Sarà visibile sino al 15 settembre presso Raffaella De Chirico Arte Contemporanea la personale di Andi Kacziba, (Ungheria, 1974). La mostra, dal titolo Turning (G)old, è curata da Angela Madesani e propone una riflessione sul passare del tempo, la percezione della propria immagine, la bellezza e l’ossessione della suo aspetto effimero e transitorio.
Abbiamo incontrato l’artista che ci ha raccontato la genesi della mostra: giunta in Italia nel 1997 per lavorare inizialmente come modella, si è dedicata successivamente all’arte e alla fotografia; nei suoi percorsi creativi si è da sempre (inevitabilmente) relazionata con il potere delle immagini e della bellezza come strumento comunicativo e questo è stato per lei un costante elemento di riflessione che l’ha portata a realizzare fotografie e installazioni performative. La trasformazione della donna, della sua bellezza, del suo corpo e della sua giovinezza come prodotto commerciale, il cui valore è misurato solo con il denaro, diverranno centrali nella sua ricerca artistica. A questo proposito ricorda una frase di una truccatrice, che un giorno, per farle un complimento e pronosticarle una grande carriera come modella, le disse “Il tuo viso vale oro!” Una frase che è sedimentata nella sua coscienza, tanto da riaffiorarle alla memoria nella sua seconda vita artistica, quella di fotografa e artista concettuale. Cosa significa “valere oro” e come non pensare che man mano che il tempo avanza questa frase perde valore? Come ritornare ad essere “d’oro”? E infine, come fermare l’immagine di se stesso allo specchio (potentissimo strumento di controllo ed elemento drammaturgico in molte culture, fiabe e racconti) senza ricorrere a strumenti esterni o, peggio, a compromessi morali alla Dorian Gray? Non a caso la curatrice Angela Madesani, nel testo che accompagna la mostra, sottolinea come le sue opere (in mostra anche al PwC di Milano dal 12 luglio al 15 settembre) suggeriscano un mondo fiabesco, dove trovano spazio specchi magici che rubano l’immagine (e alla bella principessa non è concesso invecchiare, pena trasformarsi in strega) e lunghe funi che aiutano a ritrovare la retta via.
La mostra si articola con una serie di opere –installazioni apparentemente slegate tra loro e tuttavia percorse da un chiaro fil rouge, materico e simbolico: le rughe come plica materica e trasformazione in essere. Segno d’espressione sul volto e dei segni del tempo sulla pelle, sono spesso nascoste, dissimulate: l’artista decide al contrario di sottolinearle, ne rivendica la presenza, (loro, così osteggiate dalla società che non le accetta e per questo, scaltramente, al centro di un grande commercio di creme miracolose e di interventi chirugici) con un materiale che invece è il simbolo dell’ opulenza: l’oro. Una serie di Polaroid di grande impatto propongono il volto dell’artista sempre nella medesima posizione frontale: l’artista ha inserito nelle sue rughe una mistura di colla vinavil e oro, affinché i segni del passaggio del tempo siano ancora più spietatamente evidenti. Con un’altra mistura collante ha impresso il suo volto e lo ha posto, come un affresco strappato, sotto lastre di vetro: impronta del tempo sul volto, trama indelebile e ossessione cristallizzata.
Non a caso è lo specchio altro totem concettuale, proposto qui in una serie di antichi specchi ovali, rotondi, a tre scomparti. Simbolo di vanità e di controllo che tuttavia inevitabilmente sfugge (quanto volte ci controlliamo nello specchio con la sottile e sconfortante sensazione che nulla possiamo fare di più di quello che è stato fatto per apparire più belli?). Su di essi l’artista ha inciso le proprie rughe colmando i solchi con l’oro, con un gioco curioso per lo spettatore che specchiandosi vedrà il proprio volto con le rughe di Andi. «Lo specchio richiama anche l’onnipresente selfie, croce e delizia del nostro tempo: mi fotografo e dunque sono», afferma la curatrice Madesani. In mostra infine anche alcuni arazzi, realizzati con materiali già utilizzati nella sua ricerca, come la juta e la corda, montati su telai di legno: l’effetto è straniante e rimanda a pelli raggrinzite, indurite dal tempo, forse segnate dal sole. Il futuro è l’unico luogo dove possiamo andare, e questo con i segni che il Tempo e le esperienze ci hanno regalato: se non si può tornare giovani, si possono tramutare i segni in oro, l’oro della consapevolezza, come il gioco di parole old-gold del titolo suggerisce.
Per Info
Raffaella De Chirico Arte Contemporanea
Via Della Rocca, 19 I Via Giolitti, 52 10123 – Torino
martedì – venerdì 15-19 e su appuntamento