venerdì , 10 Gennaio 2025

Grande successo per la mostra di Munch a Palazzo Reale a Milano

Sarà visibile fino al 26 gennaio la grande retrospettiva “Munch, il grido interiore” a Palazzo Reale a Milano; l’esposizione si appresta a battere tutti i record di visitatori come una delle più viste della stagione.

Edvard Munch
L’Urlo, 1895
Litografia, 35,4×25,3 cm
Photo © Munchmuseet

L’esposizione, curata da Patricia G. Berman e Costantino D’Orazio, celebra Edvard Munch, uno dei più grandi artisti del Novecento, con una selezione di oltre 100 opere provenienti dal Munch Museum di Oslo: un percorso che esplora l’intero cammino umano e artistico dell’artista norvegese, dalla sua formazione alle sue opere più celebri, come L’Urlo (1895), La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922-1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900-1901) e Danza sulla spiaggia (1904). La mostra, promossa da Comune di Milano – Cultura con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia in collaborazione con il Museo MUNCH di Osloo, racconta non solo la sua arte ma anche il profondo impatto delle sue esperienze personali sulla sua psiche e persino, grazie ad accurati apparati didattici, le modalità della creazione ed esecuzione del suo “fare arte”. Munch nacque nel 1863 in Norvegia e visse un’infanzia segnata da dolorose perdite familiari, prima la morte della madre quando aveva solo cinque anni, e poi della sorella, che lo influenzarono profondamente. Questi lutti, insieme alla morte del padre e alla difficile relazione con la fidanzata Tulla Larsen, diventarono il materiale emotivo di partenza per la sua arte. L’uso simbolico e potente del colore, i volti senza sguardo e i paesaggi inquietanti che popolano la sua produzione riflettono un acuto tentativo di comunicare emozioni universali come l’angoscia, la solitudine e la morte: “Con la mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo significato, ma anche di aiutare gli altri a comprendere la propria vita.”

Veduta dell’allestimento photo Pablo Riccomi

La mostra esplora anche il suo rapporto con la psiche (anticipando alcune tendenze pittoriche e culturali del ‘900 come l’Espressionismo e il Futurismo) e il suo interesse per le forze invisibili che determinano l’esperienza umana. Come ben descritto in catalogo e nei dettagliatissimi pannelli illustrativi che punteggiano le sale, Munch non dipingeva ciò che vedeva, ma ciò che sentiva e ricordava, cercando di rendere visibile l’invisibile. Questa idea si riflette nei suoi lavori più celebri, dove utilizza colori vibranti e prospettive distorte per comunicare l’emozione e l’angoscia. La sua arte si distacca dal realismo per abbracciare l’espressione di stati interiori.

Veduta dell’allestimento photo Pablo Riccomi

La mostra è divisa in diverse sezioni che esplorano vari aspetti della sua carriera e della sua psicologia. La prima sezione, “Allenare l’occhio,” mette in luce la formazione artistica di Munch e il suo passaggio dalla visione accademica alla rappresentazione della propria esperienza interiore. Munch fu fortemente influenzato dal naturalismo di Christian Krohg e dal movimento bohémien di Kristiania, che lo incoraggiarono a concentrarsi sull’introspezione piuttosto che sulla mera rappresentazione visiva della realtà. Opere come Autoritratto (1881-1882) e Il circolo bohémien di Kristiania (1907) mostrano questo passaggio, mentre i suoi viaggi a Parigi e il contatto con l’Impressionismo lo portarono a sviluppare un approccio più personale e psicologico all’arte.

Edvard Munch
Autoritratto su sfondo verde / Tulla Larsen, 1905
Olio su tela, 67,5×45,5 cm / 62,5×33 cm
Photo © Munchmuseet

La seconda sezione esplora il tema delle “forze invisibili,”: Munch si è ispirato a teorie scientifiche e psicologiche contemporanee, come quelle di Hermann von Helmholz e William James, che esploravano il legame tra percezione sensoriale e emozione. Questo aspetto della sua arte ha dato origine a capolavori come L’Urlo, che esprime un’esplosione di angoscia emotiva attraverso un uso straordinario del colore e della forma, un’immagine che ha continuato a “parlare” alle successive generazioni.

Veduta dell’allestimento photo Pablo Riccomi

Nella terza sezione “Quando i corpi si incontrano e si separano” si esplora il trattamento da parte di Edvard Munch dei temi della sessualità e dell’amore, che sono centrali nella sua ricerca artistica. Munch, con il Manifesto di Saint Cloud del 1890, espone una visione della sessualità come un elemento sacro e universale, capace di legare le generazioni e di essere riconosciuto per la sua grandiosità. In un contesto di grande libertà sessuale e promiscuità alla fine del XIX secolo, Munch affronta in modo audace e controverso questi temi, cercando di rappresentare l’intensità emotiva e fisica dell’amore attraverso una visione che va oltre la semplice fisicità, suggerendo una connessione tra il corpo e l’anima. Opere come Bacio vicino alla finestra (1891) e Madonna (1895) esprimono il conflitto e la tensione tra desiderio e desolazione, un dualismo che pervade molte delle sue immagini di relazione tra uomini e donne. In questo periodo, Munch sviluppa il ciclo tematico del “Fregio della vita”, che esprime il ciclo umano dell’amore, dalla passione alla sofferenza, trasformandosi nel Fregio della vita negli anni successivi.

