Fino al 20 settembre sarà possibile visitare Sfida al Barocco Roma Torino Parigi 1680-1750, allestita negli splendidi spazi della Citroniera della Reggia di Venaria: ricca di opere prevenienti dalle più prestigiose istituzioni internazionali, tra cui il Louvre e il Metropolitan, ha registrato più di 700 visitatori nel primo giorno di apertura al pubblico.
La mostra (che avrebbe dovuto aprire al pubblico il 13 marzo scorso e grazie alla disponibilità dei prestatori si estenderà per tutta l’estate) è curata da Michela di Macco (Università di Roma La Sapienza) e Giuseppe Dardanello (Università degli Studi di Torino), affiancati da un comitato scientifico internazionale.
Il progetto espositivo nasce nell’ambito del Programma di ricerche sull’età e la cultura del Barocco della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura, ente che ne ha curato l’organizzazione (con la direzione di Elisabetta Ballaira, Maria Francesca Bocasso e Donatella Zanardo), grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e la collaborazione del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude. Partner dell’operazione Intesa San Paolo che ha contribuito anche al finanziamento del restauro di opere in mostra, tra cui la pala di Francesco Solimena proveniente dalla Chiesa di San Filippo Neri (con una splendida veduta della Torino sotto assedio del 1706) e la scultura di Bernardino Cametti nell’ambito del progetto trentennale “Restituzioni”. A tale proposito afferma il presidente di Intesa Gian Maria Gros-Pietro: «La partecipazione di Intesa Sanpaolo a questa mostra è ulteriore testimonianza dell’attenzione che la Banca rivolge alla promozione del patrimonio artistico, anche in iniziative condivise con la Compagnia di San Paolo nell’alveo della virtuosa sinergia che intercorre in tanti ambiti tra cui quello culturale. […] L’apertura della mostra sul Barocco a Venaria, un tema e un luogo che sono simboli del Piemonte, è un ottimo segno di ripartenza dopo le gravi difficoltà di questo periodo».
Stimolante e ambizioso l’obiettivo della mostra: parlare del Barocco, senza di fatto mostrare nessuna vera opera “pienamente” barocca, piuttosto illustrando un preciso periodo storico a cavallo tra XVII e XVIII secolo in cui avvengono i primi significativi cambiamenti rispetto allo stile imperante, emergono nuove sensibilità, nuovi desideri. Il gusto della nuova generazione di artisti si rivela scevro da una certa magniloquenza, più moderno e snello rispetto ai canoni di un recente passato. Questa nuova partita avviene in parallelo tra due poli, Roma e Parigi; in misura differente investe anche la Torino del Guarini e dello Juvarra, crocevia e testimone di tali cambiamenti.
Per quanto riguarda la scelta del titolo, precisa Giuseppe Dardanello: “Sfida al Barocco è un proclama netto, che va letto unitamente alle altre informazioni del titolo, le tre città -Roma Torino Parigi – e un arco di tempo preciso, 1680 – 1750: un periodo in cui gli artisti cambiano il loro atteggiamento nei confronti della tradizione per reinterpretarla con una visione moderna. Per questo l’accento va messo sulla parola sfida perché in questi anni vediamo cambiare tutto rispetto all’eloquenza tragica, drammatica, intellettuale del Barocco. Si affermano nuovi sentimenti e le tre allegorie scelte come introduzione all’ingresso della mostra ci forniscono un primo orientamento: in particolare Gli Attributi delle Arti di Jean – Siméon Chardin afferma il primato dei moderni e introduce la raffigurazione della scimmia pittrice, simbolo dell’Ars simia naturae: la Natura resta sempre il primario modello delle Arti. La mostra è costruita nella citroniera della Reggia di Venaria come un’ articolata galleria di confronto, soprattutto tra Roma e Parigi, la cui “zona di ponte” era data dalla presenza dei giovani pensionnaires parigini a Roma per osservare pittura e scultura degli antichi. La Sfida al Barocco è quella lanciata dagli artisti in nome della modernità: misurandosi con le grandi opere degli Antichi, dei Maestri del Rinascimento e della prima metà del Seicento, gli artisti esplorano le potenzialità dell’osservazione del naturale, della realtà e dei sentimenti, sperimentando innovativi linguaggi di espressione e comunicazione, rivolti a illustri mecenati e a nuove tipologie di pubblico”.
