L’arte contemporanea come fattore dinamico di trasformazione sociale. In conversazione con Anna Pironti, Responsabile Capo del Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli è un’eccellenza culturale didattica, formativa ed inclusiva. Un’esperienza che nasce con il Museo, attivando un’operazione di audience engagement straordinaria, portando anche il Museo nello spazio pubblico.
Qual è la storia del Dipartimento Educazione? Puoi raccontarcela in un breve excursus?
E’ una storia che si è sviluppata parallelamente a quella del museo e che nel 2017 ha compiuto 33 anni. Si tratta di un progetto che ho avuto l’onore e l’onere di guidare sin dal principio, con l’istituzione nel 1984 dell’“Ufficio Scuola”: inizialmente ero sola, per poi essere affiancata, qualche anno più tardi, da Paola Zanini. Come giovane studentessa dell’Accademia Albertina, Paola intendeva dedicare la sua Tesi di laurea al primo laboratorio didattico del Castello di Rivoli, punto di partenza di un percorso professionale appassionato che, insieme, ci ha portato in tutto il mondo, fino in Australia.
Negli anni, l’attività e di conseguenza la struttura del Dipartimento Educazione si sono ampliate molto, fino ad arrivare all’attuale team, un affiatato gruppo di persone provenienti da percorsi di studi differenti, dalla Facoltà di Architettura, dal DAMS, dalle Accademie di Belle Arti. Amiamo definirci “artenaute”: non insegnanti, ma viaggiatrici capaci di condurre altre persone insieme a noi nel percorso attraverso l’esperienza dell’arte.
La creazione di un Dipartimento Educazione contestualmente all’apertura del museo attesta l’importanza della funzione educativa nella mission istituzionale. Lavorare dentro e fuori dal museo è sempre stata una caratteristica essenziale della nostra attività: si cerca di essere inclusivi ed accoglienti per il pubblico in tutte le sue declinazioni – famiglie, insegnanti, ragazzi, bimbi, persone con disabilità, ciascuno con il proprio vissuto – in relazione al lavoro degli artisti ed alla programmazione museale, ma non solo. Riteniamo infatti che il museo non sia solo un luogo fisico, che contiene le opere, ma un dispositivo dinamico che si relaziona con il tempo presente e include il mondo in cui viviamo e le sue istanze.
Sin dalle origini, il nostro “Ufficio Scuola” muoveva i suoi primi passi sia all’interno che all’esterno del Museo, proponendo percorsi di visita al Castello di Rivoli ma anche progetti radicati nel territorio, attivando importanti collaborazioni e convenzioni con le scuole e con la città.
Il primo laboratorio sperimentale si è realizzato in una scuola nelle immediate vicinanze del Castello, il Quinto Circolo di Rivoli, con cui si è instaurato un rapporto saldo e continuativo: un progetto all’avanguardia per i tempi, durato 8 anni e che riguardava l’intero ciclo di studi, a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’ultimo anno di elementari.
Poi nel 1996 nasce il progetto Tappeto Volante nel quartiere San Salvario di Torino…
Il nostro rapporto con il territorio si è naturalmente ampliato negli anni, da Rivoli a Torino negli anni ‘90 sono nati dialoghi con la politica e nuove collaborazioni con altre scuole e istituzioni. Dall’incontro con gli insegnanti e gli educatori della Scuola dell’Infanzia Bay di S. Salvario è nato il progetto Tappeto Volante.
Siamo stati chiamati nel lontano 1996 dalle educatrici della scuola, dove il 70% degli alunni erano stranieri e il problema della comunicazione – i bambini tra loro, i bambini e gli insegnanti, gli insegnanti e le famiglie, le famiglie italiane e quelle straniere – si poneva in maniera molto forte. Abbiamo così accolto l’urgenza della scuola di adottare un metodo didattico innovativo ed efficace per favorire il dialogo e migliorare le relazioni tra le persone, pensando a costruire una nuova narrazione collettiva attraverso i mezzi e le pratiche dell’arte contemporanea.
