Dalla prima personale mai allestita in Scozia delle opere dell’artista Bridget Riley al Manchester International Festival, incubatore di novità e talenti, 10 eventi da non perdere nel Regno Unito a luglio
Luglio mese di giornate lunghe, meteo pazzerello che spazia dal sole ai temporali in un attimo, e fine della scuola per tanti studenti, nel Regno Unito. Per i turisti, è la stagione perfetta per godersi una breve vacanza o anche più. E gli amanti dell’arte non hanno che l’imbarazzo della scelta, tra tutto quello che propone il Paese, tra mostre, Festival ed eventi.
Dall’esposizione archeologica allestita all’Ashmolean Museum di Oxford, dedicata all’antica città romana di Pompei e al rapporto dei suoi abitanti con il cibo (tra mosaici, manufatti, affreschi e suppellettili) alla prima personale mai allestita nel Regno Unito dedicata alla opere dell’artista danese Olafur Eliasson, 10 mostre da non perdere nel mese di luglio.
Bridget Riley
Scottish National Gallery, Edimburgo
15 giugno – 22 settembre 2019
Per oltre sessant’anni, Bridget Riley (1931-) ha realizzato dipinti astratti abbaglianti, che esplorano la natura fondamentale della percezione. Attraverso l’osservazione del mondo naturale, dei lavori di altri artisti e grazie alle sue sperimentazioni, la Riley ha analizzato in modo profondo e personale l’atto di dipingere, e il modo in cui percepiamo la pittura. La mostra alla Scottish National Gallery di Edimburgo – la prima di questa portata mai allestita in Scozia, e la prima in 16 anni ad essere allestita nel Regno Unito nel suo complesso – si concentra su oltre settant’anni di carriera, ponendo particolare enfasi sulle origini della pratica dell’artista e sui momenti salienti della sua esperienza. Si spazia dai primi dipinti e disegni ai lavori iconici in bianco e nero degli anni ‘60 fino alle opere murarie coloratissime più recenti. Della mostra – organizzata dalla Scottish National Galleries in stretta collaborazione con l’artista e presentata in collaborazione con la Hayward Gallery di Londra, dove verrà ospitata dal 23 ottobre 2019 al 26 gennaio 2020 – fanno parte anche studi che rivelano i metodi di lavoro della Riley.
Olafur Eliasson: In Real Life
Tate Modern, Londra
11 luglio 2019 – 5 gennaio 2020
Dopo l’installazione “The Weather Project”, allestita nella Turbine Hall nel 2003 e famosa a livello mondiale, l’artista danese Olafur Eliasson torna alla Tate Modern di Londra con la prima, grande mostra personale mai allestita nel Regno Unito. Spinto dall’interesse per la percezione, il movimenti e l’interazione tra le persone e il loro ambiente, Eliasson crea opere che possono essere sperimentate da visitatori di tutte le età. Alla Tate ne vengono riunite trenta, che coprono le ultime tre decadi del lavoro dell’artista, dalle celebri installazioni come “Beauty” (1993) fino a nuovi dipinti e sculture. E per la prima volta, la mostra esplora anche i contributi dati da Eliasson in campi come la sostenibilità, le migrazioni, l’educazione e l’architettura, permettendo al pubblico di valutare come questi progetti abbiano ampliato la sua pratica artistica. Ogni installazione, o gruppo di opere, affronta un tema cardine. Si spazia dalle investigazioni sullo spazio, il movimento e i fenomeni naturali – come in “Moss wall” (1994), che presenta dei licheni della sua nativa Islanda – agli esperimenti con luce, colore, geometria, percezione e partecipazione che caratterizzano le opere presenti – ad esempio in “Stardust particle” (2016). Della mostra fa parte anche un dietro le quinte, che permette al pubblico di approfondire come lavora lo Studio Olafur Eliasson. E le opere non sono confinate all’interno, ma sono esposte anche nella galleria esterna della Tate Modern, mentre altre installazioni, come “Room for one colour” (1997) animano l’atrio all’esterno delle gallerie.
