Sarà visitabile sino al 2 marzo 2025 la mostra Giorgio de Chirico: 1924 alla Fondazione Accorsi Ometto.
L’esposizione, a cura di Victoria Noel-Johnson, vuole celebrare la figura del grande Maestro italiano ponendolo in relazione con un anno e un contesto storico del tutto particolare: il 1924, anno in cui venne pubblicato il Manifeste du surréalisme dal critico francese André Breton. Quest’anno, non a caso, molte sono le istituzioni in Italia e all’estero (il Centre Pompidou a Parigi, tra le più importanti) che celebrano il centenario del movimento surrealista, la cui nascita si fa coincidere proprio con la pubblicazione del manifesto programmatico. La Fondazione Accorsi-Ometto acutamente dedica una mostra al De Chirico degli anni ’20, ritenuto dallo stesso Breton precursore del Surrealismo. Nella fattispecie, prendendo in esame uno specifico arco temporale che va dal 1921 al 1928, la mostra è la prima esposizione a porre l’attenzione sugli eventi intorno al 1924, anno cruciale per la fondazione del movimento francese, per cui il pittore italiano assunse un ruolo fondamentale.
Il percorso di mostra intende evidenziare l’importanza del ruolo di de Chirico nella nascita e nello sviluppo del Surrealismo, nonché analizzare il suo complicato rapporto con André Breton, non sempre lineare, con il poeta francese Paul Éluard e sua moglie Gala (che poi sposò Salvador Dalì), di cui realizzò uno splendido ritratto oggi purtroppo perduto perchè perso nel bombardamento di Londra del 1940, dove si trovava nella collezione di Roland Pensore. Oltre settanta le opere in mostra tra cui una cinquantina di dipinti e opere su carta del maestro italiano (che si rivela essere un fantastico disegnatore) affiancate da una ventina di ritratti degli artisti, poeti e scrittori surrealisti (un fantastcio colpo d’occhio allestitivo nella prima sala), fotografati da Man Ray e Lee Miller, tutte provenienti da collezioni private o da importanti musei ed istituzioni, come la GNAM (Galleria Nazionale d’Arte Moderna) di Roma, il MART (Museo d’Arte Moderna di Rovereto e Trento) di Trento, l’Unicredit Art Collection di Milano, la Casa Museo Boschi Di Stefano di Milano, la Casa Museo Rodolfo Siviero di Firenze, il Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese di Roma, l’Istituto Matteucci di Viareggio, la Bibliotheca Hertziana – Istituto Max Planck di Roma e il Lee Miller Archives dell’East Sussex, UK.
Nella sezione documentaristica, grazie al prestigioso prestito della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet di Parigi, verrà inoltre esposto per la prima volta il carteggio de Chirico – Breton (1921-1925), inclusa la lettera del 1924, finora poco conosciuta, in cui l’artista propose di realizzare per Breton la prima replica di un’opera del periodo metafisico, quella de Le muse inquietanti del 1918. Breton, che scoprì la pittura metafisica di de Chirico nel 1916 a Parigi tramite il poeta-critico Guillaume Apollinaire, iniziò a corrispondere con l’artista alla fine del 1921, coinvolgendo poi il braccio destro del Surrealismo, Éluard, e sua moglie Gala. Tra il 1921 e il 1925, de Chirico scrisse loro oltre venticinque lettere e cartoline. Mentre de Chirico e gli Éluard si conobbero a Roma durante l’inverno del 1923-1924, Breton e de Chirico si incontrarono per la prima volta soltanto verso la fine dell’ottobre del 1924 a Parigi.
In quell’anno, si avviò un’intensa frequentazione, documentata dalla celebre foto di gruppo scattata da Man Ray al Bureau de recherches surréalistes (ottobre 1924), scattata pochi giorni dopo la pubblicazione del manifesto di Breton.Il rapporto tra de Chirico e il gruppo dei Surrealisti, segnato da una serie di collaborazioni professionali e di amicizia, si inasprì rapidamente nel corso del 1925, con una rottura definitiva nel 1926. Il culmine fu raggiunto con la dichiarazione pubblica di Breton secondo cui de Chirico era ‘morto’ artisticamente nel 1918. Per i Surrealisti, il suo improvviso cambiamento avvenutodal 1919 a favore del Classicismo e dei grandi maestri, era inspiegabile e inferiore rispetto al geniale splendore della sua prima pittura metafisica degli anni Dieci, una critica parzialmente spiegata da un vero e proprio conflitto di interessi: i Surrealisti erano proprietari dellamaggior parte delle opere dechirichiane del primo periodo metafisico (1910-1918). In realtà la sofisticazione intellettuale, l’eccellenza tecnica e l’innovazione creativa delle opere di de Chirico realizzate durante tale periodo (1921-1928), dimostrano l’esatto contrario da quanto articolato da Breton.
In tale ottica, il visitatore troverà in mostra una ricca selezione di opere compiute durante la permanenza del pittore in Italia tra Roma e Firenze (databili 1921- 1925), seguita dal suo secondo soggiorno parigino (databile tra la fine del 1925 e l’inizio del 1928). Nonostante lo sfondo di crescenti polemiche e critiche da parte dei Surrealisti, de Chirico continuò a realizzare nuove serie dai soggetti innovativi, come Mobili in una stanza, Cavalli in riva al mare, Gladiatori, Archeologhi e Trofei. Esempi presenti in mostra includono i magnifici Combattimento di gladiatori (Fin de combat), 1927 e Chevaux devant la mer (1927-1928). Come accertato, il pittore si accostò al Classicismo in maniera evidente dal 1919 al 1925: lo si evince dalla formidabile Lucrezia, 1921 circa, dall’Autoritratto con la madre, 1922, e dall’Autoritratto, 1925 – la prima opera dechirichiana acquistata dallo Stato Italiano – dai quali traspare evidente la sua conoscenza e il rispetto profondo per la pittura italiana del Quattrocento.
L’elemento della sua continuità dell’opera metafisica degli anni Dieci, da lungo denominata come una “metafisica continua”, è illustrata, ad esempio, da Natura morta con cocomero e corazza, 1922, L’aragosta (Natura morta con aragosta e calco), 1922. I Facitori di Trofei (1926-1928) dimostrano una chiara evoluzione del primo periodo metafisico di de Chirico, in cui convivono elementi del passato e del presente: figure antiche, frammenti di colonne, fiamme stilizzate, profili di cavalli, il timpano di un edificio classico, fusi insieme da tre personaggi- manichino intenti nella costruzione dell’iconico “totem-trofeo”. Inoltre, opere come Tempio in una stanza e La famiglia del pittore, entrambi del 1926, o Thèbes, 1928, illustrano lo sviluppo innovativo di certi temi e soggetti degli anni Dieci come gli ‘Interni ferraresi’ e i ‘Manichini’. Nonostante le polemiche dei Surrealisti, in primis quelle di Breton, questo avvicinamento al Classicismo non impedì al critico francese di commissionare a de Chirico delle repliche di opere del primo periodo metafisico, oppure a Paul e Gala Éluard di acquistarne altre con soggetto e stile più tradizionali, come Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino), 1923, e Ulisse (Autoritratto), 1924, entrambi esposti in mostra. La presenza di questi dipinti (già collezione Éluard) evidenzia la conflittualità tra la critica surrealista verso le opere degli anni Venti di de Chirico e tale realtà poco conosciuta.
Il catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, il catalogo bilingue (italiano/inglese) contiene testi inediti di studiosi internazionali, oltre 100 riproduzioni a colori, e una ricca elezione di documentazione archivistica.
PER INFO