Reporter ante litteram Carlo Bossoli fu pittore raffinato e attento testimone del suo tempo. Una bella mostra alla Fondazione Accorsi ne documenta la grande fortuna in parallelo alla fotografia a lui contemporanea, restituendo un prezioso spaccato dell’Ottocento.
Fino al 25 aprile la Fondazione Accorsi-Ometto propone una mostra che affianca sapientemente – e in modo inconsueto – pittura e fotografia e che restituisce uno spaccato della vita dell’Ottocento, un omaggio al XIX secolo e alla sua storia. La mostra, curata da Sergio Rebora con la collaborazione di Daniela Giordi per la sezione fotografica, affianca le opere di Carlo Bossoli alla fotografia storica tra il XIX e il XX secolo restituendo per immagini differenti aspetti (vita sociale, fatti bellici, costume e società, vita in villa) di un periodo che ha segnato profondamente la nostra identità nazionale e anche oggi scorgiamo nelle nostre città e financo nell’evoluzione del mostro modo di vivere.
Come ricorda nel bel saggio in catalogo Sergio Rebora: “Nel corso dell’Ottocento il dialogo – spesso il confronto – tra la pittura e la fotografi a ha mutato in profondità e in modo irreversibile il campo delle arti visive. In particolare le qualità insite nella nuova tecnica di rappresentazione, contraddistinta dalla rapidità esecutiva, dalla serialità del processo di riproduzione, dal moderato costo esecutivo e, non ultimo, dalla ineffabile precisione descrittiva hanno indotto l’immaginario collettivo del tempo a letture diverse della realtà e a elaborazioni concettuali conseguenti. Come è ben noto, i primi decenni di diffusione della fotografia, nata nel 1839, sono stati connotati dalla concomitanza operativa tra le due arti – o, se si vuole, tecniche di raffigurazione –, fattore che ha contribuito alla definizione di una visione verista del mondo, in primis del paesaggio, sia naturale che urbano, e della vita che in esso si svolge. Alcuni pittori sono stati, per certi versi, anticipatori di modalità direttamente inerenti alla nuova percezione del reale e del quotidiano che la fotografi a avrebbe poi interpretato; vedutisti da un lato e pittori di genere dall’altro, in una ripartizione a volte solo formale e contraddetta da molteplici e reciproche contaminazioni. […] In questa prospettiva il caso di Carlo Bossoli è particolarmente emblematico: determinante il suo ruolo di straordinario cronista del proprio tempo, svolto in parallelo con la nascita e la diffusione della fotografia in tutta Europa, come è stato evidenziato da una lunga tradizione di studi, condotti soprattutto sul territorio piemontese nel Novecento a opera di storici dell’arte di primissimo piano come Ada Peyrot, autrice del catalogo ragionato di Bossoli, Franca Dalmasso, Rosanna Maggio Serra e Pier Giorgio Dragone.
Carlo Bossoli, appartenente a una famiglia di origine svizzera trapiantata a Odessa, ha avuto una formazione d’artista – vedutista, scenografo, autore di ‘cosmorami’ panoramici, un genere particolarmente apprezzato all’epoca – sostanzialmente come autodidatta, maturando a contatto con esperienze diverse conosciute e frequentate negli anni giovanili, tra cui la tradizione della Scuola di Posillipo a Napoli. Dopo aver fatto ritorno in Canton Ticino, tra il 1843 e il 1853 il giovane pittore visse a Milano, dove ebbe modo di entrare nelle grazie dello stimolante milieu aristocratico lombardo degli anni della Restaurazione, che gli procurò molteplici commissioni. Durante la permanenza a Milano Bossoli poté inoltre immortalare gli eventi delle Cinque Giornate del marzo 1848 decidendo in seguito, non da ultimo per ragioni politiche, di trasferirsi a Torino dove visse fino alla morte, diventando uno dei pittori maggiormente ricercati dalla corte sabauda, che lo coinvolse nelle proprie politiche di propaganda.
Tra il 1852 e il 1854 il governo sardo lo incaricò infatti di raffigurare i luoghi toccati dalla rete delle allora avveniristiche infrastrutture ferroviarie inaugurate in Piemonte in quegli anni, immagini da cui fu poi tratta la celebre serie di litografi e intitolata Views on the Railway between Turin and Genoa, pubblicata a Londra nel 1853 (catt. 46-49). Nuovamente nella capitale inglese editò nel 1854 le sue Vedute della Crimea, contribuendo alla conoscenza del Paese su cui in quel momento storico erano appuntati gli occhi di tutta Europa. Fu poi al seguito delle truppe del re di Sardegna durante le campagne della seconda guerra d’indipendenza (1859-1861), incaricato da Eugenio di Savoia Carignano di documentare le vicende militari e i momenti ufficiali attraverso oltre cento composizioni a tempera, tecnica raffi nata del cui utilizzo l’artista era nel frattempo divenuto uno dei più accreditati e virtuosistici interpreti. Nello stesso arco di tempo Bossoli effettuò molteplici viaggi attraverso vari Paesi (Russia, Inghilterra, Scozia, Irlanda, Spagna, Marocco),
immortalando un repertorio cospicuo di motivi vedutistici e di scene colte dal vero. Onorato dalla patente di “pittore reale di storia” ricevuta nel 1862, trascorse gli ultimi anni di vita operando a Torino, nella suggestiva casa in stile moresco ubicata lungo le rive del Po (come si può vedere dalla bella opera in mostra) da lui stesso progettata e oggi non più esistente, almeno nelle bizzarre forme originarie.
