Cromogramma, mostra collettiva di pittura contemporanea presso Ki-Gallery in via Mazzini 39 a Torino, continua fino a lunedì 21 novembre, tutti i giorni dalle 16 alle 19. Presentiamo qui alcuni estratti testuali dedicati agli artisti partecipanti: Roberta Astegiano, Fulvio Colangelo, Nenè Da Canto, Fulvio Luigi Farago, Ezio Ferraris, Cecilia Gattullo, Tiziana Inversi, Fabrizio Molinario, Maria Antonietta Onida, Nadia Sponzilli
Fabrizio Molinario per Cromogramma.
Una stanza privata, un luogo da custodire per l’eternità: tutto per sé. Fuoco immaginario, fulcro sollevato a incredibile distanza, angolo prospettico ricavato dal basso dell’inadeguatezza, ancora timida, e dell’ingenuità.
Odori, suoni e colori deflagrano negli attimi in cui l’infanzia resiste. Se è stato capace di accettarli ad un primo impatto, nel pieno impeto della lucidità stupita, l’uomo li conserverà per sempre, come parti sensibili della propria storia: amplificati dall’autenticità, dalla stessa paradossale fisicità della memoria.
Tiziana Inversi per Cromogramma.
Dalle cime ai fondali il passo è breve, come dalle cellule ai raggi solari. Finalmente, accediamo al di là dei sistemi – respiratori, vascolari, linfatici, nervosi, muscolari: tutti percorsi arbitrari. Il corpo risponde a canali insondabili, tuttora sconosciuti a causa di deformazioni colossali. Contratte a colpi di consuetudine, per secoli e secoli, tali deviazioni hanno tanto influito sulla ragione, da spostare finanche il tragitto della nostra emozione. Ecco che, in rari momenti, d’un tratto, intuiamo che il viaggio lunare contempla il concepimento. Allo stesso modo, l’occhio è l’effetto di un vortice, la causa d’un rapimento. E il corvo e la gazza, nel campo di grano, si riflettono, capovolti per commutativa ciclicità, sotto uno scoglio, dove sognano astice, razza e stella marina.
Cecilia Gattullo per Cromogramma.
Spiccare un salto, dalla pagina all’aria limpida, dove il bianco s’instilla come un sangue su supporto a prima vista refrattario: un sentimento. È così forte l’impressione, di iniziale smarrimento, da indurci a percepire la materia in negativo. La scrittura dell’anima si cuce su quel nero, quasi fosse un filo rosso recuperato dai cassetti del ricordo e appuntato al nulla dello stacco e del momento: per non farli decadere. Da qui, il cambiamento diventa una medaglia. Non un vanto: ciondolo privato, da conservare in camera, da indossare sotto maglia. Talismano, testimone, amuleto sempre utile per la prossima battaglia.
Nenè Da Canto per Cromogramma.
Strutture che prendono vita, a partire dall’elaborazione di un personale codice alfabetico: il disegno all’azione, la lettera a voce. Piano piano, più per retaggio organico atavico, che per consumata legge di storia, l’evidenza carica i sensi: così si dice, si scrive, si fa.
L’occhio era il cuneo che manteneva socchiusa la porta del mondo. Il quadrato forniva la vista più facile sull’appezzamento di terra. La mano il calcografo per chiedere aiuto, pregare, lasciare un pensiero, per presentarsi. Il sogno contatto col regno dell’oltre, dove si mischiano sempre i sensi e le vite.
Enigma: la sfinge strozzata sul corpo animale è soltanto il suo volto. Del resto, ignora lei stessa la via del ritorno alla pace.
Nadia Sponzilli per Cromogramma.
Addensamenti e condensamenti di luce solare, infine. Per sfinimenti gioiosi, anche, e per spossante intercessione della curiosità. Spuntano il gioiello, il cristallo, la pietra preziosa, da esperimenti che raffreddano e scaldano sostanze ed essenze: i picchi della conformità, nel miracolo esistenziale dell’analogia. Soltanto sul foglio, per mano dell’artista, secondo polarità e affinità, i colori si adeguano alla rivoluzione del mondo, germogliando e crescendo in mappe inedite, rispondenti. Di là dal quadro, si prolunga ed alimenta il soffio che sconvolge ed ordina.
Maria Antonietta Onida per Cromogramma.