John Akomfrah: Ballasts of Memory
Baltic Centre for Contemporary Art, Gateshead
6 luglio – 27 ottobre 2019
La mostra al Baltic Centre for Contemporary di Gateshead presenta le opere dell’artista, sceneggiatore e regista britannico John Akomfrah (1957-) che nel corso della sua carriera, a partire dai primi anni ‘80, ha parlato della memoria e della cultura della diaspora nera, nel Regno Unito e in giro per il mondo. Le opere di Akomfrah sono diventate famose inizialmente all’inizio degli anni ‘80, come parte del Black Audio Film Collective, un gruppo di sette artisti fondato nel 1982 in risposta alle rivolte di Brixton del 1981. Negli ultimi anni, i suoi video multicanale si sono evoluti in installazioni ambiziose e multi-screen, esposte in gallerie e musei di tutto il mondo. La mostra di Gateshead presenta una serie di opere insieme a un programma cinematografico correlato. Di questo da parte la première europea di “Precarity”, che racconta la storia di Charles “Buddy” Bolden, il musicista afroamericano, figura chiave nello sviluppo della musica jazz.
Issy Wood: All the Rage
Goldsmith’s Centre for Contemporary Art, Londra
29 giugno – 11 agosto 2019
I dipinti della giovane artista americana Issy Wood (1993-), laureata alla Royal Academy of Arts School nel 2018, possiedono un’ambiguità inquietante. In un gioco surreale che coinvolge superficie e proporzioni, l’artista con base a Londra combina pelle, porcellana e gioielli sullo stesso piano visuale, infondendo gli oggetti di uso quotidiano di una luce seducente ma anche spaventosa. In “The Underdose” (2019), ad esempio, una delle opere in mostra al Goldsmith Centre di Londra, si vedono due donne nude allungate e gonfie. La loro pelle chiazzata contrasta in modo netto con la porcellana bianca, finemente decorata della teiera che stanno accarezzando.
Get Up, Stand Up Now: Generations of Black Creative Pioneers
Somerset House, Londra
12 giugno – 15 settembre 2019
La mostra alla Somerset House di Londra celebra gli ultimi cinquant’anni di “creatività nera” nel Regno Unito e all’estero, attraverso opere d’arte, video, fotografie, musica, letteratura, design e moda. Dal regista radicale Horace Ové e il suo dinamico circolo di coetanei, appartenenti alla cosiddetta “Windrush generation” (immigrati arrivati nel Regno Unito tra gli anni ‘40 e ‘70, a cui sono stati però negati i diritti civili e l’accesso ai servizi pubblici fino almeno al 2012) fino ai talenti di oggi, riconosciuti a livello globale, un gruppo di circa 100 artisti operanti nei campi più diversi si trovano fianco a fianco per la prima volta, per raccontare l’esperienza e l’esperienza che la cultura nera ha avuto, dal dopoguerra fino a oggi. Che si tratti di personaggi affermati o di emergenti, tutti i partecipanti alla mostra sono accomunati dal fatto di aver contribuito o star contribuendo attivamente alla formazione della vita culturale inglese e mondiale. Opere storiche e altre commissionate appositamente per la mostra si trovano quindi fianco a fianco, raccontando oltre mezzo secolo di storia collettiva. Tra i contributi più interessanti, una musica originale di Trinidad DJ, “Jillionaire”, che viene diffusa in tutti gli ambienti della mostra. E poi opere di Larry Achiampong, del musicista Gaika e del regista Jenn Nkiru.
Lucy Jones: Awkward Beauty
Attenborough Arts Centre, Leicester
27 luglio – 6 ottobre 2019
Attraverso un approccio simile alla pittura di paesaggio e a quella ritrattistica, caratterizzato da pennellate espressive e utilizzo di colori vibranti, l’artista britannica Lucy Jones è capace di creare un dialogo tra i due generi, sollevando domande sulla natura dell’ambiente e sulla natura dell’umanità. Nata a Londra, affetta fin dalla nascita da una paralisi celebrale, Lucy Jones ha spesso affrontato nei suoi ritratti e auto-ritratti tematiche come la disabilità e le questioni di genere, rivelando sia la vulnerabilità che il vigore dei suoi soggetti. Dopo la mostra personale alla Flowers Gallery di Londra, “Lucy Jones: Landscape and Inscape”, che si è conclusa il 6 luglio, aprirà al pubblico il 27 luglio, allo Attenborough Arts Centre di Leicester, “Lucy Jones: Awkward Beauty”. Un’occasione per scoprire l’artista e la sua arte, dove si coniugano paesaggi ambientali e personali.
