Incontriamo Cleto Munari, nell’anno in cui si celebrano i suoi 90 anni, nel suo grande studio al primo piano di un edificio neoclassico affacciato su uno splendido parco e sui tetti della “sua” Vicenza.
Dalla città del Palladio alla conquista del mondo: tutto qui, colorato e sorprendente, parla di Cleto come naturale estensione della sua persona, del suo essere creativo, eclettico, esteta, persino dandy (anche se non ama particolarmente questo aggettivo) con amici (spesso celebri) sparsi ai quattro angoli del globo, come testimoniano le molte fotografie. Un carisma indiscutibile che poggia su una bellezza d’aspetto che il tempo non ha scalfito, una ricercatezza nel vestire e una gentilezza di modi fuori dal comune che catturano senza scampo l’altro, uomo o donna che sia. “Golden boy” del made in Italy, Munari dagli anni ‘70 inizia un’incredibile cavalcata nel mondo del design internazionale con uno sguardo curioso e una capacità imprenditoriale che gli sono naturali ma sempre in anticipo sui tempi, da qui la sua fortuna: non c’è ambito che non abbia toccato con successo, argomento che non l’abbia affascinato e da cui abbia tratto oggetti strabilianti: mobili, argenti, posate, tappeti, lampade, sculture, vasi, pelletteria, occhiali, orologi, e poi ancora altri temi apparentemente più lontani, letteratura, architettura, persino una distilleria da cui ha tratto una grappa di successo… Tutto vissuto con un misto di umiltà ed energia inseguendo l’eccellenza, affiancandosi a nomi internazionali del design con cui lavorare in tandem per progetti inediti, cercando senza sosta la sperimentazione di forme e materiali per realizzare idee nuove e originali. La ricchezza della produzione artistica di Cleto Munari si declina così in un caleidoscopico universo che egli però riesce a mantenere coerente con una personalissima cifra stilistica dominata da una certa esuberanza di forme, temi e soluzioni.
Risale al 1982 la prima raccolta di argenti con oggetti disegnati da Gae Aulenti, Mario Bellini, Carlo Scarpa, Ettore Sottsass, Vico Magistretti, Hans Hollein, Alessandro Mendini e altri grandi artisti. La collezione, che conseguì un immediato successo, fu subito presentata al pubblico presso i più importati musei internazionali, e molti oggetti entrarono a far parte delle loro collezioni permanenti. Alla collezione argenti fece seguito, nel 1985, la collezione gioielli con circa 250 preziosi edizione limitata disegnati per lui da 16 architetti di fama mondiale, tra cui Meier, Sottsass, Bellini, De Lucchi, Portoghesi: ne nascerà una collezione che girerà tutto il mondo, contesa nuovamente dai grandi musei, e destinata ad una fama che perdura nel tempo: ancora oggi i gioielli sono ricercati nelle aste, dove hanno raggiunto quotazioni importanti, così come i gioielli che lo stesso Cleto realizza in prima persona, gli ultimi pochi anni fa, e tutti ispirati dalla moglie, musa di una vita.
Altrettanto famose e oggetto di acceso collezionismo le celebri posate realizzate su disegno di Carlo Scarpa, un maestro e un amico insostituibile al quale Cleto riconosce la propria formazione, avendolo seguito e osservato lavorare anche 10 ore al giorno dal 1973 al 1978: vicini di casa a Vicenza, Cleto individua nel grande architetto- con intelligenza – il mentore che può cambiare un’esistenza. Del 1987 è invece la collezione orologi. Realizzati in pochissimi esemplari, sono delle vere e proprie architetture in oro e diamanti da indossare, vantando la firma di quattro grandi architetti, ciascuno a rappresentare una diversa cultura: Ettore Sottsass per l’Italia, Hans Hollein per l’Europa, Michael Graves per gli Stati Uniti e Arata Isozaki per il Giappone; anche gli orologi sono destinati ad entrare ella collezione permanente del Metropolitan Museum of Art di New York.
Nel 1990 emerge la passione per l’arte vetraria muranese, che negli anni successivi porta alla realizzazione di varie vollezioni di vetri, nelle quali gli autori coinvolti furono invitati a sperimentare nuove forme raccolte in seguito nelle Collezioni “Micro Macro”, “Chromatic Transparencies”, “Corolle d’Autore”, e altre ancora. Nel 2004 fu il turno della collezione penne “The Five Pens”: un nuovo progetto culturale in cui Cleto Munari e altri quattro architetti, insieme a cinque “Premi Nobel della Letteratura”, si sono impegnati nella creazione di cinque penne stilografiche. Il libro, che accompagna ogni singola penna, racconta l’emozione, che ancor oggi i cinque Premi Nobel provano nello scrivere i loro manoscritti con quel piccolo tesoro tra le mani.
