantati e romantici, aree marine protette con una natura vergine, un vero Paradiso, il mio Paradiso segreto. Credevo che le Sirene esistessero, le sognavo a occhi aperti.” E aggiunge “La Sirena è metafora dell’energia archetipica femminile, della spinta pulsionale inconscia, nelle sue valenze sessuali e aggressive. Nella Sirena Eros e Thanatos coesistono e si contrappongono. La Sirena esprime erotismo e seduzione, ma anche aggressività, pulsione distruttiva, annientamento. Induce in tentazione. Le tentazioni sono sempre pericolose, mettono a rischio il sentimento di sicurezza e l’integrità dell’Io, rendono deboli, possono danneggiare. Spesso portano alla sofferenza e all’infelicità. La Sirena è sinonimo d’attrazione fatale, d’incantamento, di fantasia amorosa, di piacere, di trasgressione, di passione. Carismatica, incantatrice, brillante, non annoia, intriga. Appare fantastica, bellissima, ammaliante, perfetta, coinvolgente, ma è tormentata, inquieta, perseguitata dal senso d’impossibilità, dai sensi di colpa e di limite, dalle insicurezze cosmiche. La Sirena è il simbolo di ciò che attrae in modo irresistibile, dell’istinto e del desiderio non mediati dalla ragione, del fascino soggiogante, della soddisfazione pulsionale immediata. Le vittime delle Sirene sono prima stregate e catturate dall’avvincente, avventuroso e vittorioso canto, poi divorate, smarrite, lasciate cadere. La Sirena è per sua natura emblema del contrasto, del conflitto insolubile, essendo sia donna che pesce, né donna completa né pesce completo. E’ una creatura chimerica dalla doppia natura, ha una femminilità fatale e seduttiva, è un insieme indistinto di opposti, è ambivalente: promette amore e conoscenza, ma poi fa inabissare i naviganti. E’ una dolce tentazione, perche riporta a una dimensione primigenia dell’esistenza. Attrae l’uomo sessualmente e spiritualmente. Lo incanta e lo annega con un canto che è come un pianto.”
Particolarmente interessante accostarsi alla comprensione delle opere seguendo la prospettiva delle Sirene: per gentile concessione dell’autrice abbiamo qui riportato alcune riflessioni di Rebecca Russo tratte dal prezioso catalogo edito in occasione della mostra, che illustrano al meglio il senso del tema scelto e dei suoi significati più profondi.
Ewa Juszkiewicz (Gdansk, Polonia, 1984) rappresenta una dama dal volto coperto, che provoca, intriga, rapisce. Come un’ icona fatale e paradossale, accende il desiderio, meraviglia. Vive il passaggio e la subliminalità, apre le porte dell’ignoto, custodisce il limite.[…] E’ una figura metaforica che oltrepassa la conoscenza, una vergine affabulatoria: inafferrabile, divina, eterna, immortale. Vestita con un elegante abito ottocentesco, indossa una piuma e copre il suo volto. La piuma la connette con le antenate Sirene, metà donne e metà uccelli, dotate di ali e di piume, che abitavano Le Sirenuse.
Le Sirene rappresentate da Zhang Hui (Ynchuan, China, 1969) sono simili a bamboline, principesse, ninfe, maghe, muse ispiratrici. Il loro atteggiamento è ammiccante e vezzoso. Seducono con la voce e con il corpo, eroticamente. Avvolgono, illuminano, rapiscono. Il loro viso è ovale e grazioso, i loro occhi sono grandi, le loro labbra sono turgide, le loro pose sono sensuali. Sono ferite, mostrano un cerotto sulla fronte. Possiedono la bellezza e l’arte della seduzione. […] Come le Sirene sedute sugli scogli, si specchiano, manifestandosi a un pubblico maschile. Incantano gli uomini, stregano con il loro canto soave e limpido, con la loro voce dolcissima e melodiosa, con i loro corpi sinuosi. Imperturbabili, sviano, depistano, irretiscono.
