Proseguirà sino al 28 novembre la mostra “Michelangelo antifascista a Bari (1964-1965)”, ospitata nella Biblioteca di Storia dell’Arte dell’Ateneo del capoluogo pugliese.
La mostra, a cura di Andrea Leonardi, nasce sulle suggestioni di un’importante ricorrenza: nel novembre del ’64, nel giovane Ateneo istituito solo quarant’anni prima (quando fu intitolato a Benito Mussolini per omaggiarne l’ascesa), venne avviato un ciclo di conferenze curato da Adriano Prandi focalizzato sulle celebrazioni nazionali per il IV Centenario della scomparsa di Michelangelo Buonarroti. È in questa specifica circostanza che il ‘romano’ Prandi, fondatore dell’Istituto di Storia dell’Arte e Archeologia in Ateneo, invitò Carlo Ludovico Ragghianti, storico dell’arte militante, presidente del CLN Toscana, a parlare del suo critofilm intitolato “Michelangiolo”, appena proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia.
L’esposizione presenta un allestimento visuale e immersivo che, tra teche del tempo, percorsi 3D, antiche lastre da proiezione (Anderson, Alinari e Brogi), ambisce a ridefinire il paradigma di mostra di ricerca. Il catalogo, a cura di Andrea Leonardi per la collana ‘Dedalo Arti e Musei’ (EdiPuglia), presenta un ricco approfondimento opportunamente potenziato nei contenuti grazie ad un Qr-code che valorizzerà con le loro vive voci i già ricchi contributi di studiosi dei più diversi atenei italiani come Raffaella Cassano, Fabio Mangone, Elisa Bonacini, Lorenzo Mattei e Tommaso Casini.
In occasione del sessantesimo anniversario della proiezione del critofilm di Ragghianti a Bari, avvenuta presso il Teatro Kursaal Santalucia, “Michelangiolo” è riproposto al pubblico grazie all’impegno del Teatro Pubblico Pugliese e al prestito culturale garantito dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. La natura inclusiva e partecipativa di un prodotto della ricerca ha permesso di coinvolgere, infine, un folto gruppo di studenti della ‘Aldo Moro’ nel racconto delle tantissime storie parallele e vite parallele che hanno interessato le loro famiglie proprio nel 1964 e nell’arco degli anni Sessanta, quando l’Italia (e con lei la Puglia) sembrava procedere sul binario di uno sviluppo economico che si riteneva potesse tendere all’infinito e a beneficio delle generazioni future. Il tutto è stato realizzato grazie dal progetto CHANGES (Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society), diretto per UNIBA da Giuliano Volpe.
Professor Leonardi, come è nato questo progetto?
La mostra e il volume/catalogo che l’accompagna è frutto di un lavoro di ricerca svolto nell’ultimo anno e mezzo, sviluppato in partnership con la Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti ETS. L’idea è stata ben precisa sin dall’inizio: restituire al pubblico la tessitura dei rapporti tra Ragghianti e un centro come Bari nell’Italia del dopoguerra e di ciò che è accaduto dentro, intorno e fuori all’Istituto di Storia dell’Arte fondato da Adriano Prandi, giunto in Puglia nel 1947 e lì rimasto sino al 1975, nell’Ateneo ora intitolato ad Aldo Moro. Sorprendentemente, l’operato di Prandi è stato rimosso quasi per intero proprio nell’Università che lo vide protagonista per quasi trent’anni, una sorta di damnatio memoriae esercitata soprattutto da quanti, venuti dopo, non hanno saputo cogliere il valore dell’infrastruttura di ricerca ricevuta in eredità. Ovviamente, non avrebbe avuto senso fare la ‘storia di Adriano Prandi’. La sfida è stata quindi quella di individuare un tema d’interesse largo – Ragghianti, le celebrazioni michelangiolesche del 1964 – in grado di impattare anche sulla complessità di una città come Bari che, negli anni Sessanta in particolare, stava provando sempre più a proporsi come ‘Milano del Sud’, insomma un meridione ‘altro’.
