Fino al 19 gennaio 2020 la mostra WO | MAN RAY. Le seduzioni della fotografia celebra un grande maestro dell’arte del XX secolo, Man Ray, con una preziosa selezione di circa duecento fotografie, realizzate a partire dagli anni Venti a Parigi, dove Man Ray divenne protagonista assoluto della vita culturale cittadina.
Introduce la mostra, che nella prima settimana di programmazione è già stata vista da più di 3500 persone, il direttore di CAMERA, Walter Guadagnini, che con Giangavino Pazzola ne ha seguito al curatela: […] Immagino le mostre come dei dispositivi narrativi, racconti che devono saperti coinvolgere man mano che procedono: così è questa mostra che celebra un grande maestro della fotografia ma non solo. C’è un tema principale, Man Ray (al secolo Emmanuel Radnitzky, (Philadelphia, 1890 – Parigi 1976) e il rapporto con il mondo femminile, ma si mette anche in luce il fatto che molte delle modelle ritratte siano state esse stesse artiste e fotografe e siano diventate protagoniste – a diverso titolo – del fantastico periodo storico in cui ha vissuto Man Ray.
L’idea della mostra è di raccontare non solo il classico rapporto dell’artista e la modella ma di puntare l’attenzione sulla modella stessa, non solo musa o amante. Penso in particolare a Berenice Abbott e Lee Miller, ma anche a Dora Maar, rivalutata in questi anni non solo come la sfortunata compagna di Picasso ma come grande fotografa, le cui immagini peraltro sono oggi molto rare. Una mostra dunque che racconta la vita culturale e gli intrecci della Parigi degli anni ‘20, dove per vivere i fotografi erano ritrattisti per grandi committenti (e questo ci racconta un altro spaccato sociale del tempo:; inoltre, in questi pochi decenni, Man Ray è riuscito a rivoluzionare il linguaggio fotografico apportando significativi cambiamenti verso un uso moderno dell’obbiettivo fotografico. In questa prospettiva abbiamo ricreato un ambiente e un intero periodo storico, raccontando una storia in parte inedita attraverso dei capolavori grazie al taglio innovativo nell’accostamento insieme biografico e artistico dei protagonisti di queste vicende”.
“Lee Miller, Berenice Abbott, Dora Maar, Meret Oppenheim, Kiki de Montparnasse, Nusch Éluard, Juliet (l’ultima moglie a cui è dedicata una grande parete che raduna la serie dei 50 ritratti): artiste, modelle, amiche, compagne. E tra i ritratti si riconoscono le protagoniste della Parigi degli anni Venti e Trenta, Gertrude Stein, Nancy Cunard, Sylvia Beach, Youki Foujita Desnos. Tutte, in modi diversi, legate per periodi più o meno lunghi a Man Ray, giunto a Parigi nel 1921 con la fama di “dadaista newyorchese”, introdotto da Marcel Duchamp, amico di Tristan Tzara (anche loro sono in mostra) e subito pronto a mostrare quali magie si potessero fare in camera oscura: Man Ray fu infatti autore dei “rayographs” e delle solarizzazioni, due procedimenti tecnici che sono diventati gli emblemi dell’invenzione fotografica delle avanguardie di inizio secolo. Tra le opere esposte le leggendarie “Le Violon d’Ingres” (1924), “Noire et blanche” (1926), “La Prière”. Un grande repertorio di immagini a disposizione del pubblico reso possibile grazie alla collaborazione con numerose istituzioni e gallerie nazionali e internazionali dallo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma – Sezione Fotografia, all’Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, dal Lee Miller Archive del Sussex al MAST di Bologna alla Fondazione Marconi di Milano. Realtà che hanno contribuito, tanto con i prestiti quanto con le proprie competenze scientifiche, a rendere il più esaustiva possibile tale ricognizione su uno dei periodi più innovativi del Novecento, con autentici capolavori dell’arte fotografica”.
Riguardo all’immediata risposta dei visitatori Guadagnini commenta: “Il pubblico premia ancora una volta la scelta di CAMERA di coniugare popolarità e scientificità, riconoscibilità e originalità: Man Ray è un grande nome, ma la prospettiva in cui è offerto agli spettatori di CAMERA è del tutto nuova, ed è questa una delle chiavi principali del successo della mostra, oltre al grande fascino delle immagini esposte, capolavori assoluti della fotografia del XX secolo“.
Emanuele Chieli, Presidente di CAMERA, sottolinea: “Questa mostra rappresenta un nuovo, importante passo nel percorso di ricerca e di presentazione al pubblico intrapreso da CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia ormai quattro anni orsono: si tratta infatti non solo della prima mostra di CAMERA dedicata a un grande maestro della storia della fotografia mondiale del XX secolo, ma anche dell’approccio nuovo a un tema così attuale come quello del ruolo della donna all’interno di ogni ambito della società, compreso quello artistico.
Tra i volti che si affacciano dalle pareti, numerosi sono i personaggi che hanno movimentato la scena culturale del tempo, dall’editrice Sylvia Beach – leggendaria proprietaria della libreria Shakespeare and Company – al fotografo Eugène Atget, da scrittori come Jean Cocteau, André Gide e James Joyce a pittori come Léonard Foujita. uesti ritratti dialogano con quelli realizzati da Man Ray a due influenti artisti dello scorso secolo, nonché preziosissimi amici, come Tristan Tzara e Marcel Duchamp – qui nelle vesti di Rrose Sélavy – esponenti di primo piano e autentici numi tutelari del movimento Dada, del quale lo stesso Man Ray sarà protagonista assoluto. In questo nucleo vengono presentati anche ritratti che il fotografo americano fece a diversi clienti e sodali, dalla mecenate Gertrude Stein alla Marchesa Casati, dallo stilista Paul Poiret (in questa selezione viene esposta la fotografia a una sua modella) a Lee Miller, musa e assistente.
Notevoli i due nuclei esposti nel corridoio centrale: The Fifty Faces of Juliet (1941 – 1955) e La mode au Congo (1937). Il primo nucleo è racchiuso in un progetto di libro d’artista che Man Ray dedica alla moglie Juliet Browner, conosciuta a Hollywood nel 1940 e sposata sei anni dopo. Si tratta di 50 immagini in bianco e nero, spesso ritoccate a mano con pastelli colorati o stampate con innovative tecniche fotografiche, dove Juliet si offre allo sguardo di Man Ray dando vita a immagini di estrema eleganza e sensualità.
In La mode au Congo, venne chiesto a Man Ray di realizzare fotografie di cappelli per un servizio di moda. Il risultato di queste sessioni di posa è un carattere del tutto originale, poiché le modelle vengono ritratte con oggetti d’uso comune posti sulle loro teste, come – per esempio – un cestino per il pane, un centrino o un piumino per la polvere. Utilizzando i codici della fotografia di moda, Man Ray esprime anche una sottile ironia nei confronti dell’industria culturale.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale contenente la riproduzione delle opere esposte, i saggi dei curatori e di altri studiosi, Mauro Carrera e Paolo Barbaro.
Per info
CAMERA. Centro Italiano per la fotografia -Torino