Appuntamento con la fotografia a Lodi, dal 6 al 28 ottobre, tra mostre, incontri con i fotografi e i fotoreporter, reading e presentazioni
La fotografia, se ben usata e realizzata, può rivelarsi mezzo privilegiato per raccontare il mondo, focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica su eventi, Paesi e situazioni poco conosciute, far discutere, riflettere e soprattutto scuotere le coscienze. Non è un caso se veniamo spesso definiti la società delle immagini!
I riflettori italiani e internazionali sono pronti ad accendersi su Lodi, dove dal 6 al 28 ottobre si terrà la nona edizione del Festival della Fotografia Etica. Il percorso fatto in questi anni ha permesso alla kermesse lombarda di diventare un punto di riferimento nel panorama europeo dei festival fotografici.
Merito delle precise scelte fatte – quella di raccontare l’attualità attraverso percorsi originali prima di tutto, poi quella di creare un circolo virtuoso in gradi di permettere alla, buona, fotografia di arrivare al grande pubblico.
“L’obbiettivo della nona edizione è diffondere sempre più il linguaggio fotografico, e la sensibilità culturale che ne consegue, tra i non addetti ai lavori”, hanno dichiarato Alberto Prina e Aldo Mendichi che organizzano la manifestazione insieme al Gruppo Fotografico Progetto Immagine.
E la partecipazione crescente di pubblico (lo scorso anno sono state oltre 15.000 le presenze, un 30% in più rispetto al 2016) sembra premiare la scelta di raccontare cosa succede nel mondo attraverso lo sguardo dei migliori fotografi e fotoreporter in circolazione.
“A volte questo sguardo può essere crudo e privo di filtri, altre invece viene mediato da una sorta di poetica visiva che smussa leggermente gli angoli della realtà per restituire comunque una idea di speranza e condivisione – spiegano Prina e Mendichi. – In ogni caso, il Festival è la conferma che la fotografia è il linguaggio principe della nostra epoca. Raggiunge velocemente e con immediatezza la sensibilità di chi la fruisce, accendendo la lampadina della riflessione e della discussione”.
Mai così numerose e di qualità le opere concorrenti al World Report Award 2018. Le candidature arrivate sono state ben novecento, da fotografi di cinquanta nazionalità differenti, in rappresentanza di tutti i continenti.
Il lavoro della giuria – composta da Alberto Prina, Aldo Mendichi, Sarah Leen, direttore della fotografia per National Geographic, Francis Kohn , presidente del World Press Photo 2016, Caroline Hunter picture editor per The Guardian Weekend – è stato quanto mai impegnativo, ma alla fine sono stati comunicati i vincitori delle sei categorie che compongono il premio.
Nella sezione MASTER si è imposta Paula Bronstein con il reportage “Stateless, Stranded And Unwanted: The Rohingya Crisis”, potentissimo portfolio sull’esodo forzato e disperato di 700.000 persone appartenenti alla minoranza etnica di origine islamica Rohingya verso il Bangladesh; per la sezione SPOTLIGHT, Tommaso Protti con il reportage “Terra Vermelha”, che documenta la crescente crisi sociale nella regione brasiliana dell’Amazzonia negli stati di Pará, Rondonia e Roraima.
Nella sezione SHORT STORY, la giuria ha scelto Camillo Pasquarelli e il suo reportage “The Valley Of Shadows”, che racconta il conflitto nella valle del Kashmir, una delle zone più militarizzate al mondo; per la sezione STUDENT, la giovane tedesca Nanna Heitmann con il reportage “Gone From The Window The End Of An Era”, sulla fine dell’estrazione del carbone in Germania; per la categoria SINGLE SHOT i tre vincitori sono Laurence Geai, Giles Clarke e Bente Marei Stachowske. Nella sezione NO PROFIT, infine, verranno premiati tre enti con i rispetti reportage: Care Harbor con “Caring For The Invisible Of Los Angeles”, AVSI Foundation con “Mwavita Born In A Time Of War” e il Water Grabbing Observatory con “And I Will Make The Rivers Dry”.
Confermata anche la sezione “Uno sguardo sul mondo”, che porta il pubblico a immergersi in scenari sociali e umanitari particolarmente sensibili, con le sue cinque mostre. Ci sarà un omaggio al fotografo francese Shah Marai, corrispondente di France Press, ucciso in un attentato a Kabul il 30 aprile; “Made in Korea” e “Korean Dream” di Filippo Venturi, due parti del progetto di osservazione della penisola coreana e delle sue trasformazioni negli ultimi 64 anni. E poi ancora “Vivere sotto una cupa minaccia” dell’italiano Michele Guyot Bourg, che ha come protagonista il ponte Morandi di Genova negli anni ’80; “Yemen, the Ruins of a Once Happy Arabia” del francese Olivier Laban Mattei, resoconto del conflitto nello Yemen che dura dal 2015 e “The bombs they carried” di Adam Ferguson.
Nello Spazio Approfondimento verrà esposto il lavoro di Mary Calvert; lo Spazio Tematico sarà concentrato sul tema degli animali in relazione all’uomo, con quattro protagonisti, il fotoreporter Ami Vitale, il russo Nikita Teryoshin, l’italiano Paolo Marchetti, il cinese Wu Jingli.
Contemporaneamente al Festival si svolgerà OFF, un circuito di mostre fotografiche, esposte in negozi, bar, ristoranti, gallerie, circoli culturali e aree pubbliche di Lodi. Lo scopo è quello di valorizzare le opere di chiunque voglia mettersi in gioco e proporle. Per questo non ci sono vincoli tematici o di genere, e il bando è aperto a fotografi professionisti e amatori senza vincoli di età.
Tra mostre, incontri, visite guidate con i fotografi, letture portfolio, presentazioni di libri e attività educational destinate agli studenti delle scuole medie e superiori, la nona edizione del Festival della Fotografia Etica promette di essere un appuntamento da non perdere, non solo di grande fotografia ma di straordinaria umanità.
Festival della Fotografia etica
6-28 ottobre | Lodi
Info: https://www.festivaldellafotografiaetica.it