Firouz Galdo, Attese, Luca Sossella Editore, 2012
Firouz Galdo: alle soglie di Arte e Architettura
Situato in un immaginario luogo di incontro tra saggio filosofico, libro d’artista e raccolta di citazioni, “Attese” di Firouz Galdo rappresenta una prova creativa in cui una serie di riferimenti può aprire percorsi di senso, porre domande radicali, stimolare la ricerca di soluzioni.
I concetti spaziali di Lucio Fontana informano, sotterraneamente, lo stile letterario dell’ultimo testo del recentemente scomparso architetto di origine iraniana Firouz Galdo. Tagli e varchi permettono sguardi al di là del mondo sensibile, inducendo l’autore a soffermarsi problematicamente sui rapporti tra filosofia, architettura, scultura e poesia. Le conseguenti incursioni all’interno di intervalli metafisici garantiscono, allo stesso tempo, una sospensione ideale ed il peso silenzioso del raccoglimento. Situato in un immaginario luogo di incontro tra saggio filosofico, libro d’artista e raccolta di citazioni, Attese rappresenta, soprattutto, una prova creativa in cui una serie di riferimenti può aprire percorsi di senso, porre domande radicali, ricercare soluzioni.
Il linguaggio risponde a una funzione espressiva, non strumentale: attraverso di esso, l’autore deve dare voce a spazi muti, luoghi di transizione, passaggi reali e virtuali.
Nessun confine assoluto deve essere varcato: piuttosto, nell’accezione di Walter Benjamin, si tratterà di soffermarsi sulla soglia per percepirne la portata temporale e analizzarne la funzione all’interno di un movimento del pensiero.
Si tratta di soppesare ogni possibile implicazione dell’evoluzione, proprio come in Ocean Without a Shore (2009), il video di Bill Viola preso in considerazione nelle prime pagine, in cui un cambiamento di stato è simboleggiato da un passaggio dal bianco e nero al colore. Trauma della nascita e fascino della scoperta emergono dalla messa in scena di un fenomeno fisico e, insieme, psichico. L’esperienza della mutazione è considerata come un’area intermedia, aspetto spesso inesplorato della vita umana, fondamento delle nostre modalità conoscitive.
A partire da queste premesse, l’autore introduce un discorso di rimandi tra le proprie sculture, prospettive architettoniche antiche e contemporanee e i versi del poeta Lucio Saffaro.
Presentate nel marzo 2012 al MAXXI di Roma, le opere di Firouz Galdo appaiono come solidi complementi destinati ad un discorso aleatorio, realizzazioni di sogni imprigionati nei soffusi momenti tra sonno e veglia. Figure umane sono sospese in cima ad alte strutture in legno, restano pensose di fronte a un arco e vengono rappresentate come sperdute all’interno di un labirinto di torri o come incasellate in moduli ricorrenti. Case, costruzioni, scalinate, tetti rimandano a una libertà di creazione che ha trovato linfa proprio nell’attesa sapiente, nel continuo lavoro di scavo e semplificazione su unità più complesse. Le figure di Firouz Galdo rappresentano luoghi di passaggio e di attesa in una visione urbanistica che recupera lo scorcio sommerso e libera la radice dell’intuizione da inutili orpelli.
Gli edifici presi in esame rimandano, negli stessi termini, ad archetipi della costruzione. L’intento sembra essere l’assolutizzazione di modelli da cui ripartire. Ritornando al concetto di architettura coma arte impropria, strettamente legata ad utilitarismo e tecnologia, Firouz Galdo ne ricerca la sacralità primordiale e ne esamina le ragioni essenziali. Protezione, alterità, spiritualità vengo recuperate come elementi strettamente legati all’aspetto di non-luogo del cammino di accesso. I grandi architravi di Stonehenge accolgono l’alba e il tramonto, rispecchiano il passare del tempo, incamerano il paesaggio stellare secondo modelli generatori di riti. Spirito e ritualità si incontrano in un complesso megalitico.
Il Museo di Castelvecchio di Verona dell’architetto Carlo Scarpa viene analizzato nella particolarità dei dettagli, effetti dell’invenzione dell’allestimento permanente. La riflessione sull’entrata sta nel posizionamento sovrastante della statua equestre di Cangrande, sospesa come un’estensione della finestra del terzo livello.
La Gagosian Gallery di Roma, del cui progetto di ristrutturazione proprio Galdo si era occupato nel 2007, viene considerata come una libera riflessione sul concetto architettonico di soglia. La sequenza delle sale è mantenuta sullo stesso asse di direzione, ma lo spettatore è costretto, durante la visita, ad affrontare numerose traslazioni, modificando la propria percezione.
I versi di Lucio Saffaro replicano in aforismi assorti le conclusioni dell’intero volume. Simulacri della ripetizione, le parole rientrano, proprio come gli amanti di una poesia di Rainer Maria Rilke, nella loro dimora e abitano ancora una volta le stesse mura, compiendo gli stessi antichi gesti di chi li aveva preceduti.