Sarà visitabile sino al 15 luglio negli spazi prestigiosi e incantati di Palazzo Ducale a Urbino, sede della Galleria Nazionale delle Marche, la straordinaria antologica “Panta Rei” dedicata all’artista montefeltrino Gio’ Pomodoro.
La mostra, fortemente voluta dal Direttore Peter Aufreiter, nasce dal progetto ideato dall’architetto Marisa Zattini, curatrice dell’evento in stretta collaborazione col figlio dell’artista Bruto Pomodoro, che propone un dialogo inedito fra l’arte rinascimentale e la scultura classica contemporanea. Questo omaggio al Maestro marchigiano avviene a sedici anni dalla sua scomparsa e a quattordici anni dall’inaugurazione della piazza a lui dedicata a Orciano, “Luogo scolpito” dell’artista nelle sue amate terre d’origine. La cultura artistica paesaggistica e storica del Montefeltro ha influito in modo decisivo, come ha più volte ricordato l’artista, sul suo percorso artistico e intellettuale: la scoperta in età giovanile dei capolavori dell’umanesimo rinascimentale, in particolare quelli di Piero della Francesca e di Raffaello custoditi nelle sale della Galleria Nazionale, sono stati fondamentali per lo sviluppo creativo del giovane artista.
Il cortile di Palazzo Ducale, nelle sopralogge e negli affascinanti spazi sotterranei, appannaggio della corte di Federico, Duca di Montefeltro, ospita 25 sculture fra marmi, bronzi e poliesteri, alcuni di dimensioni monumentali. A completamento della mostra si potranno ammirare una dozzina di grandi carte disegnate a china, alcune delle quali inedite, strettamente connesse al ciclo delle Tensioni, alle quali il progetto espositivo è interamente dedicato.
Abbiamo incontrato la curatrice del progetto, l’architetto Marisa Zattini, a cui abbiamo rivolto alcune domande.
Architetto, come nasce l’idea di questa grande mostra, legata alla scultura di Gio’ Pomodoro ed ospitata nel prestigioso Palazzo Ducale di Urbino? Puoi delinearci le linee guida della mostra e le scelte curatoriali fatte in merito alla selezione delle opere del grande Maestro?
La città di Urbino e Palazzo Ducale sono uno degli esempi di architettura rinascimentale più significativi del nostro Paese. Gio’ Pomodoro (Orciano di Pesaro 1930 – Milano 2002) è indubbiamente uno dei maggiori protagonisti della scultura italiana del XX secolo.Peter Aufreiter è un Direttore dinamico e attivissimo, pronto ad accogliere una proposta di valorizzazione reciproca fra due arti sorelle: Architettura e Scultura. Quale migliore occasione, dunque, per proporre una grande mostra di questo grande Artista, peraltro marchigiano, in una sorta di ideale “ritorno a casa”, a 16 anni dalla morte? Non dobbiamo dimenticare che Gio’ Pomodoro è sempre stato profondamente legato ai propri luoghi natali. Più volte ha ricordato quanto la cultura materiale, paesaggistica e storica del Montefeltro abbia influito sul suo percorso artistico e intellettuale: la scoperta in età giovanile dei capolavori dell’umanesimo rinascimentale, in particolare quelli di Piero della Francesca e di Raffaello custoditi nelle sale della Galleria Nazionale, sono stati fondamentali per il suo sviluppo creativo.
A Urbino, non volevo fare una mostra antologica ma una ricognizione tematica attraverso le opere più significative della ricerca sulle “tensioni” – sul vuoto e sul pieno – avviata alla fine degli anni Cinquanta e ripresa poi negli anni Novanta e all’inizio del 2000. Tensioni, Folle, Derive… Gio’ ha scritto: «Con le “superfici tese” ho realizzato forme di vuoto senza soluzioni di continuità, dove il vuoto coincide con il pieno, in un espandersi virtualmente infinito. Le forze e le energie pongono in tensione il sottile diaframma della superficie realmente modificandolo e formandolo. Non c’è rappresentazione perché l’azione accade, senza scaricarsi, restando permanente a se stessa, catturata nella superficie».
Quadrato della mente II (1965), la prima opera collocata nel Cortile d’Onore di Palazzo Ducale, penso esprima esemplarmente la pertinenza “classica” dell’indagine nella ricerca della scala reale del corpo umano e dello spazio che l’estensione del corpo stesso occupa. Uno specchio dimensionale ideale dell’essere stesso dell’artista, fisicamente e psichicamente, nello spazio, che recupera pienamente l’idea rinascimentale dell’uomo al centro del mondo, fortificante e al contempo consolatoria e salvifica.
