Jean-Paul Charles presenta un’esposizione di opere pittoriche paesaggistiche, attualizzate e in stretto dialogo con il sistema della comunicazione mediatica. Una mostra dai significativi risvolti sociali, relazionali, ecologici; dove le pratiche figurative, espressive e informali dell’autore si intrecciano alle modalità di condivisione contemporanea. Dal 19 gennaio 2019, con la supervisione di Luigi Oddoero, presso il Circolo Pablo Neruda di Pinerolo in via Guglielmone, 1: inaugurazione a partire dalle ore 16 con una presentazione letteraria dello scrittore e saggista Antonio Derro. Canale Arte propone qui un’interpretazione critica dei lavori di Jen-Paul Charles.
Il paesaggio di montagna, i crinali e le folate, le colline a scendere, il sole in lontananza. Nel fondo, laghi placidi, sconvolti puntualmente dal terrore magico del fulmine, dal sovrannaturale avvento impercettibile alla vista, registrato in sbattere di ciglia, memorizzato come inspiegabile scarto di natura: falla, fenditura. Cieli ingialliti dall’annuncio della grandine si perturbano: ci dirigono ai rifugi. Di notte, in ultimo, il nostro cavallo si dibatte tra gli sciami colorati delle stelle, fasci nelle tenebre, lucciole. Sintomi rocciosi, in basso, accolgono radici, reggono arbusti, alberi, a guidarci in taglienti prospettive; mentre camminiamo, svoltando tornanti a gomito, per scoprire scorci inesplorati, panorami. Superfici riflettenti, finali chiusi, sordi all’attrazione delle uscite, ci assoggettano, immobilizzano, pietrificano di fronte al sortilegio dell’eterno ciclico, delle maree dell’universo. Cataclismi necessari: eruzioni o nubifragi utili a fissare, nello spazio, tutti i puntelli dello scorrere del tempo. Poi, la calma e la musica: l’armonia del silenzio primordiale. Tra un filo d’erba e il suono d’un violino, una lepre fa capolino dalla tana. Ecco la pittura, così antica, contemporanea. Poiché tanto vicine, eppure sempre allontanate dal mondo e da noi stessi, sono le capacità di sentire: le impressioni e le emozioni, le particolarità da condividere.
Ad avvicinarsi alla pratica estetica di Jean-Paul Charles, si scopre sul supporto la fluidità della comunicazione odierna: lo sguardo dell’autore riversato sulla tela, mise-en-abyme della soggettività, le focalizzazioni dell’altro, l’inserto residuale da miriadi di opinioni e schermi accesi, il calpestio dei passi tracciato confusamente sul terreno dei colori, lo spettro parcellizzato della visione, i materiali di recupero verniciati, reinventati, accostati per contrasto o per similitudine. Dunque, la prova è traccia, flusso ipnotico, dove lo stesso agente creatore si trova imprigionato. Da qui, la provocatoria massificazione e spersonalizzazione del prodotto artistico, privato della convenzionale aura e distribuito sui canali dei social network, allestito e aggregato in maniera consapevolmente estraniata, accompagnato da testi, segnali, messaggi pubblicitari, riferimenti ai lavori di trasmissione, diffusione globale; ironicamente maltrattato e oltraggiato. Allo stesso modo, per un malinconico controcanto, vagano nel disegno e nei dipinti le miracolose effigi di un mondo perduto immacolato, pronto a rinascere in qualche immaginabile futuro, possibile impossibile, irrevocabile eventuale.
Ivan Fassio