Aggiunge Dardanello: “Relativamente alla scelta dell’immagine guida della mostra, bisogna fare riferimento al tema della favola di Diana ed Endimione, uno dei temi più frequentati dall’Arcadia Romana, particolarmente rappresentativo di questo periodo perché sposta l’equilibrio in termini di scelta dei soggetti e soprattutto relativamente ai modi per raffigurarli: si prediligono passioni più delicate, meno drammatiche rispetto alla sensibilità barocca, sentimenti più sfumati. Per l’immagine è stato scelto un dipinto di Pierre Subleyras che raffigura il mito citato, astraendo dalla composizione i panneggi nei tre colori primari che si librano nell’aria, simboleggiando questo momento di rivoluzione concettuale. Ricordiamo anche che Subleyras, che a Roma sposò Maria Felice Tibaldi, figlia del violinista Tibaldi ed anch’essa pittrice e miniaturista (in mostra abbiamo una sua opera), ebbe stretti rapporti con Torino e in particolare con Asti: del 1737 è la Cena in casa di Simone (richiesta dai canonici regolari del Laterano per il loro convento) tela di notevoli dimensioni, oggi conservata al Louvre”.
Duecento i capolavori provenienti dai più prestigiosi musei di tutto il mondo, istituzioni pubbliche e private, enti religiosi e collezioni private. Spettacolari dipinti e pale d’altare, sculture, arazzi, disegni, incisioni, arredi e oggetti preziosi Alcune opere sono di qualità straordinaria: Gli attributi delle arti di Jean-Simenon Chardin (1731), Diana ed Endimione di Francesco Trevisani (1695-1711), La partenza di Enea da Cartagine di Corrado Giaquinto (1735), la Galleria Immaginaria di vedute di Roma moderna di Giovanni Paolo Panini (1757), il sorprendente Nudo femminile di schiena di Pierre Subleyras (1732) e il malizioso Donna che indossa la giarrettiera di François Boucher (1742), Nozze di Amore e Psiche di Pompeo Batoni (1756). Per quanto riguarda Torino molte le opere in mostra tra le quali la scrivania da centro di Pietro Piffetti, (1741), una delle poche opere firmate e datate dall’ebanista torinese, di proprietà della Fondazione Musei Civici di Venezia – Ca’ Rezzonico e l’unico disegno preparatorio sopravvissuto della Cupola della Sindone di Guarino Guarini, un disegno che rappresenta lo studio di un settore del tamburo e della cupola, proiezione sulla quale il Guarini ha ideato tutta la costruzione architettonica. La mostra conduce i visitatori in uno straordinario viaggio nell’Europa delle arti tra fine Seicento e metà Settecento. Un percorso verso la modernità, incentrato sul confronto diretto tra Roma e Parigi, i due poli di riferimento culturale dell’intera Europa, con i quali Torino intesse in quegli anni un fitto dialogo di idee e di scambio di artisti e di opere. La mostra racconta quella “sfida”, presentando i capolavori creati e approdati nelle tre città tra il 1680 e il 1750. Un percorso inedito che segna un decisivo cambio di passo sulla scena figurativa: quando Roma rinnova il suo ruolo di depositaria della grandezza dei modelli; quando Parigi arriva a designare il primato della scuola moderna francese, cercando nell’Antico il naturale e scegliendo nuovi riferimenti per la rappresentazione del quotidiano nei maestri fiamminghi e olandesi; quando Torino, grazie all’intelligenza creativa dell’architetto regio Filippo Juvarra, si conferma come un laboratorio della città moderna presentando una straordinaria galleria dei pittori contemporanei delle Scuole d’Italia allestita nelle chiese e nelle residenze della corte. Un itinerario che si snoda nella Roma cosmopolita dei Papi, nella Parigi del re sole Luigi XIV e di Luigi XV, nella Torino capitale del nuovo regno di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele III. La mostra, articolata in 15 tappe con scansione cronologica e tematica, si sviluppa in percorsi paralleli che incrociano la pluralità delle scelte nel confronto tra le tre città, sui temi della storia, della memoria, dell’invenzione, della sensibilità al naturale ed esibisce opere di artisti fondamentali nella ricerca figurativa di quegli anni, messi a confronto in un ordinamento critico mai presentato finora. Attraverso una selezione significativa di opere (con lo spettacolare Bucintoro dei Savoia in chiusura della mostra) l’esposizione permette di ammirare la qualità e la varietà della produzione figurativa del tempo.
Si segnala che in mostra possono entrare 50 persone ogni mezz’ora e non trattenersi per oltre 90 minuti, previa la misurazione della temperatura corporea che non dovrà essere superiore ai 37,5°. Al momento il biglietto può essere acquistato solo on line. Obbligatoria la mascherina, sospeso il servizio di guardaroba; bar e bookshop funzionano regolarmente.
Per info
Reggia di Venaria