Inaugura oggi, lunedì 29 ottobre dalle 19.00, la mostra/installazione di Maximiliano Siñani presso ERA AURORA di Davide Bava in Lungo Dora Napoli 6 a Torino. Canale Arte propone qui un testo poetico e uno stralcio di presentazione critica sull’opera dell’artista di origine Boliviana, operante a New York e a Torino. Fino al 4 novembre, in concomitanza con incontri e laboratori di poesia vivente.
Coriandoli Oro Color Festdi Maximiliano Siñani
L’unica volta stellata rimandava ricordi d’infanzia e le tristezze del carnevale, il mondo caduto su croci, diamante affondato, sepolto, alla foce dell’arcobaleno. Un bambino dava una voce in salita, chiamava distante. Oggi, era suo padre. Sul cielo scorreva mosaico di musiche azzurre: le paure e i tremori dell’eternità. Domani, forse, la madre. L’architrave s’alzava reggendo le pause del giorno di festa. Si apriva, prima in volute, un bosco di umori infiniti; passava: raccolti, sfilavano i felici rigagnoli dell’identità. Volti mascherati di volpi, dei lupi, e i riccioli d’oro delle bambole in marcia. I gatti e le code, le zampe, i fiotti turchini tra le nuvole candide. Dentro, i ricevimenti galanti delle dame in divise uniformi, trattenute livree. Salotti, vassoi, teiere, caffè.
Di gaia luce sfioriva quel testo: pian piano, per mattutine carezze, ogni gesto lasciava il presente. S’insinuava, in semplici frasi o sentenze, la tenerezza di perdita. Inavvertita, la fiamma scolorava dai muri ogni sorta d’intonaco. Mai l’imperfetto era stato più tragico.
Maximiliano Siñani seppellisce il luogo contemporaneo di coriandoli. Dove, a vista d’occhio, ci si perde fino alle ginocchia nella malinconia d’ogni occasione perduta. L’installazione equivale a un’operazione di doratura, quando dal tessuto della superficie emerge, fissando lo sguardo a forza, tutta la carica del firmamento. La galassia è lo sfondo – duraturo, certo e inscalfibile – del tempo umano. Di là da esso, ci aspetta la mancanza del confine: una vuota scienza, inebriante di religione. Qui, invece, siamo imprigionati nel palato dei godimenti. Ad ogni peccato, si frappone una prima pietra. Inutile dirci che ci mascheriamo, velando l’attimo di infelice sacralità. Nel futuro ci attende il nero lavoro dei disallestimenti, la pratica necessaria della conclusione, dei cantieri interrotti. O, forse, c’è la possibilità di dimenticare i ricordi e restare distesi sul prato fiorito del cielo?
Ivan Fassio