Caterina Gualco ha ideato e curato la mostra temporanea Fluxus Eptastellare presso la Fondation du Doute a Blois con sette storici artisti legati al movimento Fluxus: Giuseppe Chiari, Philip Corner, Geoffrey Hendricks, Alison Knowles, George Maciunas, Ben Patterson, Ben Vautier. Canale Arte presenta un aprofondimento e una galleria di immagini, in cui la storica gallerista Genovese Caterina Gualco ci racconta l’eterno presente e l’assolutà libertà degli artisti di Fluxus, accompagnandoci attraverso le loro predisposizioni ludiche formali e le entusiasmanti emancipazioni sostanziali.
Ivan Fassio: Per il nostro mondo contemporaneo che è plasma prensile, in cui il virtuale si fa carne, Fluxus rappresenta un precedente. Nelle strutture mimetiche rispetto alla problematicità comunicativa e per la discussione sull’autenticità del fatto artistico, questa corrente si immerge istintivamente in crepe di sistema, colmando con la libertà tutti i vuoti inevitabilmente lasciati dal conformismo artistico. Che cosa significa allestire una mostra, a decenni di distanza, che deve tener conto dell’inascoltato e del sommerso di allora? Quanto contano, nei temini della registrazione di un effettivo dato espressivo, le categorie del residuale, dell’esperimento, del tentativo e dell’estemporaneo?
Caterina Gualco: Premetto che questa non è una mostra antologica, è semplicemente una mostra che vuole parlare di Fluxus attraverso le scelte di una persona che se ne è occupata per 40 anni. Ed è una mostra che non si pensa in un ordine cronologico, ma in ordine di “eterno presente” nel quale “Fluxus non è mai morto perché in realtà non è mai nato”, come hanno sovente asserito i suoi adepti. In una situazione di eterno presente, memoria del passato e nostalgia del futuro convivono tranquillamente. Direi che tutto si muove nella più assoluta libertà, che non è totale anarchia.
I.F.: Un tale modus operandi circolare – tanto ridotto e minuzioso rispetto alla situazione globalizzata odierna quanto aderente alla realtà che avrebbe predetto – può rappresentare anche un insegnamento o un esempio per la creazione di una narrazione? L’archiviazione, la documentazione raccolta a posteriori e la ricostruzione storica possono essere determinanti e scatenanti nella formulazione di una inedita idea di fruizione artistica?
C.G: Insisto sull’idea di presente… un prima, un dopo… ma fondamentalmente un “ora”…
Dei sette artisti in mostra, che ho scelto semplicemente perché sono quelli che conosco meglio, con i quali ho lavorato e vissuto di più, e che quindi mi “sembra” di amare di più, come si ama di più un pezzo di musica che si è ascoltato decine di volte, soltanto tre sono ancora tra noi, Philip Corner, Alison Knowles, Ben Vautier. Ma gli altri, non più presenti, continuano ad aleggiare attorno alle loro opere e a farsi lo sgambetto tutte le volte che possono.
I.F.: In fondo, un flusso è sempre contemporaneo, presente. Per assurdo, temporaneamente un fiume in secca rimane tale. Quali sono gli apporti continui di tutti gli agenti: artisti, collezionisti, curatori, scrittori, spettatori? Potremmo creare una immaginaria stratigrafia parallela delle funzioni, degli interventi attivi e delle casualità favorevoli per la fruizione di Fluxus?
C.G.: Questa era la specialità di George Maciunas, quella di fare diagrammi, elenchi, e tabelle varie. Anche Ben Vautier ci si diverte, dando anche un voto alle sue opere/azioni e a quelle dei suoi compagni… Io confesso che preferisco divertirmi ed entusiasmarmi davanti a persone che “fanno le cose che fanno per il gusto di farle”, come ha scritto Henry Martin in un suo bellissimo testo che osa definire Fluxus un’attività libidinale.