L’arte ci serve per non morire di realtà. Questo il suggestivo titolo, preso in prestito da un celebre aforisma di Nietzsche, della personale con il quale l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino omaggia l’artista Carlo Guarienti, in mostra fino al 25 novembre.
L’esposizione, a cura di Paola Gribaudo, nota editor internazionale, figlia del Maestro Gribaudo, Accademico d’onore dell’Accademia Albertina e amica personale dell’artista, presenta circa 30 opere, realizzate dagli anni Cinquanta ad oggi: dipinti, disegni e sculture in bronzo, alcune inedite, che rivelano la sua poetica e la sua capacità di sperimentare nuove tecniche sia per quanto riguarda la fusione (alla cera persa – che non ama – sostituisce la cartapesta, più adatta a soluzioni formali scabre e scontornate) sia per la resa materica delle pitture, spesso lacerti di muro su cui interviene con tecnica mista.
Nato a Treviso nel 1923, Carlo Guarienti vive e lavora a Roma. Grazie all’esempio di un fratello della nonna che si diletta di scultura e dal quale eredita il forno, già dall’età di quattordici anni plasma le prime sculture, a venti già disegna e dipinge. Nel 1942 si reca a Firenze, dove realizza le prime incisioni. Nel 1946 torna a Treviso, dove realizza alcune delle opere più importanti della sua prima produzione e studia le antiche tecniche di pittura, in sintonia con la contemporanea ricerca di Giorgio de Chirico che conosce personalmente a Roma. Esordisce nel 1949, dopo una laurea in medicina, nell’ambito del gruppo ‘I pittori della realtà’. Il suo momento più espressivo è negli anni Settanta e Ottanta quando, divenuto pittore di geometrie, i temi ricorrenti sono solidi, linee, numeri, segnali stradali. La figura umana ritorna nelle sue ultime opere, corrosa, aspramente materica, metafisica nel suo giungere ad un punto ibrido tra bidimensionalità e tridimensionalità. Sculture simili a relitti del passato, preziose testimonianze archeologiche di una civiltà sconosciuta e recuperate dall’artista-demiurgo. L’opera scelta per il manifesto e la copertina del catalogo è un misterioso mezzo busto il cui volto è quasi completamente ricoperto da stracci bagnati, una scultura rugginosa, silente, il cui sguardo (e quindi il senso di temporalità) è a noi precluso.
Il concetto del Tempo è peraltro tema nodale nella poetica dell’artista, inteso come elemento relativo, nullo per la dimensione dell’Arte eppure dominante nelle nostre vite come presenza incalzante: l’aforisma “Il Tempo vola” campeggia sul dipinto donato dall’artista alla collezione permanente dell’Accademia incentrata sul ‘900.
Tra le opere esposte il bellissimo ritratto in bronzo della moglie Guia Calvi di Bergolo, legata fortemente alla città di Torino in quanto figlia di Jolanda di Savoia. Toccante il momento in cui, durante la conferenza stampa, il Maestro ha ringraziato la moglie per la pazienza con la quale, in tanti anni di matrimonio, ha atteso i tempi lunghi dell’artista, che vive in un mondo lontano dalle consuetudini del quotidiano, necessari tuttavia alla dimensione creativa. Questo vale sia per la pittura che per scultura; e proprio alla scultura l’artista confessa di essere intimamente legato e rinnova ai giovani artisti un prezioso monito: l’importanza del tempo (e della fatica) dell’esperienza in fonderia, senza delegare il lavoro ad altri attraverso disegni o bozzetti.
Nel catalogo, anch’esso a cura di Paola Gribaudo, un testo inedito di Gabriele Romeo e molte citazioni di autori che si sono occupati della sua arte: Pierre Klossowski, Marisa Volpi, Jean Leymarie, Giorgio de Chirico, Giuseppe Appella, Marco Vallora, Vittorio Sgarbi, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Andrée Chedid e Sebastiano Grasso, oltre a testimonianze scritte dello stesso Guarienti e alcune poesie inedite di Roberto Capuzzo. Come racconta Paola Gribaudo, che da più di dieci anni, unitamente al padre, auspicava una personale di Guarienti all’Accademia di Torino: “Conosco Carlo Guarienti dai primi anni Ottanta, quando abbiamo lavorato insieme alla pubblicazione della sua monografia nella collana diretta da mio padre per i Fabbri Editori. Era il 1985 quando uscì il testo di introduzione era uno scritto di Alberto Moravia, e quello critico era firmato da un giovane Vittorio Sgarbi”[…]”Grazie Carlo che a novantacinque anni hai ancora l’entusiasmo di creare, la voglia di dipingere e scolpire e di avere sempre nuovi progetti, non ultimo quello di scrivere le memorie di una vita che sarebbero una lectio magistralis per la storia dell’arte”.
Aggiunge il direttore dell’Accademia Salvo Bitonti “[…] E’ stato difficile scegliere le opere che compongono questa piccola ma illustre personale. Guarienti ha attraversato praticamente tutto il secolo scorso e sarebbe impossibile illustrare la complessità della sua arte nella sua interezza. Certamente Paola Gribaudo, l’artista e in piccola parte anche io, abbiamo tenuto conto della lezione metafisica di Guarienti che lo avvicina al sodale De Chirico, ma anche l’attenzione alla trasfigurazione dl corporeo figurativo, sia nei dipinti che nelle sculture. Non dimentichiamo che Guarienti si laureò in medicina e nel dopoguerra fu preparatore di anatomia artistica nelle accademie di belle arti. Ed insieme all’interesse per la psicoanalisi, questi dati possono essere indizi per meglio penetrare il suo enigmatico universo pittorico. L’opera Il Tempo vola, con il suo motto latino, con i segni della misurazione del Tempo quasi incisi su di un muro scrostato, anch’egli strumento del trascorrere della nostra esistenza, rimarrà per volontà dell’autore nella collezione del Novecento all’Albertina. Ma per l’Arte e il Tempo è irrisorio e l’arte di Guarienti la attraversa con eterna vitalità”.
Nel suo intervento critico in catalogo Gabriele Romeo, docente di fenomenologia delle arti contemporaneee all’Accademia Albertina, ricorda come “[…] nella pittura di Guarienti è palese riscontrare che non vi è volutamente una precisa nitidezza nel riempire cromaticamente “il corpo umano”, e risulta – laddove è raffigurato- appena abbozzato, trasfigurato, ritagliato tra la quiete dell’atmosfera suggestionante e l’ordine un po’ sbiadite di quelle architetture e geometrismi che compongono le scenografie delle ambientazioni pittoriche. […] Da un’attenta analisi sull’intero corpus artistico Guarienti risulta prendere ispirazione da due innesti fenomenologici: il mondo cinevisivo del Neorealismo di Federico Fellini (1920-1993) di cui era molto amico e, da artista plastico formatosi in Veneto, dal suo concittadino trevigiano Arturo Martini (1889-1947), ed essendo entrambi di Treviso la loro conoscenza e quella con Boccazzi e con Parise influenzò l’ambiente di quel periodo storico. Il nostro artista si rivela scrupoloso nel rendere intermittenti le superfici di quelle pelli crespe in quei bronzi prodotti tra gli anni ’90 e i primi anni Duemila”.
Per info
Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Torino
Via Accademia Albertina_Torino