Ezio Gribaudo, Lumière Blanche, dal 23 aprile al 31 maggio 2014, Monaco, ARTHOUSE, a cura di Paola Gribaudo
Canale Arte propone un approfondimento sulla mostra Lumière Blanche di Ezio Gribaudo presso la nuova Galleria ARTHOUSE 21 di Vasily Klyukin a Monaco.
Vasily Klyukin ha inaugurato lo scorso 23 Aprile la Galleria ARTHOUSE a Monaco con un’esposizione personale di Ezio Gribaudo. In mostra, le ultime opere “bianco su bianco”, accompagnate dalla lettera in cui Giorgio De Chirico celebrava la leucofilia di Ezio Gribaudo, accostandola idealmente alla melanofilia di Tintoretto. Con i suoi logogrifi, nel 1966, Ezio Gribaudo vinceva il premio per la grafica alla Biennale di Venezia. Nell’occasione, Pierre Restany scriveva a proposito di questi lavori: “Il mondo di Ezio Gribaudo è il mondo della tipografia, dell’impressone, dell’edizione. Le matrici, i piombi, i clichés della fotoincisione si sono imposti a lui nella loro piena virtualità espressiva, come una fonte inesauribile di immagini poetiche e nuove… Ezio Gribaudo ha saputo ritrovare l’essenza di tutti i miti”.
Porre sulla tela le coordinate di un accecamento è azione scenica di grande coraggio. Un nuovo alfabeto potrebbe nascere e proliferare da questa geografia, fino ad amalgamarsi in drammaturgie sensibili, liberate dalle catene del pretesto letterario.
Il palco è, in questo caso, lo spazio di un quadro. Attori sono lettere e simboli, carte e disegni, algidi paesaggi: il loro destino non è la recitazione, ma il rilievo. La capacità di comunicare sta nella fisicità che il regista ha voluto donare loro, mettendoli – letteralmente – in scena, facendoli indugiare e fluttuare a filo della ribalta. Le prove sono state svolte in silenzio, nella penombra, dirette dalla mano dell’artista: unica testimonianza tattile della nascita dello spettacolo. La scenografia esige il bianco, il negativo degli occhi chiusi e della cecità. L’illuminazione colpisce in modo uniforme l’intera rappresentazione ed è intensa, abbagliante, perturbante. La vista debutta, come travagliato personaggio, proprio a teatro, luogo che da lei prende il nome. Gli spettatori vedono, in cruda luce, ciò che dovrebbero sentire sui polpastrelli e, allo stesso tempo, si concedono alla consistenza della visione. Nuove immagini sono create per loro, emerse dalla memoria dell’artista, arbitrarie e inquiete. Questi segni simulano la struttura della percezione, recitano la parte degli organi in un’anatomia della sensazione: i rami riversano linfa sulle foglie dei sensi, un drappeggio di carte scivola dalla scrivania, un giardino si risveglia nella magia di una nevicata.