Inaugura giovedì 17 marzo la mostra di Ezio Gribaudo presso le sale della Pinacoteca Albertina, intitolata “La figura a nudo. Opere dal 1951 al 2015”. L’esposizione affronta uno specifico tema della produzione dell’artista torinese, importante ma fino ad oggi non sufficientemente approfondito: quello, per l’appunto, del nudo, di cui l’artista fornisce una originale interpretazione. A Ezio Gribaudo verrà consegnato il prestigioso Premio alla Carriera Lifetime Achievement dall’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles: ad aprile, in occasione della prossima mostra personale a Lubbock, in Texas
A cura di Edoardo Di Mauro
Le “figure a nudo”, coprendo un arco di tempo corrispondente alla carriera dell’artista, dal 1951 ai giorni nostri, confermano questa tesi. Come per tutto il resto, l’interpretazione che Gribaudo dà del nudo femminile è assolutamente non convenzionale. Il nudo è elemento centrale della storia dell’arte occidentale, dalla Grecia antica che vedeva nella perfezione del corpo scolpito, secondo Platone, il simbolo della atarassia e del congiungimento con il divino, questo tipo di rappresentazione ha sempre espresso l’anelito all’incrocio tra carnale e spirituale, corpo ed anima. A partire dalla fine dell’Ottocento e dall’avvento della stagione contemporanea, ma con significative anticipazioni durante il Manierismo e la successiva fase del Barocco, il corpo è stato interpretato in una dimensione espressionista, tema ripreso negli ultimi decenni e fino ai giorni nostri, da autori quali Francis Bacon, da Gribaudo frequentato, Lucian Freud e Jenny Saville, al di fuori di qualsiasi canone di bellezza ideale. Come si può notare con evidenza in un “Autoritratto” degli anni Cinquanta, in cui della fisionomia dell’artista affiora solo l’ombra del volto ed una traccia degli inconfondibili occhiali, Gribaudo non è interessato ad una rappresentazione classica dell’anatomia umana, ma piuttosto intende registrare gli indizi di un passaggio nel mondo, che forse è già stato e di nuovo sarà, in una sorta di incessante divenire che collega passato, presente e fa intravedere la possibilità di una dimensione futura. In mostra sarà presentata una ampia ma selezionata serie di dipinti, carte, ma anche piccole sculture, ad indicare una volta di più il positivo eclettismo dell’autore. Come sottolineato in una interessante presentazione di Loris Dadam, redatta per una recente antologica presso la Fondazione Amendola di Torino, “L’assenza dei volti non è casuale: l’indagine psicologica dei personaggi non interessa Gribaudo”. Affermazione del tutto condivisibile: nei nudi di Gribaudo il volto è appena accennato o del tutto assente, perchè il soggetto è frequentemente ritratto di spalle. Le bellezze femminili non fanno trapelare nulla di classico, pur nella sostanziale assenza di tentazioni espressioniste, si tratta di volti di donne comuni, talvolta non giovani o leggermente sfatte. I soggetti sono privati di qualsiasi esemplarità, diventando fuggevoli icone, che rimangono però impresse negli occhi e nella memoria proprio per questo. Questi corpi subiscono torsioni e vengono tracciati nelle loro linee forza, mettendo in risalto le volumetrie essenziali, al punto che talvolta le sagome paiono confondersi con rappresentazioni zoomorfe. Si tratta di una iconografia, come del resto tutta la produzione dell’artista, in bilico tra presenza ed assenza, tra immagine ed astrazione. Questa mostra permette di ammirare un lato non secondario dell’arte di un maestro dei nostri tempi.