Il Tappeto Volante si ispira all’oggetto d’uso quotidiano che, nella visione fiabesca, rimanda a un dispositivo leggero, volatile, capace di librarsi nell’aria per contenere desideri e sogni, configurando un inedito punto di vista, una nuova prospettiva. La metafora è indispensabile per ribaltare l’intera questione – il disagio sociale e i relativi vissuti – trasformando i limiti in possibilità, i punti deboli in elementi di forza.
Il tappeto è tessuto da intrecciare insieme, spazio, area circoscritta da occupare per trovarsi insieme in prossimità con l’altro da sé, il tappeto è anche testo e quindi narrazione, è simbolo di sperimentazione, un oggetto che si rinnova attraverso tecniche espressive differenti. In 21 anni di attività, il progetto ha contribuito alla valorizzazione dell’intero quartiere di San Salvario: dalla Scuola dell’Infanzia Municipale Bay è stato successivamente esteso a tutte le scuole della zona.
Nel 2017 il Dipartimento Educazione ha rappresentato l’Italia all’Arts Learning Festival di Melbourne in Australia, invito arrivato in seguito alla Ricerca svolta da Project Zero per la Harvard Graduate School of Education – Senior Director Prof. Howard Gardner, il celebre teorico delle Intelligenze multiple. Il Festival era finalizzato a riunire le migliori sperimentazioni pedagogiche di educazione all’arte a livello mondiale e proprio il progetto Tappeto Volante è stato individuato tra le best practice selezionate. Inoltre siamo già state invitate a tornare a Melbourne per partecipare all’edizione 2019 del Festival, segno di un primato internazionale che continuiamo a mantenere inalterato da anni, dal primo Congresso di Chicago The Arts and humanities as agents of social change nel 1996 passando per il Congresso Arte contemporàneo y educación di Salamanca, dal Festival Fi’Art per i 30 anni del Centre Pompidou alla collaborazione con il Louvre in occasione della retrospettiva dedicata a Michelangelo Pistoletto, passando per EVENTO Biennale di Bordeaux fino a New York per la presentazione del progetto Arte contemporanea in Lingua dei Segni.
Quali sono i punti salienti della vostra attività quotidiana? Quali gli obiettivi? Chi sono le Artenaute?
Il nostro obiettivo, nel quotidiano, è quello di rendere il museo accessibile a tutti, in linea con la mission istituzionale “promuovere e diffondere la conoscenza dell’arte e della cultura contemporanea”, al suo interno e nel territorio, che per noi è realmente un territorio senza confini in sintonia con la dimensione internazionale dell’arte del nostro tempo.
Nel lavoro al museo, partiamo dalla considerazione che il Castello di Rivoli non è solo un edificio che accoglie opere, ma è un luogo che costruisce senso e significato attorno ad esse. Da sempre la relazione tra spazio, luce, ambienti e opere, per contrasto o per affinità, è un tratto distintivo del museo, sin dai primissimi anni in cui Rudi Fuchs, il suo primo direttore, chiamò artisti del calibro di Joseph Beuys, Marina Abramovic, Jannis Kounellis, Lawrence Weiner, con l’idea di consegnare loro uno spazio, un luogo polisemico, in cui provare ad immaginare delle narrazioni contemporanee. Ciò che a noi interessa è dunque porre in evidenza queste suggestioni, che rendono il Castello di Rivoli un luogo unico al mondo.
