In questa Biennale Arte 2017 artista e visitatore si sono potuti toccare, parlare, conoscere. Opere, installazioni e performance hanno reso possibile uno scambio tangibile o impalpabile. Cosa è rimasto attaccato a ciascuno di loro? A volte il messaggio dell’artista era comprensibile e aperto a tutti, a volte rivolto a un’élite disposta ad andare in profondità, nel proprio io, o a riflettere con empatia sui fatti di cronaca che ci circondano.
In questo reportage a conclusione della 57. Esposizione Internazionale d’arte della Biennale di Venezia, che non potrà essere sicuramente esaustivo, scopriremo alcuni di questi messaggi e delle reazioni di visitatori, che hanno accettato di condividere le proprie impressioni. Nei prossimi articoli, invece, saranno gli artisti a raccontare la loro esperienza ed interpretazione del tema di questa edizione VIVA ARTE VIVA.
La dimensione dell’artista e della sua ispirazione vengono indagati a fondo. Non è solo l’opera a parlare, ma l’artista stesso: nelle Tavole Aperte, un’idea della curatrice Christine Macel che speriamo resterà come eredità per la prossima edizione; attraverso un video, che racconta il modo di fare arte con il progetto Pratiche d’artista, e i suoi libri, al Padiglione Stirling ai Giardini con il progetto La mia Biblioteca.
Si, i libri. Lo spettatore ha potuto trovare indizi e chiavi di lettura dell’opera dell’artista preferito nella sua biblioteca personale. Ha trovato un luogo raccolto in cui immergersi nelle letture che hanno ispirato o creato l’universo di significati e immagini da cui nasce l’espressione dell’artista.
Ma i libri sono stati anche oggetto delle opere di molti artisti. Nel padiglione centrale dei giardini, dove è forte l’impronta della curatrice Christine Macel, si sviluppa proprio il tema del rapporto tra l’artista e il libro.
L’artista cinese Liu Ye rappresenta il libro come personaggio fisico attraverso un ritratto accademico iper-realista. Per lei il libro è trasmissione di conoscenza, è l’eredità culturale di un paese. Rappresenta libri proibiti dalla censura durante la rivoluzione cinese. Molti, come Lolita, sono ancora oggi proibiti in diversi paesi, un paradosso nell’era di internet, ma l’artista ci rivela la prima pagina a rappresentare la libertà d’espressione.
L’artista Takahiro Iwasaki, nel Padiglione del Giappone, compone con una pila di libri il paesaggio sismico instabile del Giappone. Le gru, che rappresentano la presenza dell’uomo abituato alla natura del territorio in cui vive, sono fatte con segnalibri. Tra i libri utilizzati dall’artista anche la commedia di Dante, che viaggia tra più dimensioni e su più livelli come lo stesso artista, che seguendo l’architettura del Padiglione offre diversi punti di vista della sua istallazione al visitatore.
Adbullah Al Saadi e il suo progetto sulla trasmissione della memoria, dà al libro il compito di farci capire la preziosità del tempo. La scoperta della possibilità di mantenere una memoria scritta per tanto tempo, il ritrovamento dei papiri del Mar Morto nel 1948, ha influenzato l’artista che dal 1986 scrive “I diari di Halsaladi”. Dal 2016 conserva i suoi diari personali nell’antica forma dei rotoli incunanboli, in una scatola numerata e datata. La percezione del tempo diventa tangibile e la memoria si può svolgere e avvolgere all’infinito. Mentre i ritmi frenetici dell’oggi non ci permettono di renderci conto che il nostro rotolo si sta svolgendo e non si può tornare indietro.
L’artista romeno Ciprian Mureşan cita i libri di testo su cui ha studiato arte, rappresentandone le immagini e si interroga sulla capacità dei fruitori d’arte di oggi, invasi dalle immagini di google, di riconoscere i maggiori capolavori della storia dell’arte. E così, con una dimostrazione di virtuosismo unica, nei suoi disegni, sovrapposti uno sull’altro al punto da non essere subito leggibili ad una prima occhiata, troviamo Morando ma anche Leonardo, i giotteschi, Perugino, Raffaello, Antonello da Messina, la scuola di Atene, Beato Angelico, Tiepolo, Correggio, la pittura fiamminga …
Iniziamo ora una carrellata delle impressioni dei visitatori della 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, partendo da un’artista veneto, Cesare Vignato, che ad ogni edizione conduce i propri allievi tra le sale e i padiglioni della Biennale.
“Confrontando le due sedi, l’Arsenale si rivela, come sempre negli anni, più comunicativo e interessante con un approccio più caldo verso il fruitore sia di contenuti, che di materiali e colori rispetto alla sede Giardini, che ha un connotato molto più concettuale e freddo. Ad avermi colpito di più l’artista multi-mediale Lisa Reihana, con la sua installazione video proposta all’interno del padiglione Nuova Zelanda nella sede dell’Arsenale”.
L’installazione video monumentale dal titolo “In pursuit of Venus [infected]”, lunga 23 metri e che ha richiesto 10 anni di lavoro, si ispira a “I viaggi del capitano Cook”.
Luise Von Rohden, Halle (Saale), Germania “Mi è piaciuto molto il video di Heraclito Ayrson. La musica, le immagini, la ripetizione dei gesti ancora e ancora, la serietà con cui i tre uomini puliscono con le foglie i muri di quelle case, si capiva l’importanza del gesto che stavano compiendo”. Nel filmato 3 diversi performer compiono un rituale per purificare dallo spirito del male due diversi luoghi del mondo legati alla tratta degli schiavi, la Maison des Esclaves dell’Isola di Goree e la Casa da Torre a Bahia.