Il percorso espositivo si snoda attraverso una novantina di opere, ripartite tra una cinquantina di dipinti e una quarantina di fotografie, e si avvale dell’apporto di nuclei collezionistici privati, in alcuni casi inediti, come quello appartenente alla Collezione Litta di Vedano al Lambro (Milano), e di prestigiosi prestiti di istituzioni pubbliche, tra cui il Museo del Risorgimento di Torino, la Galleria d’Arte Moderna di Torino, l’Archivio di Stato di Torino, il Museo Vincenzo Vela di Ligornetto, il Museo del Risorgimento di Milano e i Musei Civici di Varese. La prima sezione è dedicata alla quotidianità nei centri urbani della penisola italiana, con un’attenzione particolare per Torino, ritratta nelle sue piazze e nelle sue strade in momenti di svago e di festa, ma anche nelle attività lavorative di tutti i giorni. Tra le immagini della città si ritrovano piazza Castello, dominata dalla presenza di Palazzo Madama e dell’asse di via Nuova (poi via Roma), Piazza San Carlo e lo spazio allargato di piazza Vittorio Veneto. Anche la fotografia del tempo ha immortalato animate vedute cittadine e intensi momenti di quotidianità.
La seconda sezione riguardagli eventi politici e bellici di cui Bossoli è stato testimone: innanzitutto le drammatiche vicende delle Cinque Giornate di Milano del marzo 1848 e le campagne della seconda guerra d’Indipendenza che hanno portato all’unificazione d’Italia sotto la monarchia sabauda. Di ogni episodio, Bossoli delineò uno o più disegni, rielaborandoli, successivamente in studio, in composizioni a tempera: l’immagine riprodotta è pressoché contestuale o di poco successiva al momento della stesura dello schizzo grafico dal vero. Accanto a questo nucleo, estremamente suggestivo per la portata storica delle scene raffigurate, una serie di fotografie documenta la difesa della Repubblica Romana nel 1849 e la Guerra di Crimea sei anni più tardi. Quest’ultima fu oggetto della prima vera e propria campagna fotografica programmatica, in un primo tempo a opera di Roger Fenton, al seguito dell’esercito britannico e poi di due veri e propri “reporter di guerra”: James Robertson e Felice Beato.
Nella rappresentazione pittorica, come in quella fotografica, fanno inoltre il loro ingresso, nella terza sezione della mostra, le immagini delle nuove infrastrutture che recarono un notevole ammodernamento alla vita del Paese, come le ferrovie che videro il Piemonte sabaudo all’avanguardia.
Un documento estremamente prezioso è rappresentato, poi, dalla fotografia raffigurante un gruppo di persone in posa nel giardino della villa dell’ingegner Pietro Spurgazzi in occasione della inaugurazione della ferrovia che univa Torino a Caluso. Oltre al padrone di casa, ben riconoscibile per la sua caratteristica fisionomia, è lo scultore Vincenzo Vela che, come Bossoli, di cui era poco più giovane, aveva lasciato l’originario Canton Ticino trasferendosi prima a Milano e, dal 1852, a Torino dove era titolare della cattedra di scultura presso l’Accademia Albertina.
Nella quarta sezione sono presenti le immagini ispirate al tema dell’esotismo, centrale per la società e la cultura del diciannovesimo secolo. La produzione di vedute a tempera e a olio dedicate ai paesaggi russi, della Crimea, della Turchia e del Marocco si susseguì ininterrottamente al catalogo delle località europee visitate, immortalate e riprodotte in molteplici repliche da Bossoli grazie anche ai viaggi effettuati in Inghilterra, in Belgio e in Spagna. Dal punto di vista iconografico, le visioni di Istanbul, chiamata al tempo di Bossoli con il nome sognante di Costantinopoli, si affermarono sulle altre e raccolsero il consenso del mercatoAccanto alle tempere di Bossoli, sono presenti fotografie dell’Egitto e di altre località del Nord Africa.
L’ultima sezione si sofferma sulle vedute di ville e di giardini storici, una tipologia derivata anch’essa dalla tradizione vedutistica più nobile – si pensi a Magnasco e a Bellotto – e condivisa con altri maestri di questo genere e di cui Bossoli è stato il rappresentante più significativo. Spesso queste composizioni venivano concepite a pendant o in veri e propri cicli, come quello, per esempio, eseguito per la famiglia Litta Visconti Arese.
Per info:
CRONACHE DALL’OTTOCENTO
LA “VITA MODERNA” NELLE OPERE DI CARLO BOSSOLI E
NELLE FOTOGRAFIE DEL SUO TEMPO
Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, Torino
fino al 25 aprile 2021