Il lavoro del Dipartimento Educazione si orienta naturalmente su più livelli semantici: noi stiamo in ascolto, com-prendiamo, nel senso etimologico del termine, ovvero “prendiamo con noi” e restituiamo le esperienze attraverso nuove interazioni, percorsi, interventi, collaborazioni con enti, istituti, gruppi, persone, singoli individui. Ad esempio, per noi è molto significativa la formazione degli insegnanti, in accordo con il MIUR: il Dipartimento Educazione Castello di Rivoli è stato accreditato, unico tra i musei di arte contemporanea a livello nazionale, come ente di formazione per il personale della scuola. Gli incontri al museo ultimamente stanno riscuotendo un successo straordinario, al punto da rendere necessaria la programmazione di sempre nuove date. Ad ogni appuntamento partecipano centinaia di insegnanti, ogni volta un fiume di energia ci avvolge, restituendoci in modo tangibile ed entusiasmante il senso del nostro lavoro.
Ci definiamo Artenaute perché questa esperienza professionale è per noi un viaggio di conoscenza, non meno “pericoloso” di quello degli Argonauti o degli astronauti, alla scoperta di possibili nuovi mondi nell’arte. Il tema del viaggio, dal mito alla contemporaneità, è la rappresentazione simbolica e reale della conoscenza, dell’esperienza che arricchisce, della concreta possibilità di aprirsi alle esperienze che la vita propone. In questa linea di pensiero nasce l’Artenauta, il viaggiatore dell’arte, la persona che per passione o professione attraversa il mondo dell’arte nel tempo presente e non solo, per vivere un viaggio inteso come vita e conoscenza. Le Artenaute non guidano, ma costruiscono dialoghi con i visitatori del museo e li accompagnano camminando fianco a fianco.
Il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli è uno dei partner del network ZonArte, insieme ai Dipartimenti Educazione di altre realtà museali torinesi, quali, il PAV – Parco d’Arte Vivente, la GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, la Fondazione Merz ed in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e Cittadellarte Fondazione Pistoletto di Biella. Perchè avete pensato a ZonArte? Qual è la sua mission?
ZonArte è un network nato da un desiderio e da un’opportunità. Il desiderio era quello di cercare una modalità d’incontro e dialogo tra i diversi Dipartimenti Educazione museali, a livello cittadino e territoriale, grazie al sostegno della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT di Torino. L’opportunità si è realizzata nel 2010, nello spazio della Fondazione Merz reso disponibile per una settimana per accogliere la prima esperienza ZonArte: un intenso programma di sette giorni, frutto dell’interazione dei Dipartimenti Educazione, una settimana vissuta pienamente nello spazio fisico della Fondazione. Vennero presentati soprattutto lavori processuali che potessero coinvolgere pubblici eterogenei, scuole, insegnanti, professionisti, famiglie nel proprio tempo libero, abitanti del quartiere e semplici curiosi.
Fu in quella settimana che ZonArte iniziò a definire la sua mission, la creazione di uno spazio-tempo in cui il pubblico incontra l’arte. L’idea di “zona” è stata mutuata da Stalker, celebre pellicola del regista russo Tarkovskij, che nel 1979 descrive un lento e profondo viaggio catartico all’interno di uno spazio, la “zona” dove La Zona è la Zona, la Zona è la vita. ZonArte è sperimentazione , fisica, simbolica, metaforica. È quindi un progetto che esce dalla realtà del museo e si pone in dialogo con la vita delle persone, è una piattaforma nomade, che ogni anno si concretizza in spazi diversi, con declinazioni differenti, dalla relazione con gli artisti come Cesare Pietroiusti, per il progetto Opera Irraggiungibile con i giovani creativi, alla Summer School al Castello di Rivoli, dalla collaborazione con ARTISSIMA ai progetti interdisciplinari, come Metropolitan Art con Stalker Teatro, fino alla partecipazione a dOCUMENTA Kassel.
