FUTURO. Arte e società dagli anni Sessanta a domani è il titolo della mostra a cura di Luca Beatrice e Walter Guadagnini che inaugura il prossimo 3 ottobre presso la sede delle Gallerie d’Italia di Vincenza, nello splendido Palazzo Leoni Montanari.

La celebre frase di Nietzsche “Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato” coglie pienamente il tema al centro del progetto espositivo dal 3 ottobre a Palazzo Montanari: da sempre una precisa idea di futuro influenza l’arte e la cultura, caratterizzando la società e i diversi momenti storici con visioni e promesse di un domani che si rivelano più o meno mantenute; visioni (o previsioni, talvolta preveggenze, talora utopie) che solo il Tempo è in grado di rileggere nella loro effettiva capacità di interpretare i dati a disposizione o nella radicale capacità di immaginare nuovi scenari. I due curatori analizzano questo fenomeno dagli anni ’60 ad oggi attingendo ad un ricco repertorio di opere e documenti fotografici: oltre novanta opere di artisti italiani e internazionali, Boccioni, Fontana, Christo, Boetti, Rotella, Warhol, Lichtenstein, Rauschenberg, Schifano, Hirst, provenienti da importanti collezioni private e dalla collezione Intesa Sanpaolo, e, a completare la narrazione, una serie di grandi immagini fotografiche dall’Archivio Publifoto Milano, parte della collezione Intesa Sanpaolo, che accompagnano la time-line dei singoli decenni e raccontano l’idea di futuro nella società, in particolare quella italiana.

Abbiamo chiesto al curatore della mostra, Luca Beatrice, qualche riflessione sul progetto.
Come è nata questa mostra?
La mostra si intitola Futuro. Arte e società dagli anni Sessanta a domani e riflette su come l’arte e la cultura in generale, da sempre, si interroghino su questo concetto, complesso e affascinante. Io e Walter Guadagnini, direttore di CAMERA, Centro Italiano per la Fotografia che con me cura la mostra, abbiamo voluto analizzare gli ultimi cinquant’anni attingendo all’arte visiva e al ricco archivio fotografico di Intesa San Paolo, prendendo come punto di partenza gli Anni ’60, ovvero un’ipotesi di futuro che all’epoca era il presente, per scorrere poi i decenni successivi fino ad oggi: gli anni ‘70 con la politica, gli anni ‘80 con il successo e l’idea di benessere generalizzato, gli anni ‘90 con la tecnologia e gli anni 2000 con il postumanesimo. Naturalmente più che risposte proviamo a porre nuovi interrogativi, così come da sempre è nella natura dell’Arte; in questo caso è stato ancora più complesso perché avremmo dovuto aprire questa mostra il 9 aprile, in piena emergenza sanitaria: alla luce di quello che è successo abbiamo dovuto ripensare in parte la mostra, rivedendo anche alcune riflessioni sul contemporaneo e sull’idea di futuro che ci attende.

Parlando di futuro, come cambierà il rapporto con i musei?
Dopo i primi tempi di sconcerto, i musei hanno provato a supplire con contenuti extra, facendo il possibile per mantenere un rapporto con il pubblico. Il museo tuttavia è pensato come un luogo dove recarsi fisicamente per vivere un’esperienza dal vivo, non basta trasferire il reale nel virtuale; da qui in poi bisognerà quindi ripensare le strategie museali non solo con visite virtuali, che di fatto già esistevano, ma con nuove modalità che si adattino davvero alle nuove esigenze, penso ad esempio alla prontezza con cui le Scuderie del Quirinale hanno saputo prolungare in maniera significativa gli orari della mostra su Raffaello, raddoppiando di fatto la possibilità di accesso, almeno per le ultime settimane di mostra, e ottenendo sempre il tutto esaurito. Non sarà un percorso semplice.
L’arte può anticipare il futuro?
Sì, agli artisti da sempre si chiede di fare un salto oltre l’ostacolo, di offrire nuove prospettive ma soprattutto nuove domande. Spesso i risultati sono davvero sorprendenti.

Il percorso espositivo della mostra, che proseguirà sino al 7 febbraio 2021, prende avvio con un prologo dedicato al Futurismo, la prima avanguardia europea che dal suo nome rivela la volontà di essere motore di cambiamento, con opere in mostra di Boccioni, Depero, Marussig, Zanini e con due parole chiave, ‘spazio’ e ‘tempo’: il primo visto con gli occhi di Fontana, Munari, Klein; il secondo con l’ironia di Baj e le intuizioni di artisti quali c.
Seguono cinque sezioni espositive che introducono altrettante visioni del futuro: gli anni Sessanta persuadono che ‘Il Futuro è il presente’, con un ottimismo che – malgrado lo spettro di un conflitto nucleare – conquista anche lo spazio sino a raggiungere la luna e porta a visioni dell’arte che vanno dallo Spazialismo all’arte cinetica, dalla Pop all’Op attraverso le opere di artisti come Rauschenberg, Rotella, Vasarely, Fioroni.
I Settanta accompagnano il visitatore nel concetto de ‘Il Futuro è il politico’, con parole quali ‘utopia’ e ‘rivoluzione’ e movimenti che spaziano dalla poesia visiva all’Arte Povera, dal femminismo all’arte militante, con opere di autori quali Christo, Indiana, Isgrò, Schifano, Tilson.
‘Il futuro è il successo’ accompagna il pubblico dagli anni Ottanta alla bolla speculativa, con la domanda ‘il mercato dell’arte conta più dell’arte?’ e opere tra gli altri di Hirst, Kruger, Rosenquist, Warhol, per entrare nei Novanta che introducono la tematica de ‘Il futuro è postumano’, con l’uomo che decide di trasformare se stesso partendo dal proprio corpo, e opere tra gli altri di Burson, Morimura, Skoglund fino ai modelli ‘transumani’ negli scatti di Vintiner.
La mostra si conclude con i grandi temi dei primi decenni del millennio: ‘Il futuro è ambiente’ e l’enorme sfida legata alla difesa del pianeta, con opere di artisti quali César, Eliasson, Gilardi, Lai, Najjar per arrivare all’oggi, entrato prepotentemente in un nuovo futuro da leggere nella sfera di cristallo del giovane artista Bufalini. E tutto ancora da scrivere.
Il catalogo della mostra è edito da Edizioni Gallerie d’Italia | Skira.
Per Info
FUTURO. Arte e società dagli anni Sessanta a domani
info@palazzomontanari.com
www.gallerieditalia.com