Nel 2009 Cleto edita la collezione Tappeti “Art Carpets: Cleto Munari and friends” nella quale sono raccolti circa trenta modelli di tappeti, tutti realizzati completamente a mano in Turchia utilizzando lana e seta, nel rispetto delle più antiche tradizioni manifatturiere. La Collezione dei tappeti è prodotta in edizione limitata di ventinove esemplari per modello.Il 2016 si rivela infine un anno di grande esplosione creativa per Cleto che torna, questa volta in prima persona, al mondo del gioiello. Si contano circa cento nuovi preziosi, alcuni dei quali presentati lo scorso anno a Torino presso la Casa d’Aste Sant’Agostino nell’ambito dell’incontro a lui dedicato da Vanessa Carioggia “Arte, design e passione: incontro con Cleto Munari”.
Instancabile e vulcanico, lo intervistiamo nel suo studio, di fronte ad una grande installazione dell’artista Marco Chiurato.
Partiamo dall’inizio…
La mia avventura inizia tardi, a 40 anni, con degli amici di Brescia che avevano acquisito un’azienda di peltro e che mi conivolgono come consulente. Ho incominciato a frequentare assiduamente Brescia e Milano e da subito mi sono interessato al mondo del design: conosco e frequento Sottsass Zanuso, Castiglioni, Caccia Dominioni, Vico Magistretti, Botta…
Dopo un anno ho lasciato l’azienda di peltro e ho fondato un’azienda col mio nome, Cleto Munari Forme Contemporanee, dedicandomi a oggetti con linee nuove, svelte: lì è stato l’inizio di tutto. Determinante è stato l’incontro a fine del 1972 con Carla Scarpa che è venuto a vivere a Vicenza: ha preso casa a Villa Valmarana ai Nani, un grande appartamento nelle ex scuderie, e io ho incominciato a frequentarlo assiduamente, guardandolo lavorare, accompagnandolo nei cantieri, spesso ospite a casa sua, diventando molto amico anche della moglie. È stato l’inizio di una grande amicizia proseguita fino alla sua morte, avvenuta in Giappone in seguito ad una caduta accidentale. Dopo 10 giorni all’ospedale inaspettatamente è morto, ricevendo dei funerali grandiosi in Giappone, dove era famosissimo…per me una figura paterna, ho pianto alla sua scomparsa.
Nel 1980 mi sono associato a Sottsass: in quegli anni avevo aperto degli studi a New York e a Hong Kong: ero Art Director per la produzione di molti oggetti di design di grandi architetti internazionali… un periodo in cui mi sono molto divertito, non puntavo molto all’aspetto economico quanto al divertimento che mi dava poter realizzare oggetti di design insieme a questi grandi creativi… dal 1977 al 1981 andavo anche sei volte all’anno a New York. I viaggi nella mia vita si sono rivelati fondamentali: Carlo Scarpa per primo mi aveva spinto ad andare giro per il mondo a conoscere di persona gli architetti e a visitare i loro studi, una sorta di gavetta porta a porta incredibile, un’esperienza irripetibile.
Ho poi vissuto un’esperienza molto simile nell’ambito della letteratura, quando, per realizzare le penne dedicate ai premi Nobel, sono andato a caccia di grandi nomi come Saramago, Toni Morrison, Dario Fo….con quest’ultimo abbiamo progettato anche dei tavoli…Tutto questo l’ho vissuto un po’come un cane sciolto, in America mi hanno definito un Maverick, un elemento fuori dal coro, anticonformista…
Tu come definiresti?
Io mi sento un editore, ma certo sono stato anche mecenate, e come creativo e art director in pochi anni ho bruciato molte tappe…se ci pensi ho iniziato nel 1978 e a metà anni ‘80 il Metropolitan di New York dedicava una grande mostra ai miei argenti!…Quando mi hanno chiamato dal museo pensavo si fossero sbagliati e cercassero Bruno Munari! Un grande successo negli States anche grazie ad un servizio su Vogue che mi aveva dato grande notorietà. La mostra sui gioielli d’architetti è stata ospitata in numerosi musei statunitensi: il volume curato da Barbara Radice edito da Rizzoli che accompagnava la mostra ha venduto 170.000 copie solo negli Usa! Le mostre con i miei oggetti hanno girato tutto il mondo…l’ultima, molto bella, MondoCleto, me l’ha dedicata la città di Vicenza due anni fa a Palazzo Chiericati.
E la tua famiglia?
Mi sono sposata tardi, ma mia moglie, di origine napoletana, mi è stata sempre molto vicina: è appassionata di letteratura, è una studiosa e scrittrice di talento, ha appena ultimato un libro su Dostoevskij. Devo a lei le ispirazioni per i gioielli che ho realizzato negli anni. Qui con me in studio godo invece della preziosa collaborazione di mio nipote Alessandro, ormai da molti anni.
Un episodio emblematico nella tua vita?
