I busti reliquari ci restituiscono volti del passato, principesse, cavalieri, religiosi, e raccontano storie di devozione sopravvissute ai nostri giorni. Con diversi capolavori d’oreficeria, qualche ritrovamento e un recupero eccezionale.
Si è inaugurata nella sala Atelier di Palazzo Madama la mostra dossier Ritratti d’oro e d’argento, a cura di Simonetta Castronovo, visibile sino al 12 luglio 2021. La mostra presenta una galleria di busti reliquiario dal Trecento al primo Cinquecento, provenienti da tutte le diocesi del Piemonte e raffiguranti santi legati alle devozioni del territorio dalla Svizzera e dall’Alta Savoia. I busti sono a tutti gli effetti dei ritratti in oreficeria solitamente in rame o in argento dorato, spesso arricchiti da pietre preziose, vetri colorati e smalti; opere dalla valenza doppia, sia opere d’arte sia oggetti funzionali, custodie per le reliquie dei santi che rappresentano e, in quanto tali, ancora oggi venerati dai fedeli come simboli e santi patroni che identificano un territorio.
Come racconta la curatrice della mostra Simonetta Castronovo: “Questa mostra nasce da un progetto nato anni fa, quando Enrico Castelnuovo e Marco Collareta sottolinearono la presenza significativa di busti reliquiari tra Piemonte e Valle d’Aosta dal medioevo all’epoca barocca, un numero per certi versi superiore rispetto ad altre regioni d’Italia, suggerendone uno studio più approfondito. Il progetto di mostra qui realizzato ha focalizzato l’attenzione sui busti di epoca medioevale e avrà una seconda sede ad Aosta, dove dal 27 marzo al 6 giugno sarà allestita un’esposizione dei busti realizzati in Valle d’Aosta nel Medioevo. Entrambe le iniziative nascono nell’ambito dei progetti di ricerca della rete internazionale Art médiéval dans les Alpes.
I reliquiari sono custodie, di forme e materiali diversi, realizzate per conservare ed esporre le reliquie. Il termine “reliquia” deriva dal latino reliquus, “ciò che resta”, in questo caso i resti mortali dei santi (reliquie corporee, o primarie); i busti reliquiari rientrano in una tipologia di rappresentazione devozionale che si diffonde già in età carolingia ed ha grande successo in epoca romanica e gotica, scegliendo di rappresentare di volta in volta con metalli preziosi la parte del corpo della reliquia conservata: per questo progetto in particolare abbiamo scelto di focalizzare l’attenzione sui reliquiari che rappresentano busti e teste. Questa scelta permette di ampliare, oltre a considerazioni di tipo puramente storico-artistico, alcune riflessioni sulla ritrattistica e sull’agiografia medioevale sviluppatasi in un ambito geografico piuttosto ampio ma circoscritto entro quelli che sono i confini storici del ducato di Savoia, tra Piemonte, Svizzera, Francia e Valle d’Aosta. Interessante anche rilevare le ragioni dell’abbondanza di metalli preziosi in quest’area, dovuta principalmente alla presenza di miniere di rame e argento in Val di Susa e nel canavese che riuscivano a fornire materie prime. La fortuna di questa rappresentazione ha anche ragioni storiche: nella cattedrale di Vienne, vicino a Grenoble, si conservava sin dal IX secolo una testa reliquiario di San Maurizio (oggi perduta), la più antica testimonianza dell’Europa Occidentale. Conosciamo questo esemplare dai documenti storici che lo restituiscono come un oggetto di sfolgorante bellezza, che verosimilmente fece scuola per tutta l’area alpina.
Il censimento è dunque partito dalla ricognizione dei reliquiari conservati nelle diocesi del Piemonte, siamo arrivati oltre ad una cinquantina di esemplari, qui ne sono stati selezionati 18 allestiti secondo una precisa scansione temporale cronologica a partire dalla prima metà del XIV secolo; interessante notare come muti anche la resa del ritratto medioevale, talvolta realistico (anche grazie alle maschere funerarie utilizzate come modelli dagli orafi), talvolta astratto e ieratico”. Di grande fulgore, nella vetrina centrale, il busto in argento di Giove (II-III sec- d. C.), capolavoro del Museo Archeologico Regionale di Aosta e ritrovato in uno scavo archeologico al Piccolo san Bernardo; il busto introduce il tema dei modelli – busti in metallo di età romana, raffiguranti divinità olimpiche o imperatori – cui guardarono gli orafi medievali per realizzare i ritratti dei santi.