Silvia Idili (Cagliari, Italia, 1982) rappresenta creature femminili vive e sensuali. Le sue Visionarie, come benefiche iniziatrici, creano profezie e svelano il futuro. Sono sapienti. Anticipano, promettono la conoscenza, profetizzano. Il loro sguardo supera il presente. Hanno un potere mantico: possiedono l’antica arte di divinare il tempo futuro interpretando segni, comportamenti, fenomeni naturali. Conoscono i segreti dell’Ade, custodiscono i misteri inaccessibili ai mortali. Sono simboli arcaici, magici ed enigmatici, racchiudono la complessità e la ricchezza di secoli di cultura. Oscillano tra avventura e sogno, realtà e fantasia, ragione e sentimento, coraggio e pericolo.[…] L’artista le concepisce secondo un esistenzialismo spirituale, una metafisica rinascimentale e allo stesso tempo contemporanea.Le sue creature sorprendono, incantano.Sono rituali, ipnotiche, magnetiche, rivelano l’inconscio.Integrano classicità e metafisica. Prive di connessioni con l’ambiente contingente, diventano archetipi arcaici, icone spirituali, trascendentali e oniriche. Evocano l’infinito, superano la realtà, stimolano la contemplazione.Le figure pittoriche impattano cromaticamente, invitando lo spettatore a interrogarsi sul senso dell’esistenza, a intraprendere una ricerca interiore. Le Visionarie, ritratti mitologici femminili, hanno i volti occultati da geometrie o teli, simboli di infrastrutture create dalla mente per nascondere la vera natura dell’essere. Il loro sguardo è interiore, è metafora della conoscenza. Le protagoniste guardano con l’occhio della mente, con l’occhio del cuore sognano profondamente. Guardano oltre, fuori e dentro l’inconscio. Invitano alla conoscenza di sé. Lo spettatore partecipa intimamente.
Cornelia Badelita (Radauti, Romania, 1982) attraverso un’azione di mimesi, d’imitazione e di ripetizione, raddoppia, triplica, moltiplica i soggetti pittorici ricercando la perfezione. Le Sirene sono doppie, triple, molteplici, sovrapposte, sia nell’aspetto che nell’indole. Il loro corpo, dotato di una bellezza perturbante, splendente e ambivalente, è doppio, come doppia è la loro natura. Si rispecchiano, si riflettono, si ripetono in una ritualità circolare. La coazione a ripetere realizzata dall’artista incuriosisce lo spettatore, interrogandolo sul senso e spiazzandolo nelle sue aspettative. Il background simbolico lascia emergere il non visto, ciò che sta dietro all’immagine. Il mistero della doppia natura dell’amore, del corpo e dell’anima, della materia e dello spirito, è un dualismo che nella Sirena è rappresentato perfettamente. Lei fuori dall’acqua non boccheggia e dentro non annega, appartiene a chi sa vivere la dualità e gli opposti con naturalezza. La doppia figura di bambina, vestita con abiti rinascimentali e ritratta con il suo cagnolino nell’atto di creare una bolla di sapone, può rappresentare la dimensione conscia e inconscia dell’essere umano, il lato manifesto e il lato latente dello psichismo, le istanze dell’Io e dell’Es sempre compresenti nella personalità. La seconda figura influenza la nostra percezione evocando il concetto dell’ombra.
Le figure femminili dipinte da Romina Bassu (Roma, Italia, 1982) risultano archetipiche, statiche, devitalizzate, sacrificate al loro apparire. Vivono in bilico, nel mezzo, in un eterno presente, in un fluviale panta rei. Con un look anni ‘50 sono stereotipate, nostalgiche, fantasmagoriche. Evadono dal contesto reale, vivono in un contesto atemporale. Sono ironiche, sarcastiche, quasi tragiche. Evocano la condizione della donna nel presente, attraverso la memoria individuale e collettiva del passato. Il volto dipinto, coperto da una maschera di colore, cancella l’individualità della loro persona. Il loro corpo perde il suo valore soggettivo, i suoi connotati distintivi, per divenire universale, simbolico. L’anonimato del volto stimola l’immedesimazione. L’identità femminile è condizionata dall’immaginazione maschile, plasmata e manipolata in un processo di silente idealizzazione.
