
Sarà possibile visitare fino al 20 aprile alla galleria Sans Titre di Parigi la mostra Paysages, d’après la fin du monde, la personale del Maestro torinese Ezio Gribaudo, scomparso nel luglio 2022, realizzata in collaborazione con l’Archivio Gribaudo.
La galleria parigina è alla seconda mostra dell’artista dopo Dizionario delle forme, mostra con testo critico di Lou Vidal del 2022. Come suggerito dal poetico titolo, la mostra si focalizza su paesaggi che si sfaldano tra terra cielo e mare, in un gioco di colori terrosi e sfumati, linee sfuggenti, lampi di luce: luoghi che nascono dall’osservazione diretta del Maestro, instancabile viaggiatore, ma che sulla cart e sulla tela diventano luoghi della mente, spazi metafisici di pura poesia. Cieli e Atlanti hanno un avuto un ruolo nodale nella multiforme attività di Gribaudo: i Cieli nascono utilizzando gli inchiostri tipografici della stampa industriale, una sorta di ready made dagli esiti unici, imprevedibili, che rendono irrepetibile ogni opera. La serie degli Atlanti ricordano la grande passione di Gribaudo per i viaggi: l’Atlante del Marocco, che dà il nome alla serie, ma anche le rocce sacre dell’Australia e le montagne delle Hawaii, luoghi esplorati negli anni ’70, diventano, nello sguardo acuto dell’artista, luoghi di un personalissimo carnet de voyage metafisico, senza tempo, di grande suggestione, in cui il visitatore può leggere poesie per immagini.

La mostra è accompagnata da uno scritto dello scrittore francese Boris Bergmann dal titolo Breve trattato sulla contemplazione delle opere di Ezio Gribaudo: “Di fronte all’inesauribile atto creativo di Ezio è necessario un leggero upgrade. Sì, bisogna mettersi al suo livello, ma dall’interno. Bisogna calmare il senso del tempo, quasi il polso. E così: permettersi di vedere tutto, ascoltare tutto, inghiottire tutto, come se Ezio sapesse fare tutto. Segui la sua scia. Cambia – grazie a lui – di dimensione. Affronta le dimensioni dell’universo.Ezio aveva mille e una vita. Ha agito mille volte. Conosceva tutti i volti. Affamato di viaggi, oltrepassando i confini, ha percorso valli, fiumi, deserti, puntando sempre in alto: alle vette, ai cieli, a tutto ciò che bacia l’infinito sulla bocca. Ha riportato visioni dalle sue cacce. Intimità abbaglianti, meglio dei trofei. Colui la cui esistenza è andata così veloce, in modo così pieno, ha partorito un fulmine. Funziona come un tuono. Con tecniche in continua evoluzione – riflessi del suo appetito divorante, della sua infinita curiosità. Di fronte alla sua opera sorge una domanda. Come circoscrivere l’insaziabile? Come non perdersi nulla e percepirne tutta l’ampiezza? Una soluzione arriva, inevitabilmente. Per rintracciare Ezio dobbiamo rallentare. Darci tempo.
Perché Ezio ci supererà sempre nei gesti e nei riflessi. Quindi, pacificamente. Troviamo il tempo languido per rispondergli, la grande calma dell’osservazione. Ancora meglio: il respiro tenero e caldo della contemplazione. Ecco come farlo. Per prima cosa, prenditi la pausa più naturale del mondo. Di una semplicità infantile. Sedersi, sdraiarsi, alzarsi, appoggiarsi al muro, al calorifero o alla finestra, il più lontano o il più vicino possibile ai lavori. Esaurire lo spazio della galleria. Siediti lì come preferisci. Crea il tuo nido. Abbiamo messo lì delle panchine apposta. Per facilitare l’atterraggio. Stabilisci te stesso completamente. Rannicchiarsi.
Una volta preso posto davanti alle opere, lentamente, molto lentamente: apri un occhio. Poi l’altro, senza cercare di guardare, come se si stesse svegliando. Quando sei radicato a terra, inizia a cercare. Vedere come per sentire, per sentirsi meglio. Vedere senza limiti. I colori, il movimento della mano, le tattiche costantemente aggiornate, i tentativi. Tutto ciò che nasce da Ezio. Della sua capacità insolente di voler sempre creare e, incessantemente, di ricominciare. Tutto ciò che nasce dalla sua poesia.
Ci liberiamo. Come Ezio, vivere nel torrente. Attaccati ai suoi movimenti, al suo materiale. Tutto è nel lasciar andare, a scatti. C’è qualcosa di pacificante in questo lasciarsi trasportare. Come quando ti immergi nella grande calma di un oceano. Ci buttiamo da una cengia rumorosa o da una roccia arida ma dopo l’urto tutto si ferma. Tranne i nostri occhi che, mentre scrutano nuovamente la tela, accelerano, diventando sguardo. Andirivieni impercettibili e movimenti di danza plurali direttamente nell’allievo stesso. La galleria è scomparsa. Divenne un pezzo di cielo o di montagna, un luogo ancora instancabilmente attraversato dai passi di Ezio. Puoi passare ore a conoscere i suoi dipinti. Puoi anche leggere una pagina tra uno sguardo e l’altro, riposarti, sdraiarti di nuovo, rilassarti completamente, poi rimetterti in sesto e ritrovare il respiro.
Come gli esseri che girano il globo senza uscire dalla loro stanza, come i grandi geometri dei sogni, gli alpinisti alla ricerca dell’ascensione assoluta, Ezio sa donarsi dall’alto a chi, come lui, si dona al mondo. A tutto il mondo. Per accompagnare la contemplazione, un elenco di libri, disponibili in galleria, faciliterà la dolce fantasticheria suscitata dalle opere di Ezio: Il monte analogico, di René Daumal; Ka, di Roberto Calasso; Lo Zen nell’arte del tiro con l’arco, di Eugen Herrigel; Gravità e grazia, di Simone Weil; Fantasticherie di un camminatore solitario, di Jean-Jacques Rousseau; Viaggio nella mia stanza, di Xavier de Maistre. […]
PER INFO