Lo scorcio soltanto immaginato, dal viaggiatore che indugia sul selciato, è un invito all’evasione da un tragitto prescelto, già segnato. Se ci sporgiamo con la mente, scrutiamo gli angoli mai visti, garantiti nello spazio da qualche astuto nume tutelare, da un’entità speciale. Li arrangiamo a piacimento, attingendo particolarità dal nostro bagaglio a mano, dallo zaino della nostra identità. Lo spirito dei luoghi non abita quei posti. Sono gli anfratti tanto espansi, infinitamente illuminati, dove, in assenza umana, si tenta una dimostrazione dell’esistenza del divino. Qui, il lento scorrere d’un rivo, o l’improvviso arrivo della grandine, possono scuotere la magniloquenza muta del destino.
Fulvio Luigi Farago per Cromogramma.
Se la prospettiva fosse sottomessa ai colori, allora anche il paesaggio che abbiamo di fronte agli occhi cambierebbe in continuazione. Un rinascimento perenne, centripeto quanto una rivoluzione: volumi in libertà, moduli intercambiabili colmi di gravità, e tanti cumuli di colore, fino a sfiorare la maculopatia. Ciò comporterebbe la fine dei tempi, tuttavia, e l’abbandono delle facoltà ben affinate dalla comparsa dell’uomo, in poi. Il panorama che costruiamo è frutto della nostra struttura interna: anche le stagioni, come il caldo e il freddo, sono inscritte nei sensi. La poesia sta, mansueta, accucciata alle radici della natura. Così, il fondo della foglia, in pittura, equivale al limite della strada di campagna. Tutto è ravvicinato, affinché la vista rappresenti sempre un avvento: l’orizzonte ci toglie il fiato, come neve cielo mare vento.
Ezio Ferraris per Cromogramma.
La terra produce in libertà e in cattività: per sé, per nessuno, per il singolo e la società. Imprigionata nell’appezzamento, cifra di proprietà, rimane indifferente tanto al governo dell’uomo quanto all’avvicendarsi delle specie. Solcata dall’azione, superficie di lettura e trascrizione, germoglia fior di tradizione, sostentamento, di generazione in generazione. Poiché nulla si crea e nulla si distrugge, tranne quel tanto d’energia, buona per lavoro e intraprendenza: dell’artista, contadino o allevatore, artigiano, che in fin dei conti è un amanuense. Registra, su tabella, note, spese, transiti: di impianti, innesti e trattamenti; strumenti, cure ed interventi.
Roberta Astegiano per Cromogramma.
La tela è area lineare, a imitazione della vista: schermo bi-polare, bianco come un panno, su cui sublimare la brama dinamica e prospettica, esigenza emozionale di rapporto. Una lettera, una busta, un semplice biglietto, per inviare la nostra parte di visione al prossimo futuro. Se, invece, ci avviciniamo rinnovati al mondo materiale, scendendo dalle scale e accedendo vispi all’orto, troviamo sul sentiero un sacco di elementi. Basta incidere, su un tronco, un’iniziale, per lasciare breve traccia del passaggio, scavare una radice, dipingere un tassello di ciò che abbiamo colto. Trovare in natura il supporto rispondente: così, il disegno si abbraccia alla scultura, la decorazione diventa necessaria. E comprendiamo, con ragione, l’inevitabile colore del monile, dell’arredo, della statua…
Fulvio Colangelo per Cromogramma.
La corsa dei cavalli sembra non avere tregua, mai. Distese sconfinate accolgono tragitti che appaiono, a noi, simili a rituali senza fine. Una danza della libertà, correzione costante della nostra verità: in senso e verso, formula e ritmo, definizione. Dove un puledro trotta, un destriero s’inarca, per potenziale progressione. Sono pochi i fantini tanto tenaci da poter sostenere la competizione, la velocità di questo cambiamento inesorabile… così abili e agili da non essere disarcionati, per sfinimento, dall’inevitabilità del perpetuo movimento. Ecco, i colori che essi percepiscono, scintillanti, rassomigliano un poco a questo testo e, molto di più, al capogiro dei dervisci: una schiuma di visioni, un estremo susseguirsi di emozioni sintetiche, volanti, su e giù, di lato e di striscio, ad assimilazione di tutti i cinque sensi.