Iva Lulashi (Tirana, Albania, 1988) rappresenta l’amore, la passione, in senso romantico ed erotico. Le sue figure, trasfigurazioni pittoriche di fotogrammi cinematografici, sono oniriche e fiabesche. Cavalieri e dame, principi e principesse, uomini e donne con costumi tradizionali si relazionano con passione all’aria aperta, nel contesto di una natura selvaggia. Raccontano miti e leggende, riti di passaggio e di iniziazione, eventi fantastici che rappresentano l’esaudimento dei desideri e delle pulsioni primordiali. Trasmettono libertà, mistero, seduzione. Incantano. Emozionano. Catturano lo sguardo. Sono intime, non collocabili in una cornice di riferimenti, dilatate, diluite, ambigue. Le loro identità non sono definite, ma nascoste. A causa della loro sfumatura diventano universali. Trasmettono tensione, energia vitale. Appaiono come sogni a causa degli indizi appena accennati, dei dettagli sfocati, delle situazioni imprecise. Sono approssimative, non retoriche, frammentate, creano un cortocircuito di significati. Non sono surreali, scaturiscono da una riflessione e dalla casualità legata all’incertezza. La componente narrativa nella pittura è evocata e allo stesso tempo annullata. Lo spettatore partecipa alla scena senza poter controllare la trama. L’ allusivo e subliminale immaginario di sensualità confluisce all’interno di un’atmosfera surreale, in cui la dissolvenza delle figure crea ambiguità visive e concettuali.
Tala Madani (Tehran, Iran, 1981), con stile morbido e giocoso, realizza una rappresentazione pittorica caustica, satirica e ironica di anonimi uomini. I protagonisti maschili sono tragici e comici, esseri primitivi e ignoranti, umiliati e collezionati al buio su un magico Albero di Natale.La scena è enigmatica e affascinante. Il potere maschile è ridicolizzato. Gli uomini sono resi impotenti, ridotti a oggetti decorativi. Hanno perso la loro forza e il loro valore, sono stati puniti per la loro debolezza, per la loro superficialità. Non sopravviveranno. Hanno sfidato le Sirene, ne sono usciti sconfitti. La scena è bizzarra, sadica, perversa, grottesca, ma anche comica, umoristica.La situazione rappresentata pittoricamente è assurda, irriverente, sorprende, spiazza.Gli uomini sembrano infantili, giocosi, ridicoli, ma non sofferenti. Sono nudi come bambini. Accettano il loro destino, emanano luce, energia. I colori sono brillanti, radianti. Illuminano il buio. Le pennellate sono fluide. Il dipinto è enigmatico, provocatorio, satirico, fa sorridere. Gli uomini perdono il loro status di eroi, diventano vittime. Lo sguardo dell’artista è divertito, dominante. Le Sirene omeriche collezionano vittime, naviganti attratti, prima ammaliati e poi divorati.
Jesse Mockrin (Silver Spring, Maryland, USA, 1981) crea una scena idiosincratica in stile manierista. L’artista attinge a fonti storiche, mitologiche, bibliche, ispirandosi a Rubens, Tiziano, Fragonard, Poussin. Il soggetto del dipinto – Lucrezia nell’atto di togliersi la vita dopo lo stupro per opera di Sesto Tarquinio – è rappresentato con uno stile inconfondibile, lussureggiante, ultraterreno, sembra anacronistico, nostalgicamente lussuoso, accattivante.Prende in prestito le ricche pieghe del broccato e le traboccanti composizioni della tradizione rococò e barocca. E’ immerso nel Romanticismo. Risulta famigliare, ma è tagliato in modo da non essere riconoscibile. Il taglio rende i frammenti del dipinto classico un’opera contemporanea. La sua figura mantiene una persistente ambiguità, rivela appunto un frammento, un momento di una storia molto più grande. Custodisce il mistero. Il ritaglio è importante nel limitare l’accesso all’intera narrativa, per focalizzare gli indizi. Il taglio appiattisce tutto, rende la tela quasi bidimensionale, limita la conoscenza, potenzia la fantasia, porta i dettagli in primo piano e crea uno spazio disorientante. Il passato è rievocato, riattualizzato. Il senso di mistero e di contraddittorietà pervade la scena. La prospettiva e le norme sono capovolte, il gesto è sradicato dalle intenzioni originali, allude a storie non raccontate, brilla nel crepuscolo perpetuo. […]Il lavoro di Mockrin risiede nello spazio oscuro in cui il tempo e la mitologia si scontrano. È un’eclissi perfetta. Lucrezia si rivela una Sirena contemporanea, perde la vita a causa dell’esperienza erotica con la figura maschile.
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