Certamente la storia che accompagna la nascita delle famose posate di Scarpa. Siamo nel 1972: le forchette in stile veneziano non sono molto comode, hanno 3 rebbi leggermente divergenti: un giorno, mangiando un piatto di piselli, me li rovescio sui pantaloni proprio perché la forchetta è inadatta; lo faccio notare a Scarpa e gli chiedo se può progettare lui un servizio di posate per la tavola. La questione, quasi una battuta, rimane in sospeso fino al 1977, ogni tanto ce lo ricordiamo ma rimane inevasa. Una mattina mi dice che finalmente ha riflettuto sulle posate: “bisogna avere un’idea, non si può fare su commissione”, mi dice. Realizza uno splendido disegno che mi dedica, mi precipito a cercare un bravo prototipista per realizzare un primo modello: dopo un mese glielo presento e come tutta risposta Scarpa prende in mano il prototipo e lo getta via non ritenendolo adeguato. Finché lo stesso Carlo Scarpa mi suggerisce di cercare una persona, un operaio addetto agli stampi con cui aveva lavorato vent’anni prima alla Montedison di Marghera, ma di cui non si ricordava il nome. Dopo una ricerca che ha avuto del romanzesco l’ho finalmente trovato, il signor Bullo, nel cuore di Venezia: ormai in pensione, non era molto deciso a collaborare: l’ho convinto inviandogli 12 bottiglia di Grappa Forte, prodotta da me da una distilleria che avevo rilevato…Un’altra idea nata a cena con Ferrari, Scarpa e Fini, l’industriale modenese, quasi per scommessa. Ho telefonato a Bullo tutti i giorni mentre ero all’estero, in Africa; finalmente mi dice che è pronto il prototipo della forchetta. Sono arrivato all’aeroporto, non sono neanche andato a casa, mi sono precipitato da lui e ho avuto la sorpresa di trovare i prototipi di tutte e tre le posate: Scarpa finalmente riconosce che sono perfette, quasi superiori alla sua idea: la forchetta a cinque rebbi e il coltello con la lama corta; per tagliare la carne non serve adoperare tutta la lama ma solo la sua estremità, diceva. Le abbiamo presentate da Cipriani alla Giudecca in una splendida serata di gala, in argento e in argento dorato, e persino in oro massiccio, materiale che ho sempre molto amato e che il grande architetto riconosceva come uno dei pochi che passa indenne i secoli. Le posate sono state prenotate subito da molte personalità del jet set internazionale, incluso Umberto Agnelli, e oggi sono collezionate da ben 77 musei di arte moderna e contemporanea in tutto il mondo. Forse il progetto a cui sono più legato, e anche uno degli ultimi realizzati da Scarpa prima della sua scomparsa… il più amato, insieme a quello che mi inventerò domani!
L’ultima idea realizzata?
Sto collaborando a molti progetti, dall’illuminazione al design di cucine, ma nell’ambito dei gioiello l’ultimo progetto è una spilla realizzata in edizione limitata di 99 esemplari e 4 d’autore per celebrare i 700 anni dalla morte di Dante: un’idea nata dal suo discendente, il conte Pieralvise Serego Alighieri, pronipote del sommo poeta e residente a Gargagnano in Valpolicella e disegnata dal mio grande amico Mimmo Paladino, progetto che io ho seguito in tutte le sue fasi: un oggetto molto bello, dominato dal profilo in oro di Dante che rimira le stelle, come nel celebre verso “…e quindi uscimmo a riveder le stelle, Inf. XXXIV, v.”
Cleto, ti propongo qualche domanda botta-risposta ispirata al famoso questionario di Proust…
Il tratto principale del mio carattere
Gentilezza e disponibilità
La qualità che apprezzo in un uomo
L’intelligenza
E in una donna?
Idem
Tra le donne della tua vita un ricordo speciale per chi?
Per mia moglie che ho inseguito per mari e per monti per molti anni!
Quale qualità devono avere i tuoi amici?
Purtroppo molti li ho persi, ma devo dire che ho sempre apprezzato la capacità di stare insieme, e il quoziente di intelligenza molto alto
La tua occupazione preferita quando non lavori
Disegnare e leggere
Il tuo sogno di felicità
Fare quello che faccio
Il tuo principale difetto
Sono permaloso
Un paese dove avresti voluto vivere
Ho girato molto il mondo e riparto sempre volentieri perché ho un’indole curiosa, ma torno a casa sempre con gioia
Un colore
Il rosso
Un fiore
La rosa
Un animale
Il gatto
Lo scrittore preferito
Saramago
Un pittore
Pollock, Rotckho, Picasso
Cosa detesti più di tutto?
L’ignoranza
Un talento che avresti voluto avere
Tante cose avrei voluto avere…
Il tuo stato d’animo attuale
Sempre tranquillo, sempre curioso
Un suggerimento per un creativo oggi…
Al giorno d’oggi temo ci sia poca creatività in giro, perché si è persa l’attitudine al disegno, alla manualità, si ricorre troppo ai programmi sul pc, non vedo più “geni della matita”.
Come è nato il tuo pugno, che hai scelto come simbolo del tuo mondo creativo?
La mano è il simbolo del fare, della forza della creatività.
Una lezione che hai imparato
Ho ancora tanto da imparare…
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