Dal 6 settembre fino al 20 gennaio 2019, al British Museum di Londra, la mostra “I object”, a cura del giornalista Ian Hislop
Il giornalista, storico e conduttore radiofonico Ian Hislop ha portato a termine una missione: trovare storie di dissenso, sovversione e satira nascoste nella vasta collezione del British Museum. Il risultato delle sue ricerche è confluito nella mostra “I object: Ian Hislop”, inaugurata il 6 settembre, che sarà possibile visitare al museo londinese fino al 20 gennaio 2019.
“Si tratta di uno sguardo nuovo alla collezione che evidenza un tesoro di dissenso sepolto in mezzo alla conformità – ha spiegato il curatore ospite, Ian Hislop. – A una prima osservazione il British Museum può sembrare un rinforzo, se non apertamente una celebrazione dell’autorità, dei governanti della storia e dei loro artefatti. Ma dalle antiche civiltà fino alla nostra, ci sono manufatti straordinari che testimoniano come qualcuno abbia messo in dubbio la versione ufficiale per realizzare una piccola, ma duratura protesta”.
Nell’esposizione sono inclusi oltre cento reperti, che mettono in discussione la versione ufficiale degli eventi e sfidano le narrazioni consolidate. Gli oggetti scelti da Hislop coprono un periodo di oltre tre millenni, dall’antica Mesopotamia del 1.300 a.C. fino alle elezioni presidenziali americane del 2016, dimostrando come gli essere umani hanno da sempre cercato di sovvertire e messo in discussione il concetto di autorità.
In veste di curatore ospite, tutti gli oggetti della mostra sono stati scelti personalmente da Ian Hislop, con il supporto del curatore del British Museum Tom Hockenhull. Il percorso si snoda quindi attraverso la collezione del museo, e tocca tutti gli angoli del globo, includendo oggetti di uso quotidiano insieme a opere d’arte finemente lavorate. Molti sono esposti per la prima volta e insieme sono la prova del potere degli oggetti, della loro capacità di trasmettere un messaggio sulla storia individuale e collettiva capace di andare contro quello tradizionale.
“Lavorare con Ian a questa affascinante esposizione è stato eccitante – ha raccontato Hartwig Fischer, direttore del British Museum. – Ian è uno dei più importanti scrittori satirici del paese e negli ultimi 30 anni si è scagliato contro l’establishment britannico come redattore del magazine Private Eye. Non c’era nessuno di più adatto e qualificato per aiutarci a trovare storie di dissenso nascoste nella collezione del museo. E in un periodo storico in cui le questioni politiche e sociali sono più fratturate che mai sottolineare l’importanza degli oggetti per mettere in discussione le versioni stabilite e consolidate è importantissimo”.
Alcuni dei reperti in mostra veicolano un messaggio chiaro, come la moneta di epoca edoardiana che è stata deturpata con lo slogan “Voto alle donne” da una suffragetta, oppure le stampe satiriche del XVIII secolo che ritraggono Giorgio, principe di Galles, il futuro re Giorgio IV, come un uomo rozzo e obeso che ama i banchetti, gli alcolici e le donne.
Per altri, invece, il significato non è chiaro alla prima occhiata, spesso perché sono stati prodotti in contesti nei quali mostrare forme di dissenso era pericoloso. Alcuni esempi sono la saliera d’argento realizzata durante il periodo della Riforma, che nasconde simboli dell’immaginario religioso cattolico, a dispetto della legislazione protestante dell’epoca che li aveva banditi; il tessuto in rafia della Repubblica democratica del Congo che sovverte l’immagine del leopardo rampante, simbolo del dittatore dello Zaire Mobutu Sese Seko; l’innocuo dipinto di due gufi, realizzato da un artista in risposta alle persecuzioni subite dopo che la sua opera precedente, un singolo gufo, era stata interpretata come precursore di sventura dai controllori della Rivoluzione culturale di Mao in Cina.
Insieme a questi, ci sono in mostra anche reperti che portano il dissenso ai limiti dell’ammissibile. È il caso della lampada a olio di epoca romana che raffigura una donna che si congiunge con un coccodrillo e che probabilmente allude alla regina Cleopatra d’Egitto, cercando di screditarla, oppure dello scheletro di cartapesta di un proprietario di fabbrica di fattura messicana. Durante il Dia de Muertos le autorità permettono infatti forme estreme di beffa.
Lo stesso British Museum non è del tutto estraneo a forme di censura, come dimostra uno dei punti salienti dell’esposizione, un pezzo dell’artista Banksy installato segretamente al museo nel 2005. L’opera burlesca, “Peckham Rock”, torna al British tredici anni dopo essere stata realizzata dall’anonimo street artist e aver passato tre giorni nella galleria, accanto alla sua falsa etichetta informativa. Restituita a Banksy poco dopo la sua scoperta, l’opera è stata inclusa nelle mostre dell’artista a Londra e Bristol, ma adesso torna nella sua casa originaria, con il benestare del British questa volta.
Ian Hislop ha selezionato anche oggetti che mostrano forme di dissenso espresse da movimenti contemporanei ed eventi che hanno campeggiato sulle pagine dei quotidiani di tutto il mondo negli ultimi anni. Uno dei più interessanti è un cappello rosa del movimento Pussyhat Project, acquisito dal British appositamente per la mostra, indossato durante la marcia femminista del 21 gennaio 2017 a Washington DC, organizzata per protestare contro la politica del neoeletto presidente Trump.
Un percorso espositivo che attraversa millenni di storia e di opere d’arte, portando alla scoperta di forme di dissenso e protesta più o meno evidenti, che da sempre hanno caratterizzato la società e l’essere umano.
I object – Ian Hislop’s search for dissent
6 settembre 2018 – 20 gennaio 2019
Tutti i giorni 10.00 – 17.30
Venerdì 10.00 – 21.00
Ultimo ingresso 80’ prima dell’orario di chiusura
Room 35, British Museum
Great Russell Street | Londra | WC1B 3DG