Penny Slinger: Tantric Transformations
Richard Saltoun, Londra
29 giugno – 24 agosto 2019
Con il recupero di tematiche come il desiderio e l’importanza per la donna di avere il pieno possesso del proprio copro, le fotografie e i collage dell’artista e autrice americana di origini britanniche Penny Slinger (1947-) rientrano nella cosiddetta arte tantrica classica, in special modo nella teoria dei Chakra. Le opere sensuali ed esoteriche dell’artista con base in California restano rilevanti oggi come lo sono state negli anni ‘70, nel pieno svolgimento dei movimenti femministi, quando sono diventate conosciute. Della mostra alla Richard Saltoun dedicata a quella che si è autodefinita una “femminista surrealista” fanno parte opere come “At the Feet of Kali” (1976/77), un collage fotografico dove l’artista ricostruisce il simbolismo associato alla sessualità femminile in una rappresentazione della dea Hindu Kali, benefica e terrificante al tempo stesso, distruttrice degli spiriti maligni e liberatrice.
Manchester International Festival
Greater Manchester
4 – 21 luglio 2019
Il Manchester International Festival, che si svolge ogni due anni e coinvolge diversi luoghi cittadini (non solo teatri, gallerie e sale concerti ma anche depositi ferroviari, chiese e parcheggi), torna con nuove opere di artisti di fama internazionale, che spaziano dalle arti visive alle performance e alle installazioni, abbracciando tutto lo spettro della cultura popolare. Nato nel 2007, il Festival è un incubatore di nuovi talenti e nuove opere ma anche un palcoscenico per mostrare le storie e gli artisti di Manchester. Tra gli eventi più interessanti in programma quest’anno, la mostra più grande mai allestita nel Regno Unito delle opere del regista americano David Lynch, l’installazione di massa di Yoko Ono “Bells for Peace”, dove migliaia di persone sono chiamate a unirsi a lei e cantare e suonare per la pace, la proiezione di “Tree”, produzione congiunta dell’attore Idris Elba e del regista Kwame Kwei-Armah, un racconto del Sud Africa attraverso musica, teatro e danza interpretato da Alfred Enoch (Le regole del delitto perfetto) e Sinéad Cusack.
Last Supper in Pompeii
Ashmolean Museum, Oxford
25 luglio 2019 – 12 gennaio 2020
Presi come siamo dall’osservazione delle rovine visibili oggi, tendiamo spesso a dimenticare che Pompei, un tempo, era una tipica cittadina del Sud Italia, con cucine baciate dal sole e nell’aria il profumo dell’olio d’oliva, della frutta e del vino. Tutto, dai preziosi mosaici nelle abitazioni dei patrizi (che mostrano ad esempio alcune delle più interessanti scene di banchetti romani arrivate fino a noi) ai resti ritrovati negli scarichi delle cucine, racconta l’amore degli abitanti di Pompei per il cibo. Molti dei 300 reperti esposti a Oxford non hanno mai lasciato l’Italia prima, e spaziano dagli arredi al cibo carbonizzato (che si trovava sulle tavole quando il Vesuvio eruttò nel 79 d.C.). La mostra all’Ashmolean Museum di Oxford ricrea l’atmosfera di una sala dei banchetti pompeiana, con gli affreschi di una delle abitazioni cittadine più importanti (la cosiddetta Casa del bracciale d’oro), pavimenti a mosaico, stoviglie in argento ed elaborati complementi di arredo, coma ad esempio la statua di Apollo dove veniva appoggiato un vassoio per i commensali.
Criminal Ornamentation
Southampton Art Gallery, Southampton
28 giugno – 28 settembre 2019
L’opera “Line Painting” (2003) di Yinka Shonibare (1962-) è composta da una serie di piccole tele, dove tessuti olandesi a stampe sono posti a contrasto su un ricco sfondo rosa, per tracciare la storia transnazionale della tecnica del batik. Questo uso sfacciato di colore e motivi è stato alla base di una mostra itinerante che l’artista nigeriano britannico ha curato per l’Arts Council Collection, e che fino al 28 settembre resterà alla Southampton Art Gallery, per la sua ultima tappa. Il titolo dell’esposizione si deve a quello di un saggio del 1908 dell’architetto modernista Adolf Loos, “Ornament and Crime”. La mostra presenta una serie di artisti, tra cui spiccano lo stilista inglese Alexander McQueen (1969-2010) e il pittore palestinese Bashir Makhoul (1963-), le cui pratiche mettono in dubbio la concezione stessa di arte decorativa.