Particolarmente intensa è la collaborazione avviata con OGR, in occasione del Big Bang per la riapertura delle ex Officine Grandi Riparazioni di Torino, restituite alla città grazie all’impegno di Fondazione CRT. ZonArte ha proposto un intenso programma di attività aperte a tutti, un grande progetto che a partire dai più piccoli ha accolto i visitatori in un viaggio di scoperta all’interno delle OGR, in relazione alle opere di William Kentridge e di Patrick Tuttofuoco. Per il 2018 è previsto il nuovo programma Domeniche in festa, coordinato dal network ZonArte nell’ambito del Public Program di OGR e rivolto prevalentemente alle famiglie. Una domenica al mese dedicata all’incontro con l’arte contemporanea in un’atmosfera festosa e inclusiva, con temi diversi di mese in mese, che verrà inaugurato il 25 febbraio con Fuochi e Fiamme, nello straordinario spazio del Duomo dove, sulle pareti, la memoria del lavoro è diventata colore.
Durante l’edizione 2017 di Artissima avete presentato il Manuale di educazione all’arte contemporanea, pubblicato da Prinp – Editoria d’Arte 2.0, che riunisce tutti i progetti realizzati dal Network ZonArte durante i suoi 8 anni di vita. Sei contenta del risultato?
Si, siamo molto contenti, anche se naturalmente vorremmo raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi.
La progettualità del libro ci affascina molto, in particolare con la copertina abbiamo voluto esprimere l’idea di ribaltare l’alfabeto: un modo creativo per ripensare alla costruzione e alla decostruzione del linguaggio dell’arte che è l’oggetto del nostro lavoro, nell’essenza della pratica quotidiana. In sintesi la modalità che, attingendo alle potenzialità delle opere e agli elementi costitutivi quali forma, contenuti, materiali consente a piccoli e grandi di vivere pienamente l’esperienza dell’arte, negli spazi espositivi e nella pratica laboratoriale.
Abbiamo collaborato con Prinp Editore, con Dario Salani e con il grafico Roberto Necco in piena sintonia e l’esito è un oggetto davvero interessante e altrettanto fragile, un po’ come il nostro lavoro, che non si può mai connotare, né classificare, peraltro ancora in assenza di una precisa definizione normativa. Eppure, sempre spinti dalla passione e dall’amore per quello che facciamo, ci crediamo e continuiamo il nostro percorso.
Nel 2017 avete collaborato anche con ISMEL, Istituto per la Memoria e la Cultura del Lavoro, nella realizzazione del progetto Lavorare ad Arte. Pensate di proseguire questa collaborazione e in che modo? Quali i temi su cui vorreste condurre un approfondimento?
Il tema della memoria del lavoro, in questo momento storico è davvero un fatto civile irrinunciabile. La collaborazione con ISMEL, Istituto per la Memoria e la Cultura del Lavoro, presieduto da Giovanni Ferrero, fondatore e primo Presidente del Castello di Rivoli, è un piacere oltre che un onore che continueremo a sostenere anche nel 2018, incontrando artisti e protagonisti del lavoro in ambito artistico. Inoltre siamo stati coinvolti dal Direttore del Polo del ‘900, Alessandro Bollo, nel coordinamento della nuova programmazione del Polo del 900 OFF, volta a riqualificare lo spazio antistante i Quartieri Militari, creando nuove opportunità di incontro e confronto tra i giovani, il mondo del lavoro e l’arte contemporanea.
Quali sono i 3 termini che ti vengono in mente pensando al tuo lavoro?
La prima parola, davvero imprescindibile è passione, per l’arte, per la vita, per la gente.
Poi direi inclusione, perché è una qualità connaturata all’arte intesa come pratica sociale (l’arte implicitamente prevede un destinatario). Infine la parola viaggio, come percorso di conoscenza, de-locazione, immaginazione e crescita.
Il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea è diretto da Anna Pironti con Paola Zanini Project Manager, Barbara Rocci Coordinamento Segreteria, Brunella Manzardo Ufficio Stampa e Accessibilità, e con le Artenaute coop. AbIntra: Manuela Corvino, Valentina Ferrero, Rosarianna Seclì, Luisa Consolati, Valeria Mussano, Carmen Leon Marqueño, Emanuela Bartolini, Sara Rossino, Greta Zamboni, Elena Tortia, Lucia Bricco, Nemi Ferrara