La notizia della scomparsa di Philippe Daverio, morto questa notte all’istituto Tumori di Milano, è una di quelle che scuotono nel profondo il mondo dell’arte e della cultura, che in queste ore gli sta tributando un affettuoso omaggio. Una notizia inaspettata, una malattia crudele di cui nessuno sapeva e che ha accresciuto in tutti l’iniziale sconcerto sino alla dolorosa presa d’atto.
Daverio è, nel panorama italiano, una figura del tutto particolare, poliedrica e stravagante: storico dell’arte (ma con studi di economia, mai completati) saggista, docente, straordinario divulgatore, scrittore, è da tutti ricordato come personaggio televisivo per numerose trasmissioni culturali di grande successo, tra cui, la più celebre, Passepartout, da lui ideata e condotta dal 2002 al 2012 su Rai Tre. Daverio aveva saputo costruirsi un’identità precisa e riconoscibilissima, grazie ad una giusta dose di consapevolezza e ironia, e ne aveva fatto un marchio di fabbrica: i suoi occhiali tondi, il papillon, la raffinatezza nel vestire con un gusto volutamente classico ed eccentrico, la parlata da straniero in Italia (poliglotta, teneva molto alle sue radici mitteleuropee) ne hanno disegnato i contorni in modo indelebile. Ma è il modo di raccontare la storia dell’arte (e di scriverne) che lo ha reso unico: uno sguardo da antropologo culturale, un immediato e intuitivo coinvolgimento col pubblico che attraeva a sé con fare colto e sornione, ironico e coinvolgente, sino a renderlo partecipe di una vicenda descritta in modo chiaro e competente, mai banale (e per questo si rivelava fondamentale il montaggio televisivo, rapido e incisivo, fatto di zoomate delle opere alternate a primi piani suoi, talora volutamente sconcertanti); contenuti serissimi eppure non scevri da pettegolezzi, dettagli gustosi, legami pindarici – ma non troppo, in realtà collegati tra loro in una ricchissima visione globale – con la storia, la politica, la musica, (che amava profondamente) financo la cucina, di cui era grande estimatore, rendevano ogni puntata una fluida cavalcata tra arte e cultura, persino gioiosa, premiata da ascolti importanti anche all’ennesima replica.
Nato il 17 ottobre 1949 a Mulhouse da padre italiano, Napoleone Daverio, costruttore, e da madre alsaziana, Aurelia Hauss, Daverio frequenta il Liceo Scientifico Francese e la Bocconi di Milano senza laurearsi, pur avendo superato tutti gli esami. Appassionato d’arte e di musica, nel 1975 apre una galleria in via Monte Napoleone a Milano, dedicata alle Avanguardie della prima metà del Novecento, nel 1986 una a New York e infine una terza nuovamente a Milano, dedicata all’arte contemporanea.
Ha curato numerosissime mostre in Italia e all’estero ed ha avviato anche una propria casa editrice, le Edizioni Philippe Daverio, dando alle stampe, in collaborazione con Leonardo Mondadori, il catalogo delle opere di Giorgio De Chirico e di Gino Severini. Dal 2008 è direttore del periodico Art e Dossier per la Giunti Editore e ha svolto ruoli da consulente per la casa editrice Skira, ha collaborato con numerose riviste e quotidiani tra cui Panorama, Vogue, Il Sole 24 Ore, National Geographic, Touring Club.
Già docente di Storia dell’arte presso lo IULM di Milano, laurea in Comunicazione e gestione dei mercati dell’arte e della cultura, ha svolto diversi corsi di Storia del design presso il Politecnico di Milano, e dal 2006 è stato professore ordinario di Disegno Industriale presso l’Università degli Studi di Palermo. Tra le numerose esperienze si ricorda anche quella politica: assessore a Milano dal 1993 al 1997 nella giunta Formentini, con le deleghe alla Cultura, al Tempo Libero, all’Educazione e Relazioni Internazionali, si è occupato della ricostruzione del Padiglione d’Arte Contemporanea distrutto a seguito dell’esplosione della bomba avvenuta in data 27 luglio 1993 partendo dalla ricerca degli sponsor, al coordinamento degli interventi sia tecnici sia amministrativi.
Uno dei primi messaggi di cordoglio pubblici è stato quello del sidaco di Milano Beppe Sala: «Con Philippe Daverio scompare uno dei grandi protagonisti della vita culturale di Milano degli ultimi decenni. Daverio è stato un innamorato di Milano cui ha sempre dato la forza della sua originalità e della sua competenza, dal Comune alla Scala fino al Museo del Duomo e a Brera. L’ho visto all’opera in tanti frangenti, non sempre ho condiviso le sue posizioni, ma mi ha sempre colpito la sua libertà di pensiero. Soprattutto Milano e l’Italia devono allo spirito internazionale e alla capacità comunicativa di Philippe la sua lotta in difesa del bello e dell’arte del nostro paese di cui fu un instancabile e geniale divulgatore. Grazie, Philippe, and “save Italy”!»; il riferimento è al movimento d’opinione Save Italy, fondato da Daverio 2011, anno in cui ricorre il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, per sollecitare cittadini e intellettuali a favore della tutela della enorme eredità culturale del Bel Paese.
Scrittore prolifico, tra gli ultimi libri pubblicati La mia Europa a Piccoli Passi, uscita per Rizzoli nel 2019 e il Racconto dell’Arte Occidentale dai Greci alla Pop Art, uscito lo scorso 23 luglio per Solferino.