Nell’ambito delle conversazioni con i direttori delle istituzioni culturali nazionali abbiamo incontrato Sara Fortunati, milanese, dal 2019 alla guida del Circolo del Design di Torino.
Dopo aver conseguito importanti esperienze nell’ambito del design e della ricerca, Sara ha fondato nel 2011 di “Operae. Independent design fair” con Paola Zini, oggi Presidente della Reggia della Venaria e direttrice dello IED di Torino, e ne ha seguito l’evoluzione in crescendo portando al successo la fiera nel corso delle sue 8 edizioni. In forza di questa sua capillare conoscenza delle realtà del territorio e delle relazioni costruite con interlocutori di respiro internazionale afferenti a questo specifico settore, è stata chiamata a dirigere il Circolo del Design di Torino, ente promosso e sostenuto da Compagnia di San Paolo, Camera di Commercio di Torino, Città di Torino, Cna e Unione Industriale di Torino: una creatura nata nel dicembre del 2015 a seguito del riconoscimento di Torino come città creativa UNESCO per il Design, unica italiana insieme ad altre 30 città di tutto il mondo.
Lo scorso 2 aprile, dalla precedente sede del Centro Congressi Torino Incontra, il Circolo ha inaugurato i nuovi spazi, 400 metri quadri al piano terra di palazzo Costa Carrù della Trinità, in via San Francesco da Paola 17. Un nuovo punto di riferimento cittadino che si propone come luogo di incontro, di comunicazione e scambio di esperienze di tutti i soggetti che gravitano intorno al design del territorio piemontese. Un polo di confronto con tutte quelle realtà, nazionali e internazionali, che fanno del design il proprio fiore all’occhiello. Uno spazio fisico (molto frequentato da studenti), dove far convergere tensioni progettuali, culturali e produttive, nuovi progetti e idee. Completa l’offerta la presenza di una biblioteca del design di 800 volumi e uno store con accurata selezione di prodotti.
La direttrice Sara Fortunati ci accoglie negli splendidi ambienti ricavati dalle antiche scuderie di Palazzo Costa Carrù, che ne mantengono intatto il fascino.
Sara, arrivi alla direzione del Circolo come naturale evoluzione delle tue esperienze pregresse, con un ricco bagaglio di contatti e conoscenze delle realtà del territorio e del mondo del design internazionale, puoi parlarci di questo tuo percorso, a partire dalla tua formazione?
Non sono né architetto né designer, come invece tutti pensano: sono laureata all’Università di Milano in Lettere e Filosofia con una tesi su Cultura e linguaggi comparati. Sono arrivata a Torino nel dicembre del 2006, innamorata della città, in quel momento al massimo dello splendore per le Olimpiadi. Ho mandato un curriculum al nascente comitato organizzatore Torino World design Capital: sono stata la prima assunta insieme al Direttore come responsabile della comunicazione e della promozione: avevo 28 anni! È stata un’esperienza incredibilmente formativa, Torino è stata la prima città ad essere designata world design capital: bisognava costruire un anno di programmazione, ma soprattutto inventare un modello. Da un lato dunque era necessaria una progettazione in termini di contenuti, appuntamenti, format, modalità di ingaggio del territorio, dall’altro ci si chiedeva di essere collettore delle entità del territorio mobilitate sul design e parimenti di aprirsi ad un sistema di relazioni nazionali e internazionali. In pochissimo tempo ho dovuto costruire una fitta rete di conoscenza nei diversi ambiti, aprendoci anche all’internazionalità.
Esaurita questa esperienza nel 2009 come hai proseguito?
Nel 2010, grazie anche all’incontro con l’Associazione Torino design week è scaturita la scintilla creativa che ha dato avvio all’idea di una fiera sull’autoproduzione, un tema allora ancora emergente e quasi inesplorato, mai affrontato in maniera strutturata nemmeno nell’ambito del Fuori Salone: è nata così la prima edizione di Operae, mostra mercato del design autoprodotto, presentata per la prima edizione in alcuni sedi nel centro di Torino, un progetto da subito appoggiato dalla Camera di Commercio di Torino. In otto anni Operae è cresciuta ad una velocità impressionante, cambiando sede più volte sino ad occupare un padiglione del Lingotto! Un progetto che è sempre stato anticipatorio nel cogliere nuove sfide progettuali, che ha avuto il coraggio di evolversi: nell’ultimo triennio è diventato Operae Indipendent Design Fair, spostando l’asse verso il design di ricerca e da collezione con curatori che ne seguivano i contenuti, rinnovando costantemente i nomi degli espositori, metà di questi internazionali, coinvolgendo gallerie di ricerca che si sono rivelate soggetti fondamentali per qualità di proposte: un panorama ampio, una pluralità di visione che ha richiamato un pubblico interessato, colto.
Arriviamo alla direzione del Circolo del Design nel 2019, ormai da quasi un anno nella nuova sede di Via San Francesco Da Paola: puoi farci un primo bilancio?
Dopo i primi tre anni in via Giolitti presso Torino Incontra, io arrivo per lavorare al nuovo progetto di Circolo del Design e aprire la nuova sede il 2 aprile 2019: l’accoglienza della città è stata incredibile, all’inaugurazione c’erano più di 1500 persone, un numero che, detto francamente, non mi aspettavo! L’aspetto importante, al di là del numero, è che era presente la comunità pulsante del design del territorio: professori delle università e accademie, studenti, professionisti, imprenditori, creativi, tutti accomunati dal desiderio di avere un luogo in cui riconoscersi, incontrarsi, confrontarsi. Il 2019 è stato un anno, ancorché sperimentale nell’attuare e verificare format differenti, ricco di soddisfazioni da più punti di vista: in 8 mesi abbiamo registrato un pubblico di oltre 10.000 persone, abbiamo perseguito uno sviluppo dei contenuti considerevole grazie alle numerose relazioni con il territorio, permettendoci di aprirci a diverse professionalità e a temi diversi: il design è inteso come cultura del progetto nel senso più ampio e noi ne abbiamo fatta una mission. Sul fronte delle mostre ci siamo occupati di relazione tra design e alto artigianato, di data visualization applicata alla quotidianità in termini di conoscenze e percezioni, di residenze d’artista, di design da collezione… E ancora, progetti per l’inclusione, ricordo a questo proposito la mostra Visioni Tangibili che ha raccontato il tema dell’accessibilità multisensoriale, esplorando le modalità con cui ciechi e ipovedenti entrano in relazione con il mondo della comunicazione visiva e del design.
