Per “In Memory of Kurt Cobain”, stasera 19 febbraio 2020 al Tortuga di Corso Belgio 18 a Torino, sarà proiettato il documentario “Cobain: Montage of Heck” di Brett Morgen. Il titolo del film, Montage of Heck, deve il suo nome ad un collage musicale fatto da Cobain con un registratore a cassette a 4 tracce nel 1988, del quale esistono due versioni; una da circa 36 minuti e l’altra da 8 minuti. A Morgen fu dato accesso senza limitazioni all’archivio personale di Cobain e della famiglia. Il documentario include materiale preso da varie performance dei Nirvana e brani inediti, filmini amatoriali, registrazioni, disegni, fotografie, giornali, nastri demo, e testi di canzoni. Durante la serata interventi di scrittori e artisti: Domenico Mungo, Ferruccio Gridelli, Mikele. Per l’occasione, Canale Arte presenta un testo critico-creativo sull’influenza dello stile “grunge” nell’arte figurativa del periodo.
Il gelo e la riabilitazione, per un abbraccio e un’intuizione, con echi da Kim Deal, William Burroughs, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Patti Smith, Andy Warhol, Neil Young, The Vaselines, Vitalogy, Pearl Jam, Leadbelly, Jim Carroll
La rabbia con il disagio – preindirizzato scomposto o risalito in risposta – fanno da sfondo alla rappresentazione: l’altare su cui si immola un’innocenza dolce, realizzata per sé in piena serenità, autocombattuta e suicidata su candida epidermide – una purezza labile, scalfibile in effetti da ogni angolazione. Volontà somma. Sopra, un maglione, morbido, la specie di ogni malattia dell’individuo, per inamidato limite: morbosità. Nella linea del tutto, a scorrere in avanti e indietro, il nastro della critica finale, marcata sul personale odio, nell’accesso odierno d’ira, nel colmo del depresso e molle spasmo: funzione liminale, stringente, acuta, gridante, spossante, totalizzante per radice cubica.
Nel cinema, le età e le generazioni-traino: lunghi corridoi già visti, orizzonti rapaci, distanze occidentali di conquiste e profeti pionieristici, fasti improvvisi di famiglie nelle feste comandate, solitudini da cameretta, violenze ritmiche in cassetta. Due ali d’angelo, a proteggere utero e intestino in visione globale, teletrasportata per VHS, incidentalmente l’ultimo vagito dello sforzo di condivisione: poi, sarà la serie indefinibile dei visibili risaputi, ordinabili sessuali, per raptus. Resto inevitabile del mistero, dove non si sa che cosa pensava – e chi – se non per cronaca: Vangelo nel difetto della medialità.
In letteratura: sporcizia e residuo, crolli di buone intenzioni per sfinimento, cibo in abbondanza e spreco per l’irruenza psicologica… se può avere o fare senso, minestra riscaldata dal diario delle aspettative esistenziali. L’esercito dei battuti, sulla strada, legittimava le sneakers ed i blue-jeans: col tempo, i conati dei poeti si sono rafforzati nell’elettrica catodica intrusione nel reale. Il resto, radio-tele-trasmissione.
Nell’arte: esposizioni-feticcio, dove il tramite fa da opera per incongruenza col quotidiano. La finalità dell’azione si sfalda. Nello sfascia-carrozze dei significati, si arma l’epifania. Per i musei: sale di appunti, disegni a biro, la vacanza dell’oro e dell’avorio. In cambio, oblio, supplenze: cari vecchi registri, cataloghi consunti, escrescenze mediche, bugiardini. Tumefazioni blu, per gli occhi. Labbra in fluorescenze da post-produzione. Le caramelle per lo spettacolo, oggi, donate e spacchettate dall’inizio. Con l’involucro, l’accenno al messaggio – diretto – pugno nello stomaco senza pareti, gancio al modello, ostia per il plotone dei restanti in trincea.
Nella musica: il suono-oggetto, il dolciume mistico, la panacea: l’ultima grande opportunità seriale della copertina, fiume caustico, e sacrosanto, dell’ironia.