Valeria Pederzani, Bologna, Italia. “Quanto ho visto ai Giardini non mi ha colpito particolarmente. Pur avendo apprezzato alcune opere l’impressione generale è stata quella del già visto! Mi è piaciuta invece molto l’esposizione dell’Arsenale, dove ho trovato molta creatività, sia per opere in cui prevale la componente estetica, sia per quelle più concettuali. In particolare ho apprezzato l’opera di Giorgio Andreotta Calò e quella di Claudia Fontes, molto potenti ed evocative! L’opera di Andreotta Calò mi ha colpito inizialmente per l’imponenza, non tanto della struttura, quanto dell’emozione che suscita, evocativa di stati d’animo, di sogni, di luoghi immaginati, forse di paure. Quando poi si sale al piano superiore lo stupore per questo mondo rovesciato, opposto, eppure comunicante, è grande. L’emozione è poi resa più intensa dall’incertezza della percezione di ciò che vedi: è acqua? o solo un effetto speciale di rifrazione? Una rappresentazione molto efficace del concetto di soglia tra due mondi.”
“Senza titolo (la fine del mondo)”: l’idea di mondo magico di Giorgio Andreotta Calò si rivolge ad un pubblico elitario, sensibile, disposto ad aprirsi e cogliere il messaggio che richiede tempo per essere capito. In un paesaggio architettonico che si ripete all’infinito specchiandosi sull’acqua, l’artista si interroga sulla crisi dell’individuo. Perché siamo in questo mondo?
Anche l’artista argentina Claudia Fontes affronta il tema della crisi a cui sta andando incontro l’umanità, come specie. L’unica forma che l’uomo ha trovato per convivere è lo sfruttamento reciproco. “Il problema del cavallo”: per rappresentare la via verso la salvezza l’artista rappresenta una ragazza ed un cavallo, dove la mano che cerca di calmarlo è la vera chiave dell’installazione.
Zsuzsanna Zsurd, Boglárka Helmeczi, Bianka Horvath 3 studentesse di Storia dell’Arte di Budapest ci danno una lettura molto interessante e personale del Padiglione ungherese. “Il Padiglione Ungherese è più complesso di altri per il messaggio che trasmette, legato a quello che succede oggi nel paese. Noi giovani facciamo fatica a parlare con i nostri genitori. Questo padiglione ci ha permesso di capire meglio la cultura dei nostri genitori e dei nonni. Ha rappresentato in modo semplice, spettacolare e profondo allo stesso tempo il gap che culturale che ci separa. È stato per noi un ponte tra il passato dei nostri genitori e la storia che abbiamo imparato a scuola. I pins socialisti sono molto familiari per noi. Tutti, genitori e nonni, indossavano questi piccoli pins con l’arcobaleno. Oggi è una sorta di moda, puoi comprarli per solo 1 euro, ma molte persone li collezionano senza conoscerne il significato”.
Yuxiao Tong, Shan Dong, Cina. “Mi è piaciuta l’istallazione di Jordi Colomer al Padiglione spagnolo. Comunica direttamente con le persone perché è interattiva, si può esplorare camminandoci in mezzo. Studio scultura nel mio paese, per questo ho apprezzato le opere di Luboš Plny, che rappresenta nelle sue opere parti di anatomia. In particolare mi è piaciuto lo studio che c’è dietro, la difficoltà tecnica di realizzazione, le linee sferiche. L’artista cinese Liu Ye con i suoi libri dipinti, non rispecchia secondo me la cultura cinese come mi aspettavo. Il messaggio è troppo diretto”.
Hazel Murray, Middlesbrough, Regno Unito. “Sono una studentessa d’arte, è la prima volta che visito la Biennale. Mi è piaciuto il Padiglione della Finlandia soprattutto per il messaggio. C’è sicuramente una parte comica dietro questo lavoro, ma allo stesso tempo è molto serio. La situazione rappresentata può avere senso anche per noi in Inghilterra, ha senso a prescindere per ciascuno di noi. Il lavoro proposto dall’artista Kiki Smith, invece, non è stato così sorprendente. È molto semplice, ma è un buon lavoro. Nella sede dell’Arsenale mi è piaciuta la scultura in gesso di Claudia Fontes. Il particolare della mano proporzionata rispetto al cavallo, ma non alla figura della ragazza”.
È la prima volta in Biennale per l’artista Kiki Smith di New York, che espone nel Padiglione delle Gioie e delle Paure. I suoi lavori sono su carta nepalese o su vetro. Rappresenta l’intimità, la figurazione è semplice. Disegna persone reali trasformandole quasi in cartoni.
Claudine Havelagne, Bruxelles, Belgio. “Veniamo ad ogni edizione della Biennale. In generale è stato bello vedere artisti nuovi e poter creare una connessione con loro. Abbiamo apprezzato molto il padiglione del Belgio. Gli Stati Uniti sono riusciti a trasmettere un messaggio molto chiaro e mi hanno impressionato le misure monumentali dell’opera. Non ci è invece piaciuto il Padiglione di Venezia, troppo marketing e poca arte”.
Dirk Braeckman ha esposto nel Padiglione del Belgio la sua mostra di fotografie analogiche, dove il soggetto e il momento dello scatto perdono di significato. Il vero momento creativo per l’artista è quello dello sviluppo. Mark Bradford presenta “Domani è un altro giorno”, un’istallazione site-specific nel padiglione degli Stati Uniti che spiazza il visitatore già dalla sala d’ingresso per le dimensioni delle opere e colpisce per i messaggi forti. Riflettere per cambiare la società.
VIVA ARTE VIVA
La 57. Esposizione Internazionale d’Arte, a cura di Christine Macel
www.labiennale.org/it/arte/2017