Intesa San Paolo dedica sino al 29 settembre una grande retrospettiva a Felice Carena, tra gli artisti più importanti del Novecento italiano.
La mostra, a cura di Luca Massimo Barbero, Virginia Baradel, Luigi Cavallo ed Elena Pontiggia, presenta oltre cento opere, provenienti da collezioni pubbliche e private delle città in cui il pittore visse e lavorò (Torino, Roma, Firenze, Venezia), e interessanti inediti da prestiti privati. Carena, nonostante oggi non sia annoverato tra i nomi più conosciuti se non dal pubblico di addetti ai lavori, è stato considerato fino agli anni Quaranta uno dei grandi maestri del Novecento europeo ed al suo attivo ebbe una straordinaria produzione grazie alla sua ricerca pittorica, luminista e poetica, tanto da avere sin da subito numerosi inviti ad esposizioni internazionali e ottime committenze, anche in ambienti aristocratici. Notevoli le sue sperimentazioni che dimostrano una grande attenzione alle lezioni europee, sperimentazioni che spaziano dal simbolismo all’espressionismo, sino ai chiari riferimenti alla tradizione classica e rinascimentale, da Michelangelo a Piero della Francesca.
Nato a Torino in una famiglia borghese nel 1879, studia all’Accademia Albertina di Belle Arti dove segue i corsi di Giacomo Grosso e assimila la lezione di Bistolfi e di Segantini. Nel capoluogo sabaudo frequenta l’ambiente intellettuale e letterario, finché non si trasferisce a Roma nel 1906; di questo primo periodo si ricordano i diversi viaggi di studio in Europa (Parigi, Basilea, Monaco…), che molto influenzeranno il suo linguaggio. Pittore “rivelazione” alla Biennale del 1912, si afferma come figura di spicco della pittura del tempo. Osannato tra le due guerre, diventa professore all’Accademia di Firenze nel 1924, partecipa con una mostra personale alla Biennale di Venezia nel 1926, viene nominato Accademico d’Italia nel 1933, Commissario nazionale del Sindacato sotto Salò, e infine si aggiudica il Gran Premio alla Biennale del 1940. In mostra sono presenti le opere della piena plasticità degli anni Dieci come il notevole nudo di donna La Perla, le composizioni più astratte degli anni Venti – come Gli Apostoli, fino ad arrivare all’opera del 1933 L’estate (L’amaca), che è da considerarsi uno dei suoi maggiori capolavori ed è stata scelta come opera guida della mostra.
L’opera, oggi conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, segna il ritorno alla pittura di Carena dopo una lunga pausa per malattia. Nel dipinto l’artista rimedita la lezione courbettiana ed impressionista: la sua ricerca si orienterà, da questo momento, verso rappresentazioni più spirituali ed interiorizzate quali nature morte, ritratti e, soprattutto, composizioni sacre.
Nel Secondo dopoguerra Carena, non esente dalle conseguenze di una certa rimozione ideologica poiché visto come artista di regime, è preda di una crisi umana e artistica: abbandona la sua villa fiorentina, occupata dai tedeschi, e si ritira nel convento di San Marco; l’anno dopo si trasferisce a Venezia, anche per stare vicino alla figlia illegittima Marzia. Qui rifiorisce la sua vena creativa, influenzata non solo dai gradi maestri francesi ma debitrice della grande lezione dell’arte del Cinquecento e della scuola veneta, come si può notare nello stile dei dipinti del periodo. Espone ancora alle Biennali del 1950, 1954 e 1956, e in numerose mostre in Italia e all’estero negli anni Cinquanta e Sessanta; nel 1951 dipinge una pala d’altare nella Chiesa di San Rocco, nel 1963 una Deposizione per la Chiesa dei Carmini. Alla sua morte, nel 1966, lascia alla Galleria d’Arte Moderna di Cà Pesaro alcuni dipinti e venticinque disegni e alla Fondazione Cini un gruppo di 60 disegni.
Tra i soggetti più ricorrenti i temi a carattere sociale, i poveri, i contadini (si veda il bellissimo I Viandanti dal Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Casa Cavazzini di Udine) ma anche scene di genere come La Quiete, oggi alla Galleria Ricci Oddi di Piacenza e Le Bagnanti, una cui prima versione fu esposta alla Biennale di Venezia del 1926; qui Carena espose in una sala personale circa 50 opere, tra cui Gli Apostoli, oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze. Il tema religioso è perno centrale della poetica di Carena, tanto che egli ebbe modi di dire: “Se non avessi sperato di esprimere la mia fede con la pittura avrei fatto il missionario”; tra le opere in mostra la Deposizione del 1939, proveniente dai Musei Vaticani, che rinnova il percorso moderno dell’arte cristiana.
Già la critica del tempo (tra cui Ugo Ojetti e Antonio Maraini) sottolineava la capacità di Carena di coniugare in un linguaggio coerente e moderno numerose citazioni dell’arte del passato, ma anche della pittura più recente: artisti come Tintoretto, Giovanni Bellini, Caravaggio, ma anche Cézanne, di cui Carena era grande estimatore.
Nel Dopoguerra l’artista scelse un meditato isolamento nella città di Venezia dove strinse un rapporto intimo e profondo con alcuni suoi mecenati come Gilberto Errera e Vittorio Cini. Dopo aver lasciato l’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1945, Carena approfondisce i temi della natura morta e i temi sacri, come si vede nell’importante serie di disegni provenienti dalla Fondazione Cini, e lo straordinario e drammatico Adamo ed Eva dai toni terrei ed espressionisti, entrambi eccezionalmente in mostra presso le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo a Milano.
Attraverso sei sezioni espositive, ognuna dedicata a un periodo specifico della vita dell’artista – Tra Torino e Roma; Il periodo romano; Tra Roma e Firenze; Teatro; Il ritratto e la natura morta; Dipinti e Disegni Sacri – l’antologica restituisce il denominatore comune di tutti i lavori di Carena: la spasmodica ricerca di una luce interna agli oggetti.
Giovanni Bazoli, Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo, afferma: “La mostra antologica su Felice Carena che si apre oggi negli spazi del museo di Intesa Sanpaolo in Piazza Scala riporta in primo piano uno dei pittori più importanti del nostro Novecento. L’esposizione ricostruisce i passaggi della sua instancabile ricerca estetica, esistenziale e spirituale, con l’ambizione di consegnare alla storia, per un pieno riconoscimento formale, la vita e l’opera del grande artista torinese. Dopo la rassegna dedicata a Giambattista Moroni, le Gallerie d’Italia proseguono una programmazione espositiva originale che invita il pubblico a riscoprire i principali protagonisti e periodi dell’arte italiana ed europea.”
Il catalogo della mostra è realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia | Skira con testi dei curatori ed una analitica biografia di Lorella Giudici.
PER INFO
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