E’ stata inaugurata nel Complesso Monumentale di San Francesco di Cuneo la mostra “Noi continuiamo l’evoluzione dell’arte” Arte informale dalla GAM di Torino, a cura di Riccardo Passoni, visibile gratuitamente sino al 20 gennaio 2019.
L’esposizione presenta una selezione di circa 60 opere di pittori e scultori italiani attivi nel secondo dopoguerra e nasce dalla collaborazione tra la la Fondazione CRC e la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, già partner per la la fortunata mostra “Io non amo la natura” dello scorso anno che, nello stesso luogo, illustrava il periodo pop. Il titolo della mostra è preso dal famoso incipit del Manifesto Blanco del 1946 scritto da Lucio Fontana: quest’ultimo, rivolgendosi agli studenti dell’accademia, sottolineava come il mutare fosse condizione essenziale dell’esistenza e questo dovesse coinvolgere anche l’Arte. Nel “cogliere l’energia propria della materia” Fontana tracciava una nuova via per la rappresentazione, svincolandola dall’immagine per conferirle un nuova autonomia: la materia stessa è il nuovo linguaggio, e così il gesto che le dà vita. Queste istanze erano in particolare fermento proprio all’inizio degli anni ‘50, quando dopo l’esperienza della Seconda Guerra Mondiale (che certamente ebbe un ruolo determinante sul piano emotivo) diversi artisti, in luoghi distanti tra loro (si pensi al fenomeno dei Gutai in Giappone, alla scuola di New York o ancora a Dubuffet a Parigi), sentirono l’esigenza di esprimere il proprio pensiero, la loro ribellione alla guerra e il ritorno all’arte superando il canone della rappresentazione figurativa. L’obbiettivo era tornare alla materia, al segno, al gesto, gli unici sentiti come autentica espressione. Nasceva così quella che venne definita, da un’espressione del critico francese Michel Tapié, l’arte da esercitarsi in maniera “informale”, che coinvolgeva parallelamente pittura e scultura, quest’ultima non scevra da un certo brutalismo che inevitabilmente rimandava alle tragiche esperienze di un recente passato.
Il percorso espositivo racconta questa straordinaria stagione e le diverse declinazioni in cui si espresse in Italia attraverso i principali protagonisti: da Alberto Burri a Lucio Fontana, da Carla Accardi a Giuseppe Capogrossi, da Ruggeri a Vedova a Paola Montalcini, passando per il Gruppo degli Otto (Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova) riuniti attorno al critico d’arte Lionello Venturi, ritornato in Italia dopo l’esilio in Francia: sarà proprio Venturi a circoscrivere criticamente la particolare attività svolta da questi artisti, decisi ad uscire dalla pastoie di un binomio ormai stretto tra realismo e astrattismo.
Lo spazio gioca in questa mostra un ruolo nodale: l’antico complesso di San Francesco di Cuneo costituisce di per sé un palcoscenico di grande suggestione, nella navata centrale come nelle cappelle laterali l’espressione pittorica e scultorea contemporanea dialoga proficuamente con l’architettura e il ricco apparato decorativo di stucchi, vetrate ed affreschi. Notevole era stato l’effetto per il pop di “Io non non amo la Natura”, grafismi e cromie esplodevano nel contesto gotico con grande effetto scenico.
Per questo secondo appuntamento la sorpresa è stata, se possibile, ancora più intensa: il contrasto tra antico e moderno si fonde in un messaggio diacronico, emerge con intensità il lirismo dell’arte informale; quest’ultima, nel contesto religioso testimone di secoli di fede, trova una nuova ragione e rafforza il proprio messaggio. Ne emerge una preghiera laica, un urlo dirompente eppure silenzioso che passa attraverso i rossi accecanti, i profondissimi neri, i graffi su tela, i nuovi alfabeti segnici di Capogrossi e Accardi, sino al gesto per eccellenza di Fontana. Di grande impatto i due Ruggeri e in particolare il baconiano dottor Carrion; notevoli i due Mattia Moreni (Colpo di vento, 1953 e Immagine in pericolo Moulin Rouge, 1960) nella prima cappella, così come il Burri in lamiera di ferro saldata proveniente dalla Fondazione Guido e Ettore De Fornaris e la scultura in bronzo dorato di Mastroianni (La nuvola, 1957) che gioca con le stuccature dei dipinti. Nel percorso viene data importanza anche ad una lettura geografica dell’arte informale attraverso i centri di Roma (Turcato, Scialoja) Torino (Spazzapan, Galvano, Pinot Gallizio) sino al cosiddetto informale padano (Chigine, Mandelli, Romiti e Bendini).
L’altare di San Francesco, con felice allestimento, è stato trasformato in un sacro giardino di sculture: Mirko Basaldella, Ettore Colla, Pietro Consagra, Nino Franchina, rimandano per lirismo e cromia al grande crocifisso in legno, supportando efficacemente la portata del messaggio cristiano: una umanità lacerata in cerca di nuove certezze, nuove risposte.
Il Complesso Monumentale di San Francesco è stato restaurato e restituito alla città nel 2011 grazie a un importante finanziamento della Fondazione CRC e ottimi sono i risultati in termini di affluenza e qualità espositiva: un luogo dove la lettura di opere già note può arricchirsi di nuove chiavi interpretative, un esercizio sempre utile nella costante “evoluzione dell’arte”, come ricorda Fontana.
Per info
Complesso Monumentale di San Francesco, Cuneo