Veduta dell’allestimento photo Pablo Riccomi

Un aspetto meno conosciuto della carriera di Munch è il suo rapporto con l’Italia, che ha influenzato profondamente la sua evoluzione artistica. Munch arrivò per la prima volta in Italia nel 1899 con la sua compagna Tulla Larsen, ma il viaggio si rivelò difficile e segnato da malattie e difficoltà personali. Tuttavia, la sua permanenza in Italia fu determinante, soprattutto per l’incontro con le tradizioni artistiche italiane. A Firenze, Roma e Milano, Munch trovò ispirazione nei grandi maestri del Rinascimento, in particolare in Michelangelo e Raffaello, e il suo lavoro ne fu fortemente influenzato. Munch si accostò all’arte italiana con una miscela di rispetto e riflessione critica, confrontandosi con la tradizione classica, ma adattandola al suo linguaggio personale. Le sue opere successive, come La tomba di P.A. Munch a Roma (1927), rivelano il suo legame profondo con la cultura italiana, e la sua ammirazione per il Rinascimento si esprime anche in pitture come Ponte di Rialto, Venezia (1926), che testimoniano la fusione tra il classicismo e l’innovazione della sua arte.

La quinta sezione affronta il tema dell’universo: Munch concepiva l’universo come un sistema di forze invisibili che permeano il mondo fisico, una visione influenzata dalle teorie scientifiche e mistiche del suo tempo, in particolare dal monismo, una filosofia che vede mente e materia, energia e materia come unificate. Per Munch, la Terra non è solo un’entità fisica, ma un “gigantesco atomo vivente” dotato di coscienza, e ogni cosa, dal sole alle nuvole, ha una sua volontà. Questo concetto si riflette nella sua arte, che esplora il rapporto tra il visibile e l’invisibile, tra le forze naturali e gli esseri umani. Le sue opere di questa fase, come Onde (1908) e Il falciatore (1917), mostrano la sua ricerca di un linguaggio visivo che rappresenti l’interconnessione tra l’uomo, la natura e l’universo, facendo riferimento anche alle scoperte scientifiche sulle onde elettromagnetiche e la materia. L’artista descriveva la luce, la radiazione solare, e anche la telepatia come forze invisibili che interagiscono con il mondo fisico, sottolineando il suo interesse per una visione più ampia e cosmica dell’esistenza.

Munch fu un maestro nell’esplorazione dell’autoritratto, utilizzandolo non solo per studiare sé stesso fisicamente ma anche per indagare il proprio stato psicologico ed esistenziale. Attraverso i suoi autoritratti, spesso caratterizzati da una forte componente teatrale, Munch si mostra in una varietà di ruoli, affrontando il tema della solitudine, della sofferenza e della ricerca di sé. I suoi autoritratti non sono semplici rappresentazioni del suo aspetto, ma vere e proprie riflessioni sull’identità e sull’arte. Le sue opere, come la litografia del 1895, che lo paragona a uno spettro, e Il viandante notturno (1923-24), che lo ritrae come una figura inquieta e insonne, sono esempi di come Munch usi il proprio corpo come strumento per esplorare il passaggio del tempo e il cambiamento psicologico. Con il progredire dell’età, gli autoritratti diventano anche una meditazione sulla decadenza fisica e sul conflitto tra il desiderio di auto-rappresentarsi e la consapevolezza dei limiti del corpo.

L’ultima sezione della mostra esplora l’eredità di Munch come innovatore e sperimentatore in vari campi artistici. Munch ha saputo combinare diverse tecniche e forme artistiche – dalla pittura all’incisione, dalla fotografia al cinema – mantenendo una coerente ricerca visiva e una straordinaria forza evocativa. La sua arte ha contribuito in modo significativo alla formazione delle Avanguardie del XX secolo, anticipando molti dei temi e delle soluzioni stilistiche che diventeranno fondamentali per i movimenti successivi. La sua capacità di distorcere la prospettiva e costruire spazi irregolari attraverso elementi architettonici, come la balaustra in Donna sui gradini della veranda (1942) o la staccionata in Le ragazze sul ponte (1927), è un aspetto distintivo della sua arte. Questi elementi architettonici servono a coinvolgere lo spettatore direttamente nella scena, enfatizzando la partecipazione emotiva. Munch ha saputo amalgamare influenze del Rinascimento, del Postimpressionismo e dell’Espressionismo, creando un linguaggio visivo unico che ancora oggi risulta sorprendentemente moderno e ricco di significato.

PER INFO

Munch. Il Grido Interiore_Palazzo Reale_ Milano

sino al 26 gennaio

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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