Parlaci dei talk, che hanno un grandissimo seguito…
È stato molto interessante coinvolgere i designer, per il primo anno ci siamo focalizzati su case history italiani con nomi significativi come Zanellato e Bortotto, Giulio Iacchetti, Odoardo Fioravanti; per quanto riguarda le imprese abbiamo coinvolto realtà che hanno messo il design al centro della loro azienda: gli imprenditori ci hanno regalato racconti sentiti ed emozionanti della loro azienda, da Ferrino a Mattioli, dall’art director di Sambonet, designer che hanno fortemente segnato l’identità di questo territorio. Con il c.lab, unico laboratorio interateneo Politecnico/Università di Torino, abbiamo curato una serie di appuntamenti con professionisti di altri ambiti che contaminano le diverse discipline, dall’economia all’arte contemporanea; è stato il caso di Diann Bauer, artista visiva e cofondatrice di Laboria Cuboniks, che è venuta a parlarci di xenofemminismo, la corrente di pensiero che negli ultimi anni più ha indagato il rapporto tra politiche di genere e accelerazione tecnologica. In collaborazione con Hackability, abbiamo parlato di progetti innovazione sociale, invitando a parlare, tra gli altri, Orizzontale, collettivo di architetti di Roma che dal 2010 promuove progetti di spazi pubblici relazionali dando forma ad immagini di città dismesse o inedite e PUSH, laboratorio di design per l’innovazione sociale con sede a Palermo che progetta e realizza soluzioni per migliorare la qualità della vita nelle città e per salvaguardare l’ambiente.
Alla luce di quanto mi hai raccontato qual è il tratto distintivo del Circolo?
Sono convinta che il tratto distintivo, e a maggior ragione lo sarà per il 2020, sia proprio il doppio binario su cui lavoriamo, fortemente interconnesso: uno è la programmazione culturale di cui ho parlato; una programmazione che ci permette, nel coinvolgere soggetti molto diversi, di accrescere la consapevolezza e mantenere viva la rete concreta e reale tra coloro che si occupano di design sul nostro territorio. L’altro binario è un lavoro di collaborazione con gli enti e le istituzioni per andare a generare un impatto diretto sul sistema. Questo ci permette di agire in modo sistemico e concreto: un esempio su tutti il progetto Ask to design in collaborazione con la Camera di Commercio di Torino e con la partnership scientifica del Politecnico di Torino, progetto che sarà lanciato ufficialmente quest’anno dopo un primo esperimento pilota. Le piccole medie imprese che di fatto costituiscono la nervatura imprenditoriale della regione vengono messe in contatto con i designer: il Circolo diventa facilitatore di questo contatto, la collaborazione con il Politecnico permette di sviluppare un corso di formazione sull’utilità del design per l’impresa. Le aziende che approdano ad una piattaforma di incontro con i designer (lontana da essere una vetrina commerciale, tanto è vero che non è accessibile se non agli iscritti): un vero e proprio strumento di lavoro, in cui domanda e offerta si possono incontrare secondo criteri utili ad entrambi, proponendo brief a cui i designer possono rispondere. Uno strumento di crescita del territorio dal punto di vista del design e di come questo può applicarsi concretamente al mondo del lavoro.
Continueranno i mercoledì del design, appuntamento ormai imprescindibile nel calendario cittadino?
I mercoledì del Circolo restano un appuntamento molto amato che abbiamo fatto evolvere: due mercoledì al mese sono fissi, a questi si affiancheranno nuovi momenti di incontro. Nel 2020 inauguriamo i C, occasioni di approfondimento per esplorare il tema del progetto dal punto di vista dei designer e delle aziende. Una volta al mese, viene invitato un designer di rilevanza internazionale per un focus articolato in due giornate: il mercoledì una Lectio aperta a tutti, durante la quale il designer condivide storie ed esperienze del proprio percorso creativo; il giorno successivo, un momento di formazione riservato a professionisti, studenti e innovatori, diventa il momento per indagare tematiche specifiche e possibili percorsi di sviluppo insieme al designer. E ancora, una volta al mese verrà invitata un’azienda che durante un talk aperto al pubblico si racconta, per far conoscere l’esperienza personale e di impresa che sta dietro a cicli produttivi che orbitano intorno al mondo del progetto nello scenario italiano e internazionale.
Cosa auguri al Circolo del design per il suo prossimo futuro?
Auguro di continuare a lavorare su questo doppio binario a cui accennavo, mantenere l’attaccamento ai soggetti del territorio coltivando l’attenzione ai contenuti, diffondere la cultura del progetto, riuscire a farsi promotore di tutte le novità che abbiano bisogno di un luogo dove esprimersi, e parallelamente, ricoprire il ruolo di interlocutore al servizio delle istituzioni e delle fondazioni, per permettere lo sviluppo di opportunità professionali tra aziende e designer e la creazione di sistemi propri del design a servizio del territorio. Una sfida che mi rende felice.
Via San Francesco da Paola 17, Torino