Il titolo della mostra “Panta Rei” pone fin da subito l’accento sul continuo divenire dell’uomo. Ci può descrivere come questo concetto si legga nelle opere di Pomodoro, nell’ambito della sua ben più ampia creatività e ce la descrive dal punto di vista storico?
L’aforisma di Eraclito «panta rei» (tutto scorre) prescelto a titolo per questa mostra urbinate pone l’attenzione sull’impermanenza delle cose e sul loro eterno divenire. Perché ogni esperienza umana è sempre unica e irripetibile. Ogni cosa, nella sua realtà apparente, è sottoposta alla legge inevitabile della trasformazione. Mi è parso, dunque, titolo ideale e consono per raccontare l’opera di Gio’ Pomodoro, fantasioso artista inconfondibile, spirito straordinariamente vigile e quanto mai consapevole, uomo attivo alle lotte sociali del suo tempo. In tutta la sua opera possiamo ritrovare mutamenti ab intrinseco, dall’inizio alla fine, proprio come accade nella vita, perché tutto è in continua trasformazione. Panta rei… E tutto testimonia implicazioni e significati che si intrecciano e si legano indissolubilmente l’uno all’altro, come accade in Natura. In una sorta di ouroborus anche i differenti cicli della sua ricerca si intrecciano e ritornano.
La mostra presenta un’importante selezione di sculture ma anche una scelta di grafiche. Ci racconta come queste dialoghino con la produzione scultorea?
Alle ventisei sculture – spesso di grande formato – ho voluto affiancare tredici grandi disegni inediti, che trovo straordinariamente liberi ed “effusivi”. Qui il tratto è ampio e sincretico, quasi sempre risolto a china nera. Un’essenzialità grafica stupefacente che traduce perfettamente quel “pensiero forte” che ritroviamo nelle superfici sensuali delle folle e delle tensioni.Va detto che sull’importanza del disegno Gio’ Pomodoro ha scritto molto: «Disegnare sculture è vivere una condizione germinale che prevede o segue la loro costruzione, si disegna in libertà, all’inizio, quando ciò che viene evocato è immateriale e vago ma premente dal nostro interno». Per questo, nei sottorranei, ho voluto collocare anche cinque gigantografie dedicate alle tavole sinottiche: analitiche e con funzioni più esplorative e di approfondimento mentale rispetto ai disegni emozionali.
La mostra pone una stretta relazione tra scultura e lo straordinario contesto architettonico che la ospita. Ci segnala due o tre opere che lei reputa particolarmente significative proprio in virtù di questo rapporto?
Le opere di Gio’ Pomodoro si innestano sinesteticamente negli spazi di Palazzo Ducale entrando in un serrato dialogo con la sua rigorosa e perfetta struttura armonica. Così, dalla memoria, nell’hic et nunc, in una esaltazione di reciproca bellezza, tutto si trasmuta e si valorizza. Qui entra in gioco un compendio di forze e di forme differenti: l’architettura contiene e dialoga con una scultura fatta di pura energia, frutto di un genio della nostra contemporaneità. La perfezione armonica – un canto e un controcanto perfetto – emerge subito nel Cortile d’Onore nel dialogo con l’opera Quadrato della mente II (1965), e ancora in ogni singola sala dei sotterranei: la superficie ruvida delle pareti murarie, la spazialità imponente dei volumi si contrappone alla levigatezza delle opere in raffinatissimo marmo nero del Belgio, Tensione Spirale (1992) e Disco ovale (1966). Una scoperta mozzafiato arriva poi nell’ultima sala dedicata alle opere in fibra di vetro e poliestere, dove la Diagonale gialla (1968) si contrappone al Marat (1968).
Nelle soprallogge il registro cambia: l’eleganza del quadrilatero si riflette e si sposa egregiamente con la ricercatezza delle prime Folle, poi con la sequenza raffinatissima delle Derive per concludersi poi con il Grande radiale (1966).Che dire? Sono felice di aver potuto realizzare questo evento!
Gio’ Pomodoro “Panta Rei”
Galleria Nazionale delle Marche Palazzo Ducale di Urbino
sino al 15 luglio 2018