Secondo appuntamento con il Progetto DOPPIA NICCHIA: lo spazio per l’arte al Barbagusto. Un Picnic Improvvisato di Davide Fasolo. Inaugurazione 25 febbraio, dalle 18 alle 20. Performance poetica dalle 19.
La struttura narrativa affonda le proprie radici nelle nostre vene. A domanda, risposta. Per ogni effetto, una causa plausibile. Ad ogni tuffo del sangue nel cuore, un battito ancora.
Il modo in cui l’albero delle storie germoglia in noi, tuttavia, risponde anche a ragioni casuali, dettate paradossalmente dalla stessa linea interna – biologica e atavica – prima che dalle consuetudini del nostro tempo.
Un giorno, una folata di vento scompigliò i capelli d’un uomo maturo. L’adulto, dopo anni d’assenza, tornava a rivedere la madre. Questa, ormai disillusa, non aspettava più il proprio figlio, ma l’ora del the, sua abitudine pomeridiana indeclinabile, generata dallo stillicidio di attese e preoccupazioni.
Di fronte alla finestra di casa, alla vista della figura materna, il coraggio del prodigo si congelò, sul volto zampillarono lacrime e il suo sguardo si volse al giardino, ricordo d’infanzia.
I fiori diversi, rose selvatiche, le siepi liberate da ideali confini, il ciliegio seccato, il legno della staccionata scurito e disfatto. Un pensiero di lui si perse a scrutare il paesaggio, lo sguardo rincorse il passato, mischiando memoria e presente, tentando di attingere tutto il possibile dall’orizzonte ormai guasto, per salvare ogni restaurabile margine del panorama, dei tanti rimpianti. Lo sguardo di lei, nel salotto immutato, persisteva fissamente a scandagliare il silenzio: un vizio innocente, l’infinito gomitolo della scansione minuta, in potenza: secondo al secondo.
La pittura è un’azione di scena, della quale il teatro è la vista: etimologia mista di gesto e visione. Meno didascalie si utilizzano, più il linguaggio si rinnova empaticamente. L’autore può reinventare un alfabeto, miscelando alla trama, di volta in volta, un’emozione.
Davide Fasolo pratica un’improvvisazione sulla fievole e persistente agonia della rappresentazione. Dove un racconto si perde, l’autore rintraccia l’ordito di un sogno, ritirando le fila da segno e colore, da una sfumatura in superficie, una profondità. Rianimatrice della traccia, questa particolare magia alchemica è apparentemente frammentaria, in quanto esercizio radicale dell’ironia. Affinché tutto l’impianto concettuale possibile si affranchi dall’utopia e si riappropri dell’esperienza, l’artista bandisce i non-luoghi, il bianco, il nero e la materia pura. La vita ritorna con vibrazioni, odori, suggestioni. Allo spettatore, l’invito a percepire bizzarramente, ex novo, il suono e il gusto della libertà: allestendo una colazione sull’erba o un picnic sul ciglio della strada, partendo risoluto per una passeggiata improvvisa.