Una mostra curiosa e raffinata quella dedicata alla partecipazione alla Biennale di Venezia del 1948 della collezione di Peggy Guggenheim, visitabile alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia sino al 25 novembre 2018.
Quest’anno ricorre il 70° anniversario dell’esposizione della collezione di Peggy Guggenheim alla XXIV Biennale di Venezia del 1948, ospitata presso il padiglione greco: la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, da un anno diretta da Karole P.B. Vail, (nipote di Peggy, per vent’anni ha fatto parte dello staff del Solomon R. Guggenheim Museum a New York) ha dunque pensato di celebrare questo avvenimento, nodale nella vita della grande collezionista americana quanto nella storia della Biennale d’Arte veneziana, attraverso una esposizione nella Project room a cura Gražina Subelytė, Assistant Curator del Peggy Guggenheim di Venezia. Un’esposizione emozionante per l’atmosfera che rievoca attraverso fotografie, documenti, lettere, giornali d’epoca e persino una maquette che per la prima volta ne ricostruisce, in maniera lenticolare e precisissima, gli spazi e l’allestimento originario del padiglione. Un allestimento che fu a cura di Peggy e del grande architetto Carlo Scarpa, che collaborò con la Biennale dal 1948 al 1972. In mostra anche alcune delle opere allora presenti, oggi parte della Collezione Peggy Guggenheim, insieme ad altre in seguito donate, quali Composizione n. 113 (1939) di Friedrich Vordemberge-Gildewart e Composizione (1936) di Jean Hélion, oggi nella collezione del Museo d’arte di Tel Aviv, e che dagli anni ’50 non sono mai più state esposte a Venezia.
L’opportunità di mostrare la propria collezione all’interno di un così prestigioso contesto viene narrata nel dettaglio da Peggy Guggenheim nella sua autobiografia “Una vita per l’arte”, a cui dedica un intero capitolo. “ […]Fu attraverso Santomaso che venni invitata ad esporre tutta la mia collezione alla XXIV Biennale di Venezia: lo aveva suggerito al segretario generale della Biennale, Rodolfo Pallucchini, e ci mettemmo d’accordo per sistemare i quadri nel Padiglione Greco, che era libero a causa della partecipazione dei greci alla guerra […] La mia mostra ebbe una risonanza enorme e il mio padiglione divenne uno dei più popolari della Biennale. Tutto ciò mi emozionava terribilmente, ma quel che mi piacque di più fu veder comparire nei prati dei giardini pubblici il nome Guggenheim accanto a quelli della Gran Bretagna, della Francia, dell’Olanda, dell’Austria, della Svizzera, della Polonia […] Mi sembrava di essere un nuovo paese europeo.”
Preziose dunque le fotografie che vedono Lionello Venturi, Carlo Scapa e Peggy Guggenheim sorridenti in mostra o una emozionata Peggy che accoglie all’ingresso il Presidente della Repubblica Italiana Luigi Einuadi. Nell’Italia del II Dopoguerra era la prima volta che una collezione privata di arte moderna veniva esposta al pubblico in Italia e fu anche la prima presentazione della collezione in Europa dopo l’esperienza di Art of this Century, la galleria aperta a New York dal 1942 al 1947 e il definitivo trasferimento di Peggy a Venezia.
Certamente esplosivo dovette essere l’effetto di una mostra ricca di ben 130 opere (le sculture più piccole venivano spesso spostate di posizione da Peggy) che presentava al pubblico europeo le avanguardie più recenti e gli artisti newyorkesi che avrebbero dominato la scena artistica dei decenni successivi: fanno riflettere e sorridere le recensioni dell’epoca che guardano con sospetto ad una arte “non-oggettiva”: “Guggenheim o l’arca di Noè”; “Spiacenti , abbiamo riso” i titoli apparsi sui giornali).
A fianco di Giacomo Balla, Gino Severini, Giorgio de Chirico e Massimo Campigli, la collezione (che aveva il merito di illustrare esempi di tutte le scuole artistiche, dal Cubismo al Futurismo, dal Dadaismo al Surrealismo, all’Espressionismo astratto) comprendeva soprattutto i nomi più rappresentativi dell’arte astratta e surrealista, quali Jean Arp, Costantin Brancusi, Alexander Calder, Max Ernst, Alberto Giacometti, Kazimir Malevich, Antoine Pevsner, senza dimenticare i molti artisti americani, da William Baziotes a Jackson Pollock, da Mark Rothko a Clyfford Still. Divertente l’episodio raccontata da Peggy nella sua autobiografia relativa alla visita del padiglione del grande storico dell’arte Bernard Berenson, che pur non essendo appassionato di arte moderna, parve apprezzare le opere di Max Ernst e di Pollok, le cui tele paragonava a grandi arazzi. I dipinti di Pollock non erano mai stati esposti al di fuori degli Stati Uniti ed erano quindi una novità assoluta per il pubblico italiano ed europeo.
Pare dunque particolarmente coerente che in concomitanza con il 70° anniversario dell’esposizione della collezione di Peggy Guggenheim alla Biennale di Venezia, nelle sale di Palazzo Venier dei Leoni (in attesa di ospitare una grande retrospettiva dedicata a Osvaldo Licini) siano esposte, per la prima volta negli ultimi vent’anni, tutte e undici le opere di Jackson Pollock, oggi appartenenti alla collezione. Cinque di queste erano in mostra nel Padiglione del ‘48.
Per info: Peggy Guggenheim Collection,
Dorsoduro, 701-704, Venezia