Vi sono reliquiari datati e attribuiti con certezza come quello di San Giovenale (sappiamo dai documenti che il 6 settembre 1417 la Tesoreria del principe Ludovico d’Acaia paga l’orafo Severino Dorerio, suo artista di fiducia) o San Bernardo di Aosta: quest’ultimo è stato commissionato dall’abate dell’abbazia di San Lorenzo di Novara all’orafo lombardo Beltramino de Zuttis: il particolare realismo del ritratto si deve forse all’utilizzo di una maschera funebre.Particolarmente raffinata la decorazione del busto: dalla dalmatica punzonata con un motivo a piantine di fragola pointillé, alla stola e colletto in rame traforato con fiori a smalto bianco e blu.
Questa mostra ha permesso di ricostruire alcuni casi che sono stati studiati e restaurati proprio per questa esposizione, come nel caso dei San Ruffino e san Venanzio provenienti dalla diocesi di Tortona: i due santi eremiti, forse provenienti dal celebre monastero di Bobbio (Piacenza), sarebbero vissuti nel VI secolo, impegnandosi nell’evangelizzazione delle campagne attorno a Tortona. Si deve probabilmente a essi l’arrivo nel piccolo borgo di Sarezzano (dalla biblioteca di Bobbio?), dell’Evangeliario purpureo, un codice mutilo rarissimo del V-VI secolo, i cui 72 fogli superstiti sono in pergamena purpurea (oggi a Tortona, Museo Diocesano). I due busti, quasi identici, rappresentano un unicum anche dal punto di vista tecnico. Il restauro realizzato in occasione della mostra ha appurato che sono stati realizzati in una lega stagno/piombo, cioè in peltro, un metallo povero, di cui non è finora documentato l’impiego per i busti reliquiario, mentre era molto comune tra Medioevo e Rinascimento l’uso del peltro per gli arredi liturgici più semplici e soprattutto per il vasellame da tavola. Uno strato di colofonia, o pece greca, è stato poi steso sul peltro, per conferire ai volti un effetto di bronzatura. L’artista, forse un armaiolo, potrebbe essere un lombardo formatosi nel cantiere del Duomo di Milano e venuto a contatto con correnti stilistiche nordiche.
C’è anche una vicenda curiosa relativa alla restituzione del busto reliquiario di San Teobaldo, sottratto dal Duomo di Alba. L’opera viene qui esposta per la prima volta dopo il suo ritrovamento: le tracce del reliquiario si erano perse in seguito a un furto negli anni Ottanta del Novecento; segnalato nel 2011 tra le collezioni dell’Institute of art di Minneapolis negli Stati Uniti da un giornalista locale, fece ritorno ad Alba nel 2014, grazie all’intervento del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale – Nucleo di Torino. Il santo è particolarmente amato nel territorio albese: Teobaldo Roggieri, nato intorno al 1100 a Vicoforte, era un ciabattino, e visse buona parte della vita ad Alba. Dopo il pellegrinaggio a Santiago di Compostela si dedicò all’assistenza dei poveri e alla cura della chiesa di San Lorenzo; morì nel 1150 e, secondo le sue volontà, fu sepolto vicino alla Cattedrale. In questo stesso luogo le sue spoglie furono ritrovate il 31 gennaio 1429 dal vescovo di Alba Alerino Rembaudi: le fonti narrano di un evento accompagnato dal miracoloso suono delle campane.
Da segnalare ancora per la raffinata fattura il bellissimo reliquiario di San Giorgio Martire, proveniente dalla chiesa di San Giorgio Martire di Chieri, scelto per l’immagine di comunicazione della mostra: un giovane e sofisticato San Giorgio, compagno di san Maurizio nella Legione Tebea. Il santo è raffigurato come un elegante cavaliere medievale con il bavero dell’armatura che sale fino al collo, il colletto chiuso da bottoni in smalto e perle e pizzetto a doppia punta; l’aureola è fittamente iscritta. a teca che conteneva la reliquia del cranio, secondo una felice invenzione dell’orafo, è pensata come una raffinata decorazione posta sulla fronte del santo. Secondo le fonti, nel 1347, dopo l’infeudazione di Chieri ai Savoia e agli Acaia, i pinerolesi fecero dono alla cittadinanza di un frammento della testa di san Giorgio. Verso la fine del XIV secolo la comunità chierese fece realizzare il capo in argento, per contenere le reliquie ottenute già da alcuni decenni.
La mostra è corredata da due cataloghi: il primo, a cura di Simonetta Castronovo e Viviana Vallet, edito dall’Artistica Editrice, raccoglie le schede delle opere in mostra a Palazzo Madama e al Museo del Tesoro della Cattedrale di Aosta; il secondo volume di studi, in francese ed edito da Silvana Editoriale, riunisce invece gli interventi di tutti i musei – italiani, francesi e svizzeri – che hanno partecipato al progetto, con saggi sull’oreficeria, le vetrate e il mobilio intagliato nell’antico ducato di Savoia.
Per info
Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica
Piazza Castello, 10122 Torino
Orari di apertura: mercoledì e giovedì 11.00-19.00; venerdì 11.00-20.00.