Perché unire questi temi?
Immagino che anche Lei voglia chiedermi perché ‘Michelangelo antifascista’. Beh, innanzitutto mi faccia tranquillizzare Luca Beatrice che, di recente, ha gridato alla ‘follia’ dalle pagine di ‘Libero Quotidiano’. Premesso che la polemica intellettuale è sempre benvenuta, bisogna però poi restare sui fatti. A chiunque non ragioni con le sole lenti delle consuete schermaglie politiche (di destra e di sinistra) è evidente come, in questa mostra, si sia inteso dare conto non di un artista del Rinascimento improvvisamente. trasformato in un alfiere ante-litteram dell’antifascismo, bensì di come esso sia stato letto da antifascisti come Ragghianti nel secondo Novecento e di come la vicenda delle celebrazioni michelangiolesche del 1964 abbia avuto i suoi cascami anche lontano da centri come Roma o Firenze. Ovviamente, tutto questo è avvenuto senza dimenticare le luci e le ombre che hanno segnato il XX secolo, soprattutto quando si parla di Patrimonio Culturale dove, spesso, ancora oggi, è possibile rintracciare i segni di una continuità che, però, non è cosa facile da ammettere per nessuno. Il delta cronologico della mostra muove da una doppia ricorrenza, che cadde proprio nel 1964: da un lato, il ventennale del Congresso dei CLN tenutosi a Bari nel 1944, celebrato con un nuovo convegno presenziato da Aldo Moro; dall’altro, il quarto centenario della scomparsa di Buonarroti che produsse anche nella città di Bari i suoi effetti. In entrambe le circostanze fu invitato e presente Carlo Ludovico Raggianti, noto anche per le sue esperienze in campo politico e civile, in rapporto con l’editore Laterza almeno dal 1943 (pubblicò poi con lui ben due volumi nel 1946 e, ancora, avrebbe dovuto dare alle stampe proprio a Bari il Disegno della liberazione italiana), in costante contatto con il versante degli italianisti baresi guidato da Mario Sansone e, ancora, con Prandi dal 1963 al 1971.
Pensi che l’ultimo contatto documentato di Ragghianti con Bari cade nel 1978, qualche mese dopo l’assassinio di Moro da parte delle Brigate Rosse, quando un giovane Luciano Canfora gli scrisse per avere la sua opinione in merito a un altro assassinio ‘eccellente’, quello di Giovanni Gentile, il ‘filosofo del fascismo’. È in tale contesto che Prandi organizza un ciclo di conferenze dedicato alle tematiche michelangiolesche (i giornali del tempo titolarono ‘Come guardare Michelangiolo’), in occasione del quale Ragghianti giunse a Bari per parlare della sua pellicola forse più famosa (Michelangiolo), diventando protagonista di un’esperienza inclusiva e partecipativa che cadde giusto nel quarantennale del nostro Ateneo. E qui è necessario ricordare un tassello importante trascurato da Beatrice, e cioè che l’Università di Bari venne istituita nel 1924 e, subito dopo, nel 1925, intitolata a Benito Mussolini, con primo rettore Nicola Pende, tra i firmatari (si veda anche il Dizionario Biografico degli Italiani) del cosiddetto Manifesto della Razza.
Considerando che una figura come Michelangelo tornò proprio nel ’64 ad essere un ‘mito’ nell’Italia democratica, ma che aveva cominciato ad essere tale, cioè ‘mito’, tra gli anni e venti e trenta del Novecento, pare evidente (almeno a chi ha curato l’iniziativa) che l’invito di Prandi a una personalità come Ragghianti, così segnata dalle istanze dell’antifascismo, ripeto nell’Ateneo che giusto quarant’anni prima era stato dedicato al Duce, non sia stata una scelta neutra. Anzi, essa venne perseguita con una sua precisa progettualità che la mostra in questione ha inteso ricostruire in modo molto sereno, senza i consueti steccati ideologici che affliggono l’ormai sempre più sterile e scadente dibattito intorno alla cosiddetta ‘Cultura’.
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