Cadere Accadere. Il Miracolo del Mistero – Mostra Contemporanea con Cecilia Gattullo – Gabriele Operti – Nicola Simion – Paolo Tarenghi inaugura presso ( Spazio Parentesi ) sabato 29 aprile dalle 18.30 in via Belfiore 19 – Torino. Dal 29 aprile al 13 maggio 2017 – tutti i giorni 11/13 e 15/20 (info 3382270563). Appendice espositiva al Barbagusto, via Belfiore 36, per Doppia Nicchia. Presentiamo qui alcuni testi di presentazione
Circostanze, accidenti, fenomeni puri stanno alla larga: sensibilmente lontani dal nodo delle realtà, dei nuclei concreti, impercepibili. Sono qui le contingenze, sulla pagina e ai margini, a seconda della nostra attenzione intuizione, per garantirci il mistero, quell’aura magica a cui siamo soggiogati, assoggettati, svagati. Soltanto un fiore sa sbocciare un’essenza, per necessità e virtù, in immacolate epifanie di vanità. Atmosfere, fatti, incontri, conversazioni si mischiano, ripetono, identiche uniche uguali. Accadono, succedono, si svolgono, evolvono. Così, la Storia si morde la coda. Plasmata a nostra immagine, ci ricrea nella trama di volta in volta imitata, mimetica assimilata restituita. Entriamo e non ci bagniamo nel fiume. Siamo e non stiamo appesi ad una spessa fune, continua. Perché, poi, la corrente è sempre la stessa? Chissà: sarà per noi che dai due capi del filo, sovrastante l’essere esistente, agisce comunque l’originale energia? Forza-luce, infine poesia: miracolo inconoscibile, di là dalla cruna.
Spazio Parentesi lavora sul versus, vuoto pieno, sottrarre battere, levare in somma, unire in parti. Con Cadere Accadere presenta i propri acquerelli informali Cecilia Gattullo: astratte situazioni su omogenee tonalità, organiche soluzioni da cui emergono i paesaggi, gli scorci, i cieli e gli orizzonti. Immagini testimoniano del diluvio le avvisaglie, gli effetti, talvolta netta oggettivata la presenza. Azzurri, blu, grigi insistono su minoranze cromatiche e sul bianco. La superficie si leviga. Allo stesso modo, ma concettualmente, l’installazione di Nicola Simion mette in relazione le stratificazioni sensibili di una sedia al cospetto del visitatore e l’effigie temporale in serena tiepida esposizione. Per intenderci, ci si può perdere in contemplazione dell’ora fissata in analogica fotografica sospensione. Ad obiettivo aperto, cardiologico per empatia, la luce da una crepa riga la pellicola: forma la sostanza, si scrive e si descrive.
Gabriele Operti ci mostra la caduta, l’incidente, l’occorrenza attingendo dai racconti che ha illustrato, ovvero componendo un florilegio, un mazzo di carte estratto, esatto per magia, dalla propria produzione. Le fiabe, le leggende, tanto quanto le scelte di pura fantasia, rispondono a retaggio inscritto prontamente nelle nostre rispondenze, correlativo scenico drammatico del verbale, bidimensionale piatto, consueto linguaggio astratto. Le saghe, in strutturali evoluzioni barocche, si arricchiscono, paradossalmente, di tutto il necessario, per volare come nubi di passaggio, liberate dal fardello della pioggia. Così, un drappeggio, nei ritratti-scatti di Paolo Tarenghi, contribuisce al tutto tondo dell’identità, la conquista alta, stilistica, di un personaggio. All’opposto della lima, qui opera piano piano ogni aggiunta di spessore. Scendono le vesti, lente, cala e poi s’innalza l’omaggio floreale a fronte di modelle in posa per pittorica ispirazione, statue da sedimentazione. Prima feticci, residui di divinità, poi, per gradi, persone. Il tempo, quando un doppio fa capolino nel flusso della mente, ci ricorda che soltanto noi garantiamo la molteplicità di sguardo, per miracolo dei punti di vista… così ci immergiamo nella frammentarietà d’ogni visione. Basta accorgersene: e sogniamo.