Lo scorso marzo, in occasione della presentazione alla stampa delle XXVI Giornata FAI di Primavera, la Presidenza FAI Piemonte Valle d’Aosta Maria Cattaneo Leonetti ha organizzato la tavola rotonda sul tema “Rigenerare l’Italia attraverso la cultura”, presso il Circolo dei Lettori.
Sono intervenuti Antonella Parigi – Assessore Cultura e Turismo Regione Piemonte; Renato Saccone – Prefetto di Torino; Don Gianluca Popolla – Incaricato Regionale per i Beni Culturali Ecclesiastici; Gennaro Miccio – Segretario Regionale per il Piemonte del MIBACT; Viviana Vallet – Funzionario Soprintendenza Beni e Attività Culturali Regione Valle d’Aosta; Cristina Scalon Direttore Archivio Storico Ordine Mauriziano; Enrica Pagella – Direttore Musei Reali di Torino e Paolo Pejrone, Architetto Paesaggista e Consigliere Regionale FAI.
La tavola rotonda è stata fortemente voluta dalla signora Cattaneo, energica e trascinante Presidente Regionale FAI Piemonte e Valle d’Aosta. La incontriamo, insieme a Renata Forti Kalk della Delegazione FAI di Torino e Maria Luisa Villa, Referente Regionale per il Piemonte e la Valle d’Aosta, nel quartier generale di Via Gioilitti, sede della Presidenza Regionale e al contempo sede della Delegazione FAI di Torino (che conta 5.000 iscritti) dove, a parte una persona addetta alla segretaria in modo continuativo, le “forze lavoro” sono tutte rigorosamente volontarie.
Come funzionano le Delegazioni?
Quella di Torino è solo una delle 14 Delegazioni del Piemonte e Valle d’Aosta: la rete territoriale piemontese, che in origine aveva una Delegazione per ogni capoluogo di provincia, nel tempo si è allargata in modo significativo, per esempio solo nell’alessandrino ci sono le Delegazioni di Tortona, Alessandria, Novi Ligure. Ci sono poi i Gruppi Fai, che non hanno autonomia finanziaria ma partecipano attivamente alla vita della Delegazione, propongono iniziative e raccolgono dei fondi. Quando crescono in modo significativo, come il Gruppo della Val di Susa o quello di Novi Ligure, diventano a loro volta Delegazione e acquisiscono maggiore autonomia. La rete serve proprio a mantenere un equilibrio anche in termini di impegno e fare squadra tra le diverse forze distribuite sul territorio. Ogni Delegazione ha poi un’autonomia finanziaria e raccoglie fondi per le diverse attività.
Quali sono le attività principali a livello nazionale?
Annualmente abbiamo due grandi momenti istituzionali: la giornata FAI di Primavera e la giornata FAI di Autunno, totalmente affidata ai Giovani del FAI, che si occupano in prima persona di scegliere e di aprire i luoghi. La diffusione delle delegazioni sul territorio è molto importante, ad esempio se a Torino ci sono 5.000 iscritti che rappresentano sulla popolazione cittadina meno dell’1%, in realtà territoriali più piccole, come ad esempio a Casale Monferrato, ogni 100 abitanti più di 3 persone sono iscritte al FAI, e questo numero di assoluto riguardo allarga e diffonde la consapevolezza che il FAI è una Fondazione che valorizza e favorisce la conoscenza della nostra storia e del nostro patrimonio culturale.
Questa è la vera forza del FAI?
Sì, la nostra forza è proprio la capillarità, la diffusione sul territorio e la rete che viene attivata e costantemente mantenuta. Io sono sempre in contatto con la Presidenza nazionale: il FAI è una vera e propria industria culturale che ha circa 200 dipendenti (a fronte di 7000 volontari) che svolgono le scelte strategiche, la conservazione, la tutela e la manutenzione dei 53 beni del FAI, donati o affidati nel corso del tempo e gestiti in tutti i dettagli, dai custodi ai giardinieri, dagli aspetti amministrativi a quelli legali. Ricordo che gli introiti degli ingressi riescono a coprire l’85 % dei costi di gestione dei beni, pur considerando che i tesserati, a fronte di una iscrizione di 39 euro, entrano gratis tutto l’anno. Poi c’è la grande, insostituibile rete dei volontari: ogni regione ha un Referente Regionale che è il trait d’union con il responsabile nazionale dei vari settori di intervento, dall’organizzazione degli eventi ai contatti con le scuole.
Quando nel 1993 si svolse la prima edizione delle Giornate FAI di Primavera era auspicabile ma non era assolutamente scontato che le giornate sarebbero diventate uno degli appuntamenti più importanti del panorama culturale italiano. Come sono andate quest’anno qui a Torino, con la straordinaria apertura del Palazzo della Prefettura in Piazza Castello?
La giornata FAI di Primavera anche quest’anno ha avuto davvero un ottimo riscontro sia a livello di afflusso dei visitatori che di conoscenza di nuovi luoghi, come ben dimostrano i risultati in termini numerici. Dal nostro punto di vista la grande soddisfazione è il sempre maggiore coinvolgimento dei ragazzi nell’ambito del progetto “Apprendisti Ciceroni®”: oggi sono le scuole stesse che ci chiedono di aderire al progetto, considerato un’opportunità preziosa per i ragazzi per fare un’esperienza unica nel suo genere. Apprendisti Ciceroni® è un progetto di formazione nato nel 1996 e cresciuto negli anni, fino ad arrivare a coinvolgere oltre 35.000 studenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Quali sono le finalità ultime di questo coinvolgimento?
Le finalità del progetto sono quelle di sensibilizzare i giovani alla “presa in carico” del patrimonio culturale, storico e artistico, ampliare la consapevolezza intorno alle tematiche legate alla gestione di un Bene d’Arte e integrare conoscenze teoriche con una esperienza pratica altamente formativa. Grazie alla collaborazione dei gruppi di volontari attivi sul territorio gli studenti hanno l’occasione di studiare un bene d’arte o natura e di fare da Ciceroni illustrandolo a un pubblico di adulti o di coetanei, sentendosi così direttamente coinvolti nella vita sociale, culturale ed economica della comunità. Quest’anno avevamo due scuole superiori ad indirizzo turistico: i ragazzi si sono lanciati in questa avventura anche grazie all’entusiasmo del professore che li ha accompagnati in questo percorso. Noi naturalmente forniamo sempre gli strumenti adeguati alla preparazione avvalendoci della collaborazione di storici dell’arte a supporto del momento formativo e realizziamo diverse guide preparatorie per metterli a loro agio e renderli “operativi”. A conclusione dell’esperienza, le scuole ci hanno inviato una splendida lettera di ringraziamento. Tra l’altro proprio presso il Palazzo della Prefettura il laboratorio di restauro del Centro di Restauro della Venaria ha mandato alcuni suoi allievi con l’insegnante: hanno lavorato “in presa diretta” sulla pulitura di un dipinto della Prefettura, proprio nelle sale del percorso di visita. I ragazzi sono stati molto incuriositi e noi ci auguriamo che possa essere anche un suggerimento nella scelta di una futura professione.
Quanto tempo vi serve per organizzare le giornate FAI?
Praticamente un anno! Abbiamo già iniziato a programmare i primi incontri per individuare i luoghi della prossima edizione: cerchiamo sempre di attuare una turnazione che permetta di scoprire o riscoprire luoghi nuovi o chiusi al pubblico da molto tempo. Il FAI funziona anche da “apripista”, segnalando alle istituzioni beni sui quali mancava completamente l’attenzione in termini di conservazione e risorse, e che invece sono da restituire alla collettività come patrimonio collettivo. Non bisogna intendere, come taluni fanno, che il privato tolga il ruolo al pubblico per carenza di quest’ultimo e che le aperture del FAI siano da leggere come un lutto per lo Stato. Pur non negando delle serie difficoltà in termini di investimenti da parte dello Stato, dobbiamo considerare un aspetto fondamentale emerso dall’impegno FAI: l’azione educativa, civica e esistenziale nei confronti del giovani (e non solo) che si appassionano e si riappropriano del senso di appartenenza al loro territorio, alla loro storia. Forse è vero che nei momenti di crisi viene fuori la buona volontà del Paese, che si traduce in un appello alla propria energia, al proprio tempo, alla propria intelligenza per rimboccarsi le maniche e fare qualcosa di concreto per il Paese. Il senso ultimo dell’impegno FAI è proprio quello di una collettività in cammino che unisce le proprie forze per riappropriarsi di un territorio e consegnarlo, migliore, alle generazioni future.
Cos’è cambiato dalle prime giornate di primavera, ormai organizzate da ben 26 anni?
Sono aumentate incredibilmente i numeri, le affluenze di un pubblico che appartiene trasversalmente a tutta la società. Inoltre, se all’inizio si doveva quasi convincere i vari comuni ad aprire i beni chiusi al pubblico, oggi sono gli stessi comuni a fare a gara e a proporre di collaborare attivamente con il FAI, consapevoli anche del grande ritorno mediatico.
Quali sono nel concreto le mansioni della Presidenza?
In primo luogo devo comunicare al territorio con regolarità ciò che mi viene segnalato nelle riunioni con la Direzione Nazionale, sono un tramite e un veicolo; in secondo luogo ascolto le diverse criticità che le delegazioni incontrano nelle loro attività: noi dobbiamo stare attenti a tutte gli aspetti formali e pratici del nostro operato. Inoltre ogni anno sviluppiamo alcune linee guida, ad esempio quest’anno siamo molto attenti al tema dell’acqua nei diversi aspetti: dalle falde acquifere, allo spreco e al riutilizzo della medesima all’interno dei nostri stessi beni, dei veri e propri circoli virtuosi che diventano modelli di comportamento nel rispetto dell’ambiente. Questa è un’altra forma di educazione civica che il FAI propone. In fondo uno dei primi bene donati al Fai è stato proprio un giardino pantesco, ma ricordiamo anche il territorio a Panarea o il Colle dell’Infinito leopardiano: l’Ambiente assimilato al concetto di Bene culturale è un principio che è entrato nella nostra cultura già da diversi decenni e per noi rimane una nozione basilare.
Cosa si augura per il FAI nei prossimi cinque anni?
Una maggiore diffusione dei beni FAI in tutte le regioni d’Italia: noi in Piemonte ne abbiamo tre, il Castello di Masino, il Castello della Manta e Villa Flecchia a Magnano vicino a Biella, di cui ricordo la bellissima collezione di arte. Personalmente mi auguro che in futuro ci siano almeno tre beni in ciascuna regione italiana, beni che diventino modelli di gestione, di conservazione, di restauro, modelli da un punto di vista culturale e ambientale. Prossimamente a Masino ripianteremo le vigne, un investimento che guarda al passato, quando al castello si produceva il vino: il FAI vuole riproporre la storia dei luoghi e delle attività dell’uomo, in un connubio di armonia che diventi esempio e guida per tutta la collettività.
Per